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Quando due vescovi affermarono che Gesù era stato adottato

Baptism of Christ – Perugino

© Public Domain

Gaudium Press - pubblicato il 05/03/15

Dottrine e passioni che diedero vita nell'VIII secolo in Spagna all'eresia dell'adozionismo

di padre Millon Barros de Almeida

Sarebbe ingenuo pensare che i movimenti storici si verifichino per mera spontaneità. In realtà, una conoscenza storica più approfondita dei fatti ci può dimostrare che la forza motrice dell’uomo, e di conseguenza della storia stessa, risiede nelle passioni umane.

Queste, se ben dirette e regolate, possono fare degli uomini dei veri eroi, nel senso più fedele e autentico della parola. Se le passioni sono gestite male, però, possono scatenare vere rivoluzioni.

Per rivoluzione intendiamo un movimento di cose opposto al suo fine corretto, una sovversione di valori e di concetti che può produrre vere catastrofi nella società. Questo movimento ha come motore e asse delle sue operazioni due passioni:

“Due nozioni concepite come valori metafisici esprimono bene lo spirito della rivoluzione: uguaglianza assoluta, libertà completa. E due sono le passioni che la servono maggiormente: l’orgoglio e la sensualità. […]

La persona orgogliosa, soggetta all’autorità di un’altra, odia in primo luogo il giogo che grava su di lei. […]

Come l’orgoglio genera ogni tipo di egualitarismo, la sensualità, nel senso più ampio del termine, provoca il liberalismo. È in queste tristi profondità che si trova l’unione tra quei due principi metafisici della rivoluzione, l’uguaglianza e la libertà, contraddittori da tanti punti di vista” [1].

Applichiamo queste parole al fatto storico oggetto di questo articolo perché il lettore possa concludere qual è stato il fattore che ha portato alla nascita dell’eresia adozionista.

La storia: Elipanto di Toledo e Félix di Urgel
Elipanto, della razza gota, fu arcivescovo metropolita di Toledo, all’epoca sotto il dominio musulmano. Da questa sede, purtroppo, propagò il suo veleno. La storia lo descrive come un uomo di grande genio, appassionato ed eloquente.

Non seppe usare queste capacità per la diffusione della Chiesa, usandole invece, a causa della sua arroganza e del suo orgoglio, per diffondere l’eterodossia.

Félix di Urgel, vescovo di questa città, è il secondo difensore dell’eresia in questione. Compagno di Elipanto, pur essendo spagnolo era suddito di Carlo Magno, visto che la città di Urgel era stata conquistata dai franchi.

L’eresia
L’eresia adozionista è in fondo una ricomparsa del nestorianesimo (che affermava la doppia personalità di Nostro Signore), come segnalava anche il papa dell’epoca, Adriano I. Il motivo di questa affermazione è che, ammettendo una doppia filiazione in Cristo (una naturale e una adottiva), ammette anche una doppia personalità:

“Ammette, quindi, in Cristo due filiazioni, ed è qui l’errore, perché la filiazione va con la persona, ed essendoci due filiazioni logicamente segue che ci saranno anche due persone, il che è puro nestorianesimo. […] Adottare qualcuno come figlio presuppone due persone distinte: quella che adotta e quella che viene adottata; figlio naturale e figlio adottivo in relazione a uno stesso padre sono cose che si escludono in uno stesso soggetto” [2].

L’affermazione adozionista è quindi un assurdo teologico, perché visto che l’umanità di Nostro Signore Gesù Cristo è intimamente unita alla propria Persona del Verbo, non ci può essere una doppia filiazione, come ci insegna Ott:

“L’umanità di Cristo è diventata per l’unione ipostatica in qualche modo parte della persona del Logos, e attraverso di Lui viene adorata in e con il Logos. È in se stessa oggetto di adorazione” [3].

