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Francesco alla Via Crucis: “I cristiani uccisi nel nostro silenzio complice”

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 03/04/15

Al Colosseo lungo le 14 stazioni della Via Crucis i drammi del nostro tempo

Quale cornice più adatta del Colosseo – il luogo del martirio dei primi cristiani – per ricordare i cristiani che ancora oggi – e forse in modo particolare proprio oggi -, perdono la vita nel nome di Gesù?

In Te Divino amore – ha detto papa Francesco al termine della Via Crucis – vediamo ancora oggi i fratelli perseguitati, decapitati e crocifissi sotto i nostri occhi e spesso con il nostro silenzio complice”.

Le meditazioni della Via Crucis che papa Francesco ha affidato al vescovo emerito di Novara, mons. Renato Corti hanno dato voce al martirio del ministro cristiano pakistano Shahbaz Bhatti (2011) e pregato perché Gesù sostenga interiormente i perseguitati.

Ma lungo le 14 stazioni del Calvario di Gesù sono tanti i drammi che l'attualità rende terribilmente vicini: la pena di morte, "ancor oggi praticata in numerosi Stati", e "ogni forma di tortura e la soppressione violenta di persone innocenti", il traffico di esseri umani, la condizione dei bambini-soldato, il lavoro che diventa schiavitù, i ragazzi e gli adolescenti derubati di sé stessi, feriti nella loro intimità, barbaramente profanati". Il riferimento agli abusi sessuali sui minori, anche nella Chiesa è evidente: “Tu Signore – afferma l'invocazione – ci spingi a chiedere umilmente perdono a quanti subiscono questi oltraggi e a pregare perché finalmente si risvegli la coscienza di chi ha oscurato il cielo della vita delle persone”.

E chi non porta nel cuore il segno di un dramma familiare? "E' facile giudicare – sottolinea il testo della meditazione -, ma più importante è metterci nei panni degli altri e aiutarli fin dove ci è possibile". E, ancora, le domande sulla presenza femminile nella Chiesa – “Nei Vangeli le donne hanno un posto rilevante" e anche oggi "l'annuncio della fede nel mondo e il cammino delle comunità cristiane sono molto sostenuti dalle donne". E poi le tante croci sotto le quali si piegano gli uomini e le donne del nostro tempo: "tristezza nell'abisso di molte anime, ferite dalla solitudine, l'abbandono, l'indifferenza, la malattia, la morte di una persona cara", il rischio di essere "cristiani tiepidi".

Tutti sono chiamati a fissare lo sguardo ne «La croce, vertice luminoso dell’amore di Dio che ci custodisce. Chiamati a essere anche noi custodi per amore» come suggerisce il titolo delle meditazioni. E' una frase che monsignor Corti ha preso in prestito da Papa Francesco che nella prima omelia del pontificato il 19 marzo di due anni ha messo in evidenza che la “Croce è il segno più alto dell'amore di Dio che ci custodisce”.

La Croce, nella suggestiva cornice dell'Anfiteatro Flavio dove la tradizione della Via Crucis è stata ripresa in epoca moderna nel 1964 da Paolo VI, viene portata all'inizio dal vicario per la diocesi di Roma, cardinale Agostino Vallini, e poi passa di mano in mano a persone provenienti da diversi luoghi di conflitto nel mondo – Iraq, Siria, Nigeria -, dall'Egitto, dalla Cina, a una famiglia numerosa, una famiglia con figli adottivi, a una malata dell'Unitalsi, religiose dell'America latina, i Custodi di Terra Santa.

La Via Crucis – ha detto ancora Francesco – è l'icona della tua obbedienza, la prova del tuo infinito amore e della tua missione”. Nelle piaghe del corpo di Gesù, Francesco ha visto lo specchio dei peccati di ognuno di noi – dal tuo viso schiaffeggiato vediamo la brutalità dei nostri peccati. Dalla crudeltà della tua passione vediamo la crudeltà dalla nostra azione – e soprattutto l'indifferenza verso i crocifissi del nostro tempo: “gli abbandonati dai familiari e dalla società e i corpi dei nostri fratelli sfigurati dalla nostra indifferenza”.

Portaci a pentirci per i nostri peccati che ti hanno crocifisso” ha invocato il papa nella notte del Colosseo e “dacci una fede che non si smarrisca davanti alle tentazioni e alle seduzioni del mondo” e che “non si lasci infamare da corruzione e mondanità”.

Insegnaci – ha chiesto Francesco facendosi voce di tutti e ripetendo quanto aveva detto da ultimo ieri nel carcere di Rebibbia – che Dio non dimentica mai nessuno dei suoi figli e non si stanca mai di perdonarci ma insegnaci anche a non stancarci mai di chiedere perdono e a confidare nella misericordia senza limiti del Padre”.

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