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Annunciare Cristo attraverso l’arte contemporanea: si può?

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 17/03/15

Alla Pontificia Università Gregoriana di Roma il convegno “L’esperienza religiosa cristiana del vedere e dell’udire: per un’arte contemporanea”

La luce che attraversa le vetrate eseguite da Gerhard Richter nel 2007 per il duomo di Colonia si riflette sulla pietra secolare delle colonne in un’armonia di bellezza che parla di Dio oltre il tempo: nella locandina del convegno internazionale “L’esperienza religiosa cristiana del vedere e dell’udire: per un’arte contemporanea” c’è l’interrogativo posto alla base del simposio che si è aperto il 17 marzo alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. Può l’arte contemporanea essere il luogo dell’incontro con l’esperienza religiosa come già avvenuto in epoche più felici del rapporto tra Chiesa e artisti? Quali sono i nuovi paradigmi del legame tra arte, liturgia ed evangelizzazione? Aleteia ne ha parlato con Yvonne Dohna Schlobitten, docente alla Pontificia Università Gregoriana e componente del Comitato scientifico del simposio.

In che modo l’arte si pone al servizio dell’evangelizzazione?

Dohna: L’arte evangelizza mostrando la dimensione spirituale dell’umanità, la sua passione, bellezza e mistero. Nella Chiesa questo si manifesta in tanti modi diversi. Tanti quanti sono gli ordini, le istituzioni e i singoli che cercano di "integrare" l’arte nel loro lavoro evangelizzante. I modi sono distinti come le teologie e le spiritualità che le nutrono. Già nel periodo della nascita degli ordini, i Francescani o i Domenicani hanno "parlato" attraverso l’arte, ma ognuno con artisti specifici e attraverso pedagogie ben delineate.

Come è cambiato questo rapporto nel corso del tempo?

Dohna: I cambiamenti sono stati molti. Il ruolo dell’arte ultimamente ha subito una rivalutazione e si pone al servizio dell'evengelizzazione in senso ampio, includendo non solo la pittura o la scultura ma anche la fotografia, i video e il teatro. C’è un'attività evangelizzante nuova non solo nelle chiese, ma anche nei luoghi profani e nei musei. Nel valutare tutto questo si deve nuovamente prestare attenzione alle pratiche concrete. Possiamo riconoscere dei cambiamenti radicali sia nel metodo, sia nella struttura, nel campo della catechesi e nel lavoro pastorale con l’arte. Abbiamo nuovi corsi per la preparazione dei formatori con l’arte, un approccio spirituale – evangelizzante nelle visite guidate che si distinguono dalle visite turistiche, un lavoro specifico nei centri di contemplazione/meditazione che hanno integrato la meditazione con l’arte, e, sopratutto, l’approccio scientifico nelle Università che si occupano dei beni culturali, anche sotto l’aspetto dell'evangelizzazione, come alla Pontificia Università Gregoriana nel Dipartimento dei Beni Culturali della Chiesa.

Il convegno si svolge proprio nell’Università dei Gesuiti che nella loro storia hanno sperimentato forme particolari di uso dell’arte per l’evangelizzazione, per esempio nelle reducciones: è così? Oggi possono avere ancora un’attualità certe modalità sperimentate nel passato?

Dohna: La ricerca della Chiesa dei metodi e degli spazi della guarigione, con la relativa enfasi
sui mali del corpo e dell’anima, si esplicita in modo forte nell’azione dei gesuiti, che a partire dal Barocco hanno creato spazi di guarigione per diversi gruppi sociali: malati, novizi, popolo e sacerdoti, con grande attenzione ai messaggi estetici che potevano motivare alla guarigione stessa. Nell’arte contemporanea vediamo non solo una divisione degli spazi, ma anche differenti approcci a diversi livelli della fede – icona, museo, teatro -, capaci di suscitare diverse esperienze estetiche. La creazione di tutti questi spazi ed elementi si riallaccia al lavoro di sant’Ignazio e alla sua enfasi sull’importanza dei sensi nella percezione del sublime, che già nel Barocco porta ad un’estetica antropologica e a un messaggio chiaro: la fede può creare gli spazi, ma è il fedele che deve muoversi in essi e attraverso i sensi acquisire nuove visioni che gli permettano di guarire dal male. Questo messaggio così importante ha ancora oggi una capacità d’insegnamento, e influenza in profondità l’evangelizzazione estetica dei nostri giorni.