L’eresia adozionista è apparsa per la prima volta negli scritti di Elipanto, quando rifiutava un errore di un certo Michezio che divulgava il sabellianesimo. Elipanto con le sue lettere respinge questo errore, ma nella sua dottrina viene inoculata una grave eresia: in Gesù cristo c’è una doppia filiazione – una naturale, dalla quale deriva la sua natura divina, e l’altra adottiva, dalla quale deriva la sua natura umana:

“In questi documenti esprime chiaramente l’adozionismo. Dopo aver compiuto una perfetta esposizione della dottrina cattolica sulla Trinità, volendo distinguersi in Cristo, Figlio di Dio e e Figlio dell’Uomo, le operazioni e le azioni delle sue due nature, afferma […] che Gesù Cristo, come Dio e Verbo Eterno, è figlio proprio e naturale di Dio, ma come uomo è solo figlio adottivo e per grazia, non per natura” [4].

Come affermato in precedenza, Félix di Urgel era suddito di Carlo Magno. L’imperatore, sentendo varie voci sull’eresia che si andava diffondendo attraverso gli scritti e le predicazioni di Félix convocò un’assemblea a Ratisbona (792) nella quale dovette comparire lo stesso vescovo. Dandosi per vinto, il presule di Urgel abiurò sui Vangeli tutto ciò che aveva affermato in passato.

Non soddisfatto del risultato, l’imperatore mandò Félix dal papa Adriano I, e nella basilica di San Pietro il vescovo di Urgel fece una solenne professione di fede, come ci riferisce García-Villoslada:

“Carlo Magno riunì l’assemblea di presuli, tra i quali Paolino di Aquileia, a Ratisbona (792), e ordinò che Félix comparisse davanti a loro per esporre le ragioni della sua dottrina. Il vescovo di Urgel lo fece, e vinto nella disputa dalle argomentazioni contrarie abiurò pubblicamente sui Vangeli. Volendo il re franco offrire al papa l’ossequio di questo vinto, Félix dovette presentarsi a Roma e prima nella basilica del Laterano e poi in quella di San Pietro ribadì la sua abiura, affermando che non avrebbe mai dato al Salvatore il titolo di figlio adottivo” [5]

Alla prima opportunità che gli si presentò, tuttavia, Félix fuggì in Spagna per stare vicino al suo complice Elipanto.

Alcuni storici affermano che in questa occasione i vescovi della Spagna scrissero una lettera al papa sostenendo totalmente l’eresia adozionista. La tesi più attendibile è che quel testo, a causa del linguaggio rude e intemperante, sia stato redatto dallo stesso Elipanto, e che la scienza che traspare da quella lettera sia frutto dell’intelligenza di Félix.

Beato ed Eterio
I primi a opporsi all’eresia adozionista furono due cristiani delle Asturie, Beato (o Biego) ed Eterio. Il primo venne elogiato dal teologo Alcuino, che lo definì doctus vir, tam vita quam nomine sanctus. Entrambi scrissero un’apologia della vera dottrina, in modo appassionato e polemico.

L’apologia può risultare indigesta ai tempi in cui viviamo, perché un pubblico tiepido non comprenderà la fede ardente della Spagna dell’epoca. Senza alcuna bassezza di linguaggio, i due difensori dell’ortodossia fulminano i vescovi eretici, e di questi due uomini coraggiosi si dice:

“La loro teologia è sana, forte e ardente, basata costantemente sui testi della Sacra Scrittura. […] In fondo, Beato ed Eterio sono molto fedeli alla tradizione isidoriana, ma la loro apologia non era nata tra le pompe di Siviglia o di Toledo, ma in una terra aspra, agreste e selvaggia, tra grandi rischi e mari tempestosi, per essere ascoltata da uomini non tranquilli né dediti alle lettere, ma abituati alla devastazione continua e alle lotte” [6].

L’apologia terminava con un anatema del prelato Teudula: Si quis carnem Christi adoptivam dixerit Patri, anathema sit. Amen.

Carlo Magno, Alcuino e il Sinodo di Francoforte
Allarmato dal grande pericolo che l’Impero d’Occidente cadesse nell’eresia e ricordando bene le devastazioni provocate dagli scismi e dalle eresie nell’Impero d’Oriente, Carlo Magno esercitò la sua funzione di difensore della Chiesa.

Convocò un Sinodo a Francoforte e chiese al papa il suo consenso. Il pontefice lo diede e inviò i suoi delegati, che portavano con sé una lettera dogmatica dello stesso Adriano I per la quale il Figlio della Vergine era l’unico vero Figlio di Dio.

