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La Santa Sede non abbandonò il popolo armeno nel suo genocidio in Turchia

Dead bodies of forty Armenians © Everett Historical / Shutterstock – it

<a href="http://www.shutterstock.com/pic.mhtml?id=249571141&amp;src=id" target="_blank" />Dead bodies of forty Armenians</a> © Everett Historical / Shutterstock

<span>&lt;a href=&quot;</span>http://www.shutterstock.com/pic.mhtml?id=249571141&amp;src=id<span>&quot; target=&quot;_blank&quot; /&gt;</span>Dead bodies of forty Armenians - February 1919<span>&lt;/a&gt; &copy;&nbsp;</span>Everett Historical / Shutterstock&nbsp;

Gaudium Press - pubblicato il 25/03/15

Benedetto XV è stato l'unico governante o leader religioso a protestare per il crimine di massa contro gli armeni

In vista dell'Eucaristia che papa Francesco celebrerà il 24 aprile prossimo in commemorazione del “genocidio armeno”, assumono grande rilevanza ricerche come quella di padre Georges-Henry Ruyssen S.J., che si è immerso negli archivi della Congregazione delle Chiese Orientali e ha pubblicato quattro libri approfondendo questa triste vicenda, come ha ricordato La Civiltà Cattolica.

“Genocidio armeno” è la definizione che viene data al massacro di persone di origine armena in Turchia da parte dell'Impero Ottomano tra il 1915 e il 1923, con il tragico risultato di circa un milione e mezzo di morti e di milioni di sfollati di quell'etnia.

In un'epoca in cui la Chiesa era quasi l'unica entità internazionale a prestare assistenza umanitaria, al fianco di una Croce Rossa agli inizi della sua attività, l'aiuto che ha offerto al popolo armeno è stato inestimabile. La Santa Sede, osserva padre Ruyssen, ha sempre informato sugli eventi e non è rimasta passiva, impegnandosi con decisione ad affrontare il tema.

In base alle sue ricerche, la Santa Sede ha mobilitato un flusso continuo di aiuti finanziari e di altro genere a favore delle vittime, e ha fondato molti orfanotrofi per bambini abbandonati, senza distinzione di credo. Le ragazze orfane armene vennero ospitate nell'orfanotrofio creato nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo.

La Santa Sede intervenne varie volte presso il Governo turco. Cercò di fungere da mediatrice presso Djemal Pascià, comandante dell'esercito turco un Siria, chiedendo la libertà di 60 armeni condannati a morte nel 1917. L'allora Segretario di Stato, il cardinale Pietro Gasparri, intervenne presso Mustafà Kemal Pascià nel 1921 chiedendo la salvaguardia di vite e beni dei cristiani in Turchia. Abbondano poi i messaggi delle varie dipendenze vaticane.

Si pronunciarono anche i papi, soprattutto Benedetto XV, che inviò due lettere personali al sultano Muhammad V Reshad, nel settembre 1915 e nel marzo 1918. Il pontefice fu l'unico governante o leader religioso a protestare per il crimine di massa perpetrato contro gli armeni.

L'atteggiamento della Santa Sede fu molto diverso da quello dei Governi delle grandi potenze di allora.

Padre Ruyssen ha infatti sottolineato una graduale passività della diplomazia europea, che cercava di preservare a tutti i costi l'integrità dell'Impero Ottomano. La Francia aveva grandi investimenti nella zona, la Russia non voleva problemi con la Turchia per concentrare le sue energie all'Est, la Germania voleva che il conflitto tra turchi e greci continuasse e l'Inghilterra aveva interessi politici di rilievo in Turchia.

Nel frattempo, sono morte centinaia di migliaia di persone, molte delle quali cristiane.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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