Oggi la Chiesa ha bisogno di recuperare un rapporto con gli artisti come hanno auspicato Paolo VI e Benedetto XVI?

Dohna: Abbiamo bisogno di creare un dialogo vero. Questo dialogo dovrebbe essere caratterizzato dalla nuova mistica, di cui parla Papa Francesco nella Evangelii Gaudium che presuppone l’uscire da se stessi, fare l’esperienza dell’altro cercando la sua voce e le sue richieste e superare le proprie sfiducie e paure. Il rapporto tra Chiesa e gli artisti dovrebbe essere un’esperienza e non un semplice vissuto, perché è una realtà che si vive in modo diretto e personale; non è qualcosa che si vive indirettamente o attraverso la mediazione di altri. Incontrare significa dare se stessi, mettersi in gioco! La cosa importante é entrare nel rischio dell’incontro con l’altro, altrimenti parliamo di un Cristo senza corpo e senza croce. Come afferma Papa Francesco: non si vive una fede vera, quando si è solo spirituali.

Papa Francesco auspica che ogni Chiesa particolare promuova l’uso delle arti nella sua opera evangelizzatrice: come può tradursi nell’attività pastorale di una diocesi o di una parrocchia? Lei conosce delle sperimentazioni recenti di questo tipo?

Dohna: Il Progetto "Secondo Annuncio" (www.secondoannuncio.it) é un ottimo esempio in cui si trova una sorta di multidisciplinare attività nelle diverse diocesi in Italia. All'interno si trovano itinerari di annuncio con l’arte che vanno dai Giovedì culturali alle proposte di incontri nella parrocchie, da percorsi con istituti religiosi ad attività formative per uffici e centri diocesani e anche ad itinerari con detenuti, con disabili, con bambini e ragazzi, con membri di centri culturali. Alla base c'è la consapevolezza che l'arte è un luogo di incontro, di diverse letture e di annuncio e che attraverso lo studio di alcune opere d'arte è possibile conseguire un triplice obiettivo: custodire la memoria del vangelo, suscitare un dibattito attualizzante, favorire la riappropriazione/riespressione della rappresentazioni della fede. Un altro esempio sono gli eventi nella Chiesa del Gesù a Roma. La chiesa diventa il luogo dell’incontro rinnovando le idee del barocco come la macchina barocca, creata da Pozzo. Credo che l’ampia visione dell’arte del cardinale Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, che include la letteratura, la pittura, la scultura, ma anche la Bibbia che diventa sotto il suo sguardo una poesia divina, abbia facilitato questa ricerca. La lettura teatrale de “I Giusti” di Camus nella Chiesa del Gesù il 15 febbraio 2013, unita all’interpretazione del cardinale Ravasi, è stato un evento in grado di manifestare proprio questa capacità evangelica: l’essere universale e specifico allo stesso tempo. Un’altra esperienza, infine, è quella di Pietre vive (pietrevive.altervista.org). Il fondatore, Jean-Paul Hernandez, la definisce come una iniziativa di evangelizzazione, strettamente legata alle Comunità di vita cristiane (Cvx); presente in varie città d’Italia e d’Europa, è un modo di rendere i giovani protagonisti di un annuncio esplicito e al tempo stesso profondamente radicato nella cultura. Le “pietre vive” nascono come risposta alla ricerca di senso dell’uomo che “ha smarrito la Chiesa”. 

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