“Se quindi colui che è nato dalla Vergine è vero Dio, come può essere adottivo o servo? Non osate infatti assolutamente designare Dio come servo o adottivo; e anche se il profeta lo ha chiamato servo, non è stato a causa della condizione di servitore, ma per l’obbedienza e l’umiltà, per la quale Egli si è fatto ‘obbediente’ al Padre ‘fino alla morte’” [7].

Gli adozionisti non si piegarono alle decisioni del pontefice e del Sinodo, difendendo e diffondendo le proprie teorie.

Alcuino cercò di convincere i due eretici adozionisti scrivendo loro lettere gentili e persuasive, ma i suoi sforzi furono vani, perché l’orgoglio si era impadronito totalmente della loro anima.

Leone III e il punto finale
Il punto finale di questa eresia fu posto da papa Leone III in un concilio svoltosi a Roma nel 789, che lanciò un anatema solenne contro Félix di Urgel [8].

La storia non menziona più il vescovo Elipanto, ma è probabile che per via del suo carattere arrogante e orgoglioso abbia persistito nel suo errore.

Di Félix si conoscono invece altri dettagli. Carlo Magno lo invitò per una disputa, concedendogli un salvacondotto per assicurarne la libertà, e Félix accettò. Le esposizioni dell’eretico durarono sette giorni, e venivano poi confutate dal vescovo Alcuino usando citazioni dei papi.

Alla fine l’eretico cedette alla verità, facendo un’abiuraex toto corde e subito dopo una professione di fede absque ulla simulatione. L’imperatore non permise che tornasse a Urgel. Rese infine l’anima a Dio a Lione nell’818, e come dicono alcuni morì in odore di santità per via delle sue penitenze:

“Carlo Magno non gli permise di tornare nella sua diocesi, e la morte lo raggiunse a Lione nell’anno 818. Morì, a quanto sembra, santamente, e come santo lo ha venerato la Chiesa di Urgel” [9].

Conclusione
Dopo aver analizzato la nascita dell’eresia adozionista e la reazione della Chiesa, possiamo verificare che la maggior parte dei movimenti negativi della società umana ha origine in due passioni sregolate: l’orgoglio e la sensualità.

Sorge però una domanda: qual è il fattore che porta i giusti a reagire? Esiste senz’altro una forza che origina un movimento contrario alla rivoluzione delle passioni:

“Esiste anche una dinamica controrivoluzionaria, ma di natura del tutto diversa. Le passioni, in quanto tali – considerando qui il termine nel suo senso tecnico –, sono moralmente indifferenti; è il loro disordine a renderle negative. Se invece vengono regolate, sono positive e obbediscono fedelmente alla volontà e alla ragione. È nel vigore dell’anima che viene all’uomo per il fatto che Dio governa la sua ragione, la ragione domina la sua volontà e questa domina la sua sensibilità che bisogna cercare la serena, nobile ed efficientissima forza propulsiva della controrivoluzione” [10].

È stata questa virtù a portare la Chiesa e Carlo Magno a una reazione così energica e categorica, pur se con dolcezza e bontà, come ci indica la storia raccontando tutti gli appelli rivolti agli eretici e le facilitazioni offerte loro perché ritrattassero e tornassero nel seno della Sposa Mistica di Cristo.

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[1] CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Revolução e Contra-Revolução. 4 ed. São Paulo: Retornarei, 2002, pp. 65, 66, 72.
[2] GARCIA-VILLOSLADA, Ricardo. Historia de la Iglesia Católica Vol. II: EDAD MEDIA: La cristiandad en el mundo europeo y feudal. 6 ed. Madrid: Biblioteca de Autores Cristianos, 2003. v. 2, p. 190.
[3] OTTO, Ludwig. Manual de Teología Dogmática. 7 ed. Barcelona: Herder, 1997, p. 253.
[4] GARCIA-VILLOSLADA, op. cit., p. 190.
[5] Idem., p. 192.
[6] Idem., p. 190.
[7] DENZINGER, Heinrich. Compêndio dos Símbolos definições e declarações de Fé e Moral. São Paulo: Loyola; Paulinas, 2007, n. 614.
[8] Cf. GARCIA-VILLOSLADA, op. cit., p. 193.
[9] Idem.
[10] CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Revolução e Contra-Revolução. 4 ed. São Paulo: Retornarei, 2002, pp. 130-131.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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