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Cosa pensa papa Francesco delle unioni omosessuali?

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Marcelo López Cambronero - pubblicato il 16/03/15
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Ripercorriamo il pensiero di papa Francesco da quando era Jorge Mario BergoglioNon è la prima volta che si solleva un gran polverone nella Chiesa in occasione della discussione di qualche questione teologica, morale o pastorale. La novità, tuttavia, è nella capacità dei mezzi di comunicazione di diffondere e amplificare il contenuto del dibattito e l'interesse particolare risvegliato da papa Francesco.

Questa attenzione per il Vaticano raggiunge oggi luoghi impensabili, proprio perché alcuni settori della popolazione che guardavano alla Chiesa solo per gettarle pietre addosso nutrono ora la speranza che determinati cambiamenti nella sua struttura e nel suo messaggio possano aprire loro una porta di accoglienza che in altri momenti, in modo giustificato o meno, consideravano del tutto chiusa.

Il tema delle unioni omosessuali, come quello dell'accettazione del sacramento dell'Eucaristia dei divorziati che ora convivono con un'altra persona, è stato in gran parte una delle cause di questo rinnovato interesse per la vita interna del popolo di Dio.

Dal mio punto di vista, come ho già segnalato, questo tipo di riflessioni non mi sembra un aspetto negativo, quanto piuttosto un requisito indispensabile perché la Chiesa guardi al mondo con un atteggiamento di madre comprensiva e affettuosa che desidera, partendo da Cristo, non voltare le spalle all'uomo e alle sue aspirazioni e ai suoi desideri in ogni momento storico.

Non è così positivo che i media non si siano sforzati a sufficienza, a mio giudizio, di comprendere quale sia la visione del papa su questi argomenti. Per trovarla basta lavorare un po' tuffandosi nei suoi interventi e scritti come pontefice e in precedenza come arcivescovo di Buenos Aires e primate d'Argentina.

Da Aleteia.org proveremo a far sì che il lettore possa comprendere, lungi da interpretazioni interessate e punti di vista particolari o ideologici, cosa ha affermato il nostro papa su questi e altri temi, in questa occasione in relazione all'unione tra persone dello stesso sesso.

Nel 2010 Jorge Bergoglio ha inviato una lettera molto esplicita a Justo Carbajales, allora direttore del Dipartimento per i Laici della Conferenza Episcopale Argentina. Il motivo del messaggio era la dichiarazione della Commissione Episcopale per i Laici della Conferenza Episcopale sulla possibile approvazione della legge di matrimonio tra persone dello stesso sesso da parte del Governo del Paese. Qual è la posizione adottata da Bergoglio in questa conversazione epistolare?

In primo luogo segnalava il suo sostegno all'iniziativa della Commissione, che riteneva “espressione della responsabilità del laicato” in quanto “cittadini”. Allo stesso tempo, si preoccupava che questo tipo di azioni non venisse intrapreso “contro nessuno”, perché non bisogna giudicare quanti la pensano o sentono in modo diverso.

L'atteggiamento della lettera è chiaro. Si insisteva sul fatto che la Chiesa non deve contrapporsi a nessuno, ma aprire le proprie braccia a tutti, qualunque sia la loro sensibilità e concezione della sessualità. Era ben consapevole che la costruzione di una Nazione richiede di evitare l'esclusione della differenza e di includere “la pluralità e la diversità”.

Allo stesso tempo, sarebbe un errore di ragione, di logica e di giustizia “equiparare ciò che è diverso”, perché ci troviamo, sosteneva, di fronte a una questione non meramente linguistica ma antropologica, visto che “l'essenza dell'essere umano tende all'unione dell'uomo e della donna come reciproca realizzazione, attenzione e cura, e come via naturale alla procreazione”.

Questo carattere essenziale, che è anteriore allo Stato e alla stessa Chiesa, è la base, continuava, del matrimonio, che a sua volta è la base della famiglia come cellula di speciale rilevanza sociale. Per questo l'approvazione di un disegno di legge che equiparasse l'unione omosessuale e il matrimonio “rappresenterebbe un reale e grave passo indietro antropologico”. Testualmente, possiamo leggere che “non è lo stesso il matrimonio (formato da uomo e donna) e l'unione di due persone dello stesso sesso. Distinguere non è discriminare ma rispettare; differenziare per discernere è valorizzare con proprietà, non discriminare”. Perché se per costruire la pluralità è necessario rispettare e valorizzare ciò che è diverso, “è contraddittorio pretendere di minimizzare le differenze umane fondamentali”. Al contrario, la sfida è guardare negli occhi la differenza, accoglierla e amarla senza paura e assumendone le conseguenze.

Bergoglio non trascurava un'altra delle argomentazioni che ritiene importanti, il diritto del bambino di avere un padre e una madre, aspetto decisivo per la sua crescita e la sua educazione. Bisogna fare attenzione a non mettere da parte il carattere “prioritario” di questo diritto se non si vuole commettere un'ingiustizia.

