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La dottrina non è “una teoria platonica” che va corretta dalla pratica

Mgr Gerhard Müller, Préfet de la Congrégation pour la doctrine de la foi – it

© Katharina EBEL / KNA-Bild / CIRIC

Finesettimana.org - pubblicato il 08/04/15

Intervista a Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

di Samuel Lieven e Nicolas Senèze

Per il cardinale Gerhard Ludwig Müller, la dottrina è l'espressione della verità rivelata in Gesù Cristo, anche se distingue il dogma dall'organizzazione concreta dei sacramenti. Secondo il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede è impossibile un eventuale riconoscimento da parte della Chiesa di una seconda unione dopo un divorzio.

Come concepisce il suo ruolo accanto a papa Francesco? È diverso dalla situazione con Benedetto XVI, che era teologo e l'aveva preceduto alla Congregazione per la dottrina della fede?
L'arrivo al soglio di Pietro di un teologo come Benedetto XVI è senza dubbio un'eccezione. Ma Giovanni XXIII non era un teologo di mestiere. Papa Francesco è anche più pastorale, e la Congregazione per la dottrina della fede ha una missione di strutturazione teologica di un pontificato. Apprezzo l'esperienza di questo papa venuto dall'America Latina. Sono andato spesso in Perù e in altri paesi latinoamericani. Conosco un po' la situazione e soprattutto quella povertà assolutamente diversa da quello che viviamo in Europa. Penso che sia la grande missione di papa Francesco: unificare il mondo, superare quell'enorme differenza tra i paesi europei e nordamericani, e i paesi dell'Africa, dell'America Latina e dell'Asia. Ricorda che c'è un'unica umanità, una sola terra, con una responsabilità universale. La prossima enciclica sull'ecologia sottolineerà questa responsabilità globale rispetto al clima, all'accesso universale ai beni comuni.

Non è un discorso vicino alla teologia della liberazione? Ora che si beatificherà Mons. Romero, questa teologia ha ormai diritto di cittadinanza fino ai vertici della Chiesa?
Non è mai stata condannata. Bisognava solo superare il rischio di uno sfruttamento puramente politico o sociale. Ma la specificità cattolica è di non separare la dimensione trascendente e il mondo… Con l'Incarnazione, le due dimensioni sono intimamente unite. Noi parliamo di salvezza integrale. Abbiamo una dottrina sociale che si sviluppa da centocinquant'anni e, in Deus caritas est, Benedetto XVI ha ricordato come la diaconia fosse un'azione fondamentale della Chiesa, sia nella sua funzione liberatrice sia nei suoi accenti politici. I politici non devono limitarsi ad essere dei “gestori”. Abbiamo bisogno di una morale della solidarietà, di un'unità degli uomini invece dell'egoismo, del materialismo, del populismo…

La Chiesa cattolica era percepita fino ad oggi come centrata sulla dottrina: lo sguardo sta cambiando?
Si può aver l'impressione che i pontificati anteriori fossero fissati sulla morale sessuale e che papa Francesco voglia tornare all'universalità del messaggio del Vangelo. Ma il messaggio di papa Francesco è anche molto chiaro su una sessualità umana ordinata alla volontà di Dio che lo ha creato uomo e donna. La Chiesa rifiuta ogni visione gnostica o dualista che farebbe della sessualità un elemento isolato della natura umana. Il papa vuole allargare la riflessione per sottolineare che la missione della Chiesa è dare speranza a tutti gli uomini.

È appunto il tema della prossima Assemblea del Sinodo sulla “missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo”. Sarà possibile una sintesi tra le visioni molto diverse che si sono opposte nell'ultima Assemblea?
Come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ho la responsabilità dell'unità nella fede. Non posso schierarmi. Ma le cose sono chiare: abbiamo le parole di Gesù sul matrimonio e la loro interpretazione autentica lungo la storia della Chiesa – i concili di Firenze e di Trento, la sintesi fatta da Gaudium et Spes e tutto il magistero ulteriore… Teologicamente, tutto è molto chiaro. Siamo di fronte alla secolarizzazione del matrimonio con la separazione del matrimonio religioso e del patto civile. Abbiamo così perduto gli elementi costitutivi del matrimonio come sacramento e come istituzione naturale. Il messaggio della Chiesa sul matrimonio è in direzione opposta a questa secolarizzazione. Dobbiamo ritrovare i fondamenti naturali del matrimonio come mezzo per la grazia di irrigare gli sposi e tutta la famiglia.

Le Conferenze episcopali potrebbero avere più libertà su questi temi?
Bisogna distinguere due livelli: la dogmatica e l'organizzazione concreta. Gesù ha istituito gli Apostoli con Pietro come principio dell'unità della fede della Chiesa e della sua comunione sacramentale. È un'istituzione di diritto divino. Al di là, abbiamo delle strutture canoniche che evolvono secondo le circostanze. Le Conferenze episcopali sono un'espressione della collegialità dei vescovi a livello di un paese, di una cultura o di una lingua, ma è un'organizzazione pratica. La Chiesa cattolica esiste come Chiesa universale, nella comunione di tutti i vescovi in unione e sotto l'egida del papa. Esiste anche nelle Chiese locali. Ma la Chiesa locale, non è la Chiesa di Francia o di Germania: è la Chiesa di Parigi, di Tolosa… Sono le diocesi. L'idea di una Chiesa nazionale sarebbe totalmente eretica. Un'autonomia nella fede è impossibile! Gesù Cristo è il salvatore di tutti, unifica tutti gli uomini.

Sono possibili dei cambiamenti disciplinare senza toccare la dottrina?
La disciplina e la pastorale devono agire in armonia con la dottrina. Quest'ultima non è una teoria platonica che potrebbe essere corretta dalla pratica, ma l'espressione della verità rivelata in Gesù Cristo.

Sulla questione dei divorziati risposati, non si può immaginare, dopo un cammino di penitenza, di riconoscere una seconda unione, che non avrebbe carattere sacramentale?
È impossibile avere due mogli! Se la prima unione è valida, non è possibile contrarne una seconda allo stesso tempo. Un cammino di penitenza è possibile, ma non una seconda unione. La sola possibilità è tornare alla prima unione legittima, o vivere la seconda unione come fratello e sorella: questa è la posizione della Chiesa, in accordo con la volontà di Gesù. Aggiungo che è sempre possibile cercare di ottenere una dichiarazione di nullità davanti ad un tribunale ecclesiastico.

Per lei, la soluzione passa quindi da un ammorbidimento delle regole canoniche?
Benedetto XVI ne aveva già fatto la richiesta. Purtroppo, per un certo numero di cattolici, la celebrazione del matrimonio è solo ormai un rito folcloristico; per altri, ha un significato sacramentale. Spetta al tribunale della Chiesa provare la verità o meno del sacramento. Il diritto canonico può adattarsi alle situazioni concrete.

[Tratto da “La Croix” del 30 marzo 2015 (traduzione: www.finesettimana.org)] 

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