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Così vivono i cristiani in Pakistan, “terra di gente pura”

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Miriam Diez Bosch - Aleteia - pubblicato il 08/04/15

Testimonianza di una missionaria: non cerchiamo di convertire

Attentati, bombe contro chiese cristiane (cattoliche o protestanti), violenza estrema e paura. Il Pakistan, o Repubblica Islamica del Pakistan, significa “terra dei puri”, un concetto pericoloso per chi non è musulmano.

Le autorità stanno cercando di affrontare gli attentati mortali contro la comunità cristiana nel Paese. Il cristianesimo è praticato solo dal 2% della popolazione, a maggioranza musulmana. Il Pakistan ha 180 milioni di abitanti.

Nell’ultimo attentato, del 15 marzo, 15 persone sono morte e 75 sono rimaste ferite in due attacchi perpetrati in modo simultaneo in un’area cristiana della città di Lahore.

Ora il Tribunale Antiterrorismo di Lahore ha rinviato a giudizio 28 cristiani accusati dell’assassinio di due musulmani dopo gli attacchi alle chiese di Youhanabad il 15 marzo. Questi cristiani sono in stato di arresto e non sono ancora stati sottoposti a processo.

Pilar Ulibarrena Martínez de Ibarreta, Francescana Missionaria di Maria, opera in Pakistan. Grazie alle Pontificie Opere Missionarie Spagnole, Aleteia è riuscita a mettersi in contatto con lei.

C’è speranza nel dialogo con persone di credo diverso in Pakistan?, le abbiamo chiesto. La religiosa ha risposto di sì. “Ci sono vari gruppi di dialogo delle diverse religioni, tutti formati da persone ben preparate nella materia che si rispettano a vicenda”.

Le persone di varie religioni in Pakistan unite in gruppi di dialogo “cercano di aiutare”. “C’è quindi speranza che questi gruppi siano il lievito della pasta. Ci vorrà del tempo, e bisogna chiedere al Signore che continui a illuminarli”, sottolinea suor Pilar.

Scuole aperte ai non cattolici

La minoranza cattolica vive ora nella paura a causa degli ultimi attacchi alle chiese. “Il nostro apostolato è quello dell’esempio… non si può cercare di convertire”, ha sottolineato la religiosa.

I cattolici hanno scuole aperte a tutti, nelle quali “si riceve una buona educazione”. Per i cristiani, avere queste scuole in Pakistan è “uno stimolo a conoscere meglio la nostra religione”.

Anni fa c’erano molti giovani analfabeti, e grazie alle scuole oggi la maggior parte di loro è istruita.

Suor Pilar si mostra fiduciosa: “È una gioia vedere la domenica la chiesa gremita, soprattutto piena di giovani. Il problema per i cattolici è che dopo l’istruzione che hanno ricevuto non riescono a trovare lavoro, soprattutto nelle istituzioni governative. La quota che hanno è dell’1%”.

La paura si è impossessata dei cattolici: “In questo momento i cattolici, come altre minoranze, vivono con paura questa situazione. Noi (le religiose) finora non abbiamo avuto alcun problema, rispettiamo e veniamo rispettate. Abbiamo un piccolo ospedale, un ospizio, in cui le ammissioni avvengono in base alla necessità e non in base alla religione: la prima condizione è che le persone siano povere e non abbiano famiglia”.

Le Francescane Missionarie di Maria gestiscono dal 1962 un ospedale a Rawalpindi, in Pakistan, e il loro servizio di accoglienza è molto valorizzato. Suor Pilar è arrivata poco tempo dopo la sua fondazione. La sua testimonianza è un’altra dimostrazione dell’opera piccola ma costante del cattolicesimo in Pakistan.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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