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«Roberti sbaglia, le Chiese sono mobilitate nella lotta alle mafie»

La legalità del “noi”: insieme contro la mafia

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 25/02/15

Dell'Olio (Libera) sulla relazione del procuratore nazionale antimafia: c'è un impegno crescente sul fronte dell'educazione

La lotta alla mafia ha bisogno di un maggiore coinvolgimento della Chiesa. Ne è convinto il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti che alla presentazione della relazione annuale lancia una stoccata molto forte alle gerarchie ecclesiastiche: «Sono convinto che la Chiesa potrebbe moltissimo contro le mafie e gran parte delle responsabilità le ha proprio la Chiesa perché per secoli non ha fatto niente» (Huffington Post, 25 febbraio). 

Parole pesanti, che Roberti rincara con esempi inoppugnabili: «Penso al discorso di Giovanni Paolo II fatto alla Valle dei Templi ma dopo quello? Silenzio assoluto. Zero reazioni, nonostante omicidi come quello di Padre Puglisi, fino al 2009 quando la Conferenza Episcopale ne parlò. Oggi dopo altri sei anni Papa Francesco ne parla apertamente e parla di scomunica».

ROBERTI ALLUDE ALLE GERARCHIE CATTOLICHE
Intanto c'è un uso della parola Chiesa da parte di Roberti di cui bisogna capire bene il significato – spiega ad AleteiaTonio Dell’Olio, membro dell'ufficio di presidenza di Libera e responsabile del settore internazionale – probabilmente il suo riferimