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Una storia che divide da 100 anni: il genocidio armeno

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 13/04/15
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Larivera (Civiltà cattolica): “Francesco invita tutti ad andare ‘oltre’. Anche gli armeni devono essere liberati dal peso del genocidio”

"Inaccettabili" per il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, le parole del papa a proposito del genocidio degli armeni durante la celebrazione di domenica 12 aprile nella quale Francesco ha commemorato le vittime dello sterminio avvenuto nel 1915 e di cui si ricorda in questi giorni il centenario. Il governo di Ankara ha espresso al nunzio apostolico Antonio Lucibello tutta la sua "irritazione" per delle parole "lontane dalla realtà legale e storica" e ha richiamato l'ambasciatore turco presso la Santa Sede. Le celebrazioni del centenario rinvigoriscono la contrapposizioni tra armeni che si battono per il riconoscimento di una tragedia passata per molti versi sotto silenzio a causa della concomitanza della prima guerra mondiale e di ragioni di strategia geo-politica successive e Turchia che prevede il reato di "vilipendio dell'identità turca" per chi si esprima a favore del genocidio armeno. Aleteia ne ha parlato con padre Luciano Larivera, redattore esteri della rivista dei gesuiti "La Civiltà Cattolica".

 

La reazione del governo turco era prevedibile?

 

Larivera: In questo momento la Turchia è in piena campagna elettorale e il premier Erdogan non intende avere l'aria di rinnegare il nazionalismo turco perchè i suoi grandi avversari sono proprio i partiti nazionalisti. La replica del governo turco si giustifica con la situazione politica interna ma anche per la partita che si gioca a livello internazionale. Il 24 aprile, in occasione della grande commemorazione dei cento anni dall'inizio del massacro armeno, il governo di Erevan ha invitato tutti i capi di stato del mondo, ma in contemporanea il governo turco ha organizzato la commemorazione della battaglia di Gallipoli. C'è una battaglia a livello internazionale sull'uso del termine "genocidio". La Turchia che si trova in un Medio Oriente molto teso, dove vuole giocare un ruolo importante, non può tollerare accuse di questo tipo, e non può mostrare di tollerarle. E' una reazione, tuttavia, che non va drammatizzata perchè chi lo fa potrebbe avere degli interessi economici e politici nel porre la Turchia in una posizione di "antipatia" internazionale. In nessun caso, inoltre, si deve usare la persecuzione dei cristiani in senso islamofobico, perchè questa polarizzazione rischia di eliminare tutte le persone a favore del dialogo e della riconciliazione facendo un uso politico della storia e delle persecuzioni.

 

Perchè a distanza di 100 anni da quei fatti la Turchia nega ancora il genocidio?

 

Larivera: Nessun popolo vuole essere gravato dal peso di un genocidio. I turchi hanno una diversa ricostruzione storica dei fatti. Per loro il fenomeno è avvenuto in un contesto di tipo bellico – c'era la prima guerra mondiale e gli armeni si erano alleati con la Russia – non etnico. Riconoscono le esagerazioni nella rappresaglia preventiva, ma la giustificano con la necessità di eliminare il rischio di avere dei nemici in casa. Il riconoscimento del genocidio – controverso nella sua applicazione al caso armeno – ha oggi un ruolo geo-politico, non storico perchè si tratta di un evento avvenuto prima che ci fosse la normativa internazionale in materia. Il Parlamento europeo l'ha riconosciuto, ma è un riconoscimento politico, non giuridico. L'unico che può definirlo tale è il governo turco che addirittura può riconoscere i diritti degli eredi, cioè di quanti furono spossessati dei beni delle vittime. Però si tratta di un processo che deve maturare all'interno della società turca, con i tempi della storia e senza pressioni internazionali, il che non vuol dire non stare vicino agli armeni e al loro dramma. Per questo non è necessario il riconoscimento del genocidio da parte dei Parlamenti nazionali o fare leggi, come la Svizzera, per cui chi non lo riconosce commette un reato.

