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Quella prassi pastorale di papa Francesco che dà tanto “fastidio”

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 13/03/15

Due anni di pontificato contro Bergoglio si è creato un blocco di "nemici"

Bergoglio compie due di pontificato al vertice della Chiesa Cattolica mondiale. Un biennio, però, non solo di luci, in cui il "rivoluzionario" Papa Francesco ha gradualmente accresciuto il numero dei suoi "nemici". Come spiega Luigi Sandri su Confronti (marzo 2015) «che cresca, anche a Roma, e proprio a Roma, una sorda opposizione all’orizzonte tratteggiato e alla prassi incarnata da Francesco lo ha ammesso lui stesso, indirettamente ma con sferzante chiarezza, quando, il 22 dicembre 2014, ricevendo gli alti dirigenti della Curia per gli auguri natalizi, senza tanti fronzoli ha elencato le "quindici malattie curiali"».

IMMORTALI E MALATI DI ALZHEIMER SPIRITUALE
Tra queste, «1. La malattia del sentirsi “immortale”, “immune” o addirittura “indispensabile”; 3. La malattia dell’”impietrimento” mentale e spirituale; 6. La malattia dell’“Alzheimer spirituale”; 7. La malattia della rivalità e della vanagloria; 8. La malattia della schizofrenia esistenziale; 10. La malattia di divinizzare i capi; 12. La malattia della faccia funerea; 15. La malattia del profitto mondano, degli esibizionismi. Già i semplici titoli, pur senza riportare le sapide spiegazioni di Bergoglio, danno il tono del suo pensiero e il senso della sua sfida».

IL "VANGELO" DI FRANCESCO
Malattie che si scontrano sopratutto con la prassi pastorale del Papa, che, come lui stesso ha ribadito parlando a venti cardinali (Vatican Insider, 15 febbraio 2014) è quella «della misericordia e dell’integrazione». Ma questo, ha precisato lui, «non vuol dire sottovalutare i pericoli o fare entrare i lupi nel gregge, ma accogliere il figlio prodigo pentito; sanare con determinazione e coraggio le ferite del peccato; rimboccarsi le maniche e non rimanere a guardare passivamente la sofferenza del mondo. La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero; la strada della Chiesa è proprio quella di uscire dal proprio recinto per andare a cercare i lontani nelle “periferie” essenziali dell’esistenza; quella di adottare integralmente la logica di Dio (Luca 5,31-32)». 

LE TENTAZIONI DA CUI FUGGIRE
Il Sinodo è stato il momento in cui il Papa si è scagliato con maggior vigore contro chi ostacola la sua linea d'azione pastorale "rivoluzionaria". «Con le consolazioni ci sono stati anche altri momenti di desolazione, di tensione e di tentazioni», ha detto, elencando una ad una queste tentazioni nel corso della relazione conclusiva (Vatican Insider, 18 ottobre): la «tentazione dell'irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio», ossia la tentazione «degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi» dei tempi di Gesù e, oggi, dei «tradizionalisti» e anche degli «intellettualisti».

"PANE CHE DIVENTA PIETRA"
E ancora, la «tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle, che tratta i sintomi e non le cause e le radici», e la tentazione «dei cosiddetti progressisti e liberalismi»; la «tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente» e quella di «trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati»; la tentazione di «scendere dalla croce, per accontentare la gente», quella di «trascurare il depositum fidei, considerandosi non custodi ma proprietari e padroni» o, dall'altra parte, «la tentazione di trascurare la realtà utilizzando una lingua minuziosa e un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente» con «bizantinismi».

ADDIO ALLA "CORTE RINASCIMENTALE"
Con la semplicità, l'autenticità del Vangelo e la sobrietà nei comportamenti, Francesco, come scrive Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera (12 marzo) è stato «capace di spezzare quel clima da «corte» rinascimentale nel quale il "potere" in Vaticano era misurato dall’essere o meno ammessi all’Appartamento del Papa». Francesco fa colazione, pranzo e cena nel refettorio insieme agli altri, viaggia su una utilitaria, dorme a Santa Marta in un modestissimo appartamento di 50 metri quadri.

IL CONTATTO AD OGNI COSTO CON I FEDELI
A tutto ciò, riporta Il Messaggero (13 marzo), Papa Francesco ha unito un modo di essere e di vivere quotidianamente la sua funzione, quasi più da vescovo o addirittura da parroco che non da Pontefice Massimo. Al bando ori e velluto, ha scelto di vestire di bianco e di coprire il capo soltanto con la "papalina", spesso scambiata con i fedeli nelle udienze in piazza San Pietro. Udienze precedute sempre, anche sotto la pioggia, da un giro fra le transenne a bordo della jeep scoperta, usata nonostante non mancassero allarmi sul fronte del terrorismo. Tutti comportamenti che hanno finito col far storcere il naso a diversi "vatican-men". E non solo.

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