Ribadiva infine il suo desiderio che la difesa di una verità della quale il cristiano non è padrone ma servo non comporti alcun tipo di aggressività o violenza contro il fratello, per cui ricordava, come ha già fatto tante volte, l'importanza di sostenere un atteggiamento di mansuetudine.

Nelle ultime settimane ci sono stati teologi, filosofi e alcuni membri del Pontificio Consiglio per la Vita che si sono mostrati preoccupati per l'affetto pubblico che papa Francesco ha dimostrato a varie persone omosessuali e transessuali e hanno chiesto un chiarimento sul suo atteggiamento nei confronti di queste situazioni.

Credo che non esista alcuna confusione su questo aspetto: il papa accoglie e ama sinceramente chi si sente diverso, chi vive con orgoglio o con sofferenza una sessualità che si può considerare minoritaria e che in molti momenti ha comportato e comporta aberranti situazioni di discriminazione. Un altro atteggiamento sarebbe ingiustificabile in un cristiano, e questo non vuol dire che sia d'accordo con la visione ideologica che può avere una qualsiasi delle tante persone che il papa riceve o con cui parla.

Non ci sbagliamo: se anteponiamo requisiti all'amore, stiamo anteponendo le nostre manie e teorie a Cristo.

Di seguito riportiamo la lettera che l'allora cardinale Jorge Mario Bergoglio scrisse sull'argomento:

"Al Sr. Dr. JUSTO CARBAJALES
Direttore del Dipartimento per i Laici

Conferenza Episcopale Argentina
Suipacha 1032
1008 – BUENOS AIRES

Caro Justo:

La Commissione Episcopale dei Laici della CEA [Conferenza Episcopale Argentina, n.d.t.], nel suo carattere di cittadini, ha preso l'iniziativa di realizzare una manifestazione di fronte alla possibile sanzione della legge di matrimonio per le persone dello stesso sesso, ribadendo allo stesso tempo la necessità che i bambini abbiano diritto ad avere un padre e una madre per essere cresciuti ed educati. Con queste righe desidero fornire il mio sostegno a questa espressione della responsabilità del laicato.

So, perché mi è stato espresso, che non sarà un atto contro nessuno, visto che non vogliamo giudicare quanti pensano e sentono in modo diverso. Più che mai, tuttavia, di fronte al bicentenario e con la certezza di costruire una Nazione che includa la pluralità e la diversità dei suoi cittadini, sosteniamo chiaramente che non si può equiparare ciò che è diverso; in una convivenza sociale, è necessaria l'accettazione delle differenze.

Non si tratta di una questione di mera terminologia o di convenzioni formali di una relazione privata, ma di un vincolo di natura antropologica. L'essenza dell'essere umano tende all'unione dell'uomo e della donna come reciproca realizzazione, attenzione e cura, e come via naturale alla procreazione. Ciò conferisce al matrimonio trascendenza sociale e carattere pubblico. Il matrimonio precede lo Stato, è base della famiglia, cellula della società, anteriore a qualsiasi legislazione e anteriore alla Chiesa stessa. Da ciò deriva il fatto che l'approvazione del disegno di legge in questione rappresenterebbe un reale e grave passo indietro antropologico.

Non è lo stesso il matrimonio (formato da uomo e donna) e l'unione di due persone dello stesso sesso. Distinguere non è discriminare ma rispettare; differenziare per discernere è valorizzare con proprietà, non discriminare. In un'epoca in cui si pone enfasi sulla ricchezza del pluralismo e sulla diversità culturale e sociale, è contraddittorio pretendere di minimizzare le differenze umane fondamentali. Un padre non è uguale a una madre. Non possiamo insegnare alle generazioni future che prepararsi a dispiegare un progetto di famiglia assumendo l'impegno di una relazione stabile tra uomo e donna e convivere con una persona dello stesso sesso è uguale.

Dobbiamo fare attenzione a che, cercando di anteporre e di vegliare su un presunto diritto degli adulti, non si lasci da parte il prioritario diritto dei bambini (che devono essere gli unici privilegiati) a contare su modelli di padre e di madre, ad avere mamma e papà.

Ti incarico che da parte vostra, sia nel linguaggio che nel cuore, non ci siano dimostrazioni di aggressività né di violenza nei confronti di alcun fratello. Noi cristiani agiamo come servitori di una verità e non come suoi padroni. Prego il Signore che con la sua mansuetudine, quella mansuetudine che chiede a tutti noi, vi accompagni in questo atto.

Ti chiedo per favore di pregare e di far pregare per me. Gesù ti benedica e la Vergine Santa ti protegga.

Fraternamente,

Card. Jorge Mario Bergoglio s.j.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]