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Dino Boffo, riscatto dopo il “fango”: condannato il cancelliere-spia

Dino Boffo

© Public Domain

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 14/04/15

Ora sappiamo in che modo il casellario giudiziario dell'ex direttore di Avvenire giunse nelle mani di Feltri

A quasi 5 anni dal falso scoop dell’allora neodirettore de Il GiornaleVittorio Feltri contro il direttore di AvvenireDino Boffo, inviso al centrodestra per tre editoriali critici dei comportamenti del premier Berlusconi, una inattesa sentenza di condanna di primo grado svela a sorpresa che il killeraggio giornalistico utilizzò in maniera avvelenata i frutti di una «talpa» giudiziaria in una Procura della Repubblica, quella di Santa Maria Capua Vetere (Corriere della Sera, 14 aprile). 

IL RUOLO DEL CANCELLIERE
Fu in questa procura che un cancelliere in servizio lì al Casellario Giudiziario Francesco Izzo – condannato appunto ieri a 2 anni dalla giudice Paola Lombardi per «accesso abusivo a sistema informatico» in concorso con un mandante «allo stato ignoto» – estrasse illegalmente il 12 marzo 2009 dalla banca dati nazionale la copia del certificato penale di Boffo, poi stampato su Il Giornale il 28 agosto 2009 con qualche cancellatura, e attestante il decreto penale di condanna a Terni di Boffo nel 2004 a 516 euro di sanzione pecuniaria per la contravvenzione di «molestie alle persone» relativa ad alcune telefonate del 2001.

LA TESTIMONE DECISIVA
Boffo, ricorda il Fatto Quotidiano (14 aprile), si difese sostenendo che le telefonate erano state fatte dal suo telefono ma a sua insaputa e da qualcun altro. Le polemiche portarono il giornalista a lasciare la direzione dell’Avvenire il 3 settembre del 2009. «Non c’era nessuna ragione legittima perché il cancelliere Francesco Izzo consultasse il casellario giudiziario in relazione a Dino Boffo», disse in aula durante un’udienza del processo la responsabile del casellario del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Lea Biasiucci. «Quella consultazione a carico di Boffo – ammise la testimone – non fu richiesta né dal legittimo interessato né da una pubblica amministrazione».

L'INFORMATIVA DELLA POLIZIA
Il Giornale si spinse anche oltre, pubblicando stralci di una informativa di polizia in cui si adombravano inesistenti moventi sessuali per quelle telefonate. Tutto questo, evidenzia Il Fatto, per dimostrare che Boffo non potesse esprimere giudizi morali sul leader del Pdl bacchettato nei tre editoriali. Fu scritto che il giornalista era «attenzionato dalla Polizia come noto omosessuale» e che avesse infastidito una donna perché «lasciasse libero il marito». 

I PUNTI OSCURI
Boffo ha ottenuto il diritto a un risarcimento del danno. Incriminato dal pm Gregorio Scarfò, il cancelliere ha sempre negato. Resta da scoprire chi gli abbia commissionato l'intrusione e sia poi stato l'informatore di Feltri (Libero.Quotidiano, 14 aprile).

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