 

Però il papa il termine lo ha usato…

 

Larivera: Quando è stato in Turchia il papa non ha usato il termine "genocidio" e ha parlato degli armeni solo sull'aereo di ritorno esprimendo il desiderio che fossero riaperte le frontiere tra Turchia e Armenia. Francesco ha anche sottolineato il discorso del presidente Erdogan dell'anno precedente nel quale aveva espresso dolore per le vittime armene come un piccolo passo in avanti da saper valorizzare. Sul genocidio insiste un elemento storico e dall'altra una dimensione affettiva: il diritto giusto degli armeni di veder riconosciuto un dramma. I turchi vogliono che si dica "genocidio" tra virgolette. Dire che "è stato definito il primo genocidio del XX secolo" è già un uso virgolettato, sfumato. L'uso che ne ha fatto il papa domenica è stato un uso esistenziale, di percezione morale, non una definizione giuridica. Comunque è avvenuto nell'ambito di una liturgia e non di un atto ufficiale della Santa Sede che ha riconosciuto il genocidio armeno. Il papa ne ha parlato durante la celebrazione della domenica della Divina Misericordia e dopo la lettura, il giorno precedente, della bolla del Giubileo in cui si dice come la misericordia di Dio sia un contenuto essenziale sia nell'ebraismo che nell'Islam. Non c'è un'intenzione provocatoria verso i turchi, ma di solidarietà con gli armeni. Nella vicenda dello sterminio degli armeni e della storia successiva c'è un labirinto di motivazioni e in questo labirinto c'è il rischio di perdersi. Il papa, in qualche modo, invita ad andare oltre.

 

In che modo?

 

Larivera: Il papa accoglie il dolore degli armeni in una celebrazione. Usa il termine genocidio in senso morale. Come quando interviene a proposito dei conflitti: il primo obiettivo è il cessate il fuoco, perchè finchè ci si ammazza sarà sempre più difficile fare pace. Ci sarà sempre una memoria di sangue da perdonare e beni materiali da risarcire. Il papa ha voluto consolare gli armeni, ma ha chiesto allo stesso tempo di non esasperare le questioni, perchè vuole l'amicizia tra i due popoli. Il problema è duplice: gli armeni perdoneranno mai i turchi? E' vero che è difficile perdonare se l'altro non riconosce il male che ti ha fatto, ma esprimere dolore per le autorità turche era un tentativo di fare un passo in questa direzione. L'intenzione del papa è che si apra un cammino di riconciliazione. Anche gli armeni devono essere liberati dal peso del genocidio che in qualche modo li ha isolati nel contesto geo-politico.

 

Quanto pesa la diaspora in questa situazione?

 

Larivera. Moltissimo. Il ricordo del genocidio dà alla diaspora armena il senso della propria identità e del perchè vive in altri paesi. Dimenticare il genocidio significa farsi assorbire da una identità globale o delle singole nazioni dove sono dispersi gli armeni, quindi c'è una dimensione affettiva, sociale, etnica che è importante. Non si può dire loro di non sostenere più questo riconoscimento. Però l'Armenia ha bisogno di rientrare nell'economia internazionale e partecipare allo sviluppo dei paesi circostanti come la Turchia e l'Azerbaigian. Essere sempre in una tensione permanente, anche militare, assorbe risorse ed energie. Il primo obiettivo è, quindi, il "cessate il fuoco". Occorre trovare un modo per riconoscere lo sterminio ma andare oltre, attraverso i riti di riconciliazione e la giustizia transizionale, i processi in cui si cerca di avere una memoria del passato che non avveleni. Oggi questa memoria è divisiva perchè gli armeni non vedono riconosciuto fino in fondo il loro dolore dal governo turco e i turchi non vogliono farlo perchè lo considerano un modo in cui si riduce il loro ruolo di paese islamico nel Medio Oriente. E' questo che dice il papa: occorre trovare una memoria condivisa per la quale occorre tempo e disponibilità al perdono.

 

 

 

 

 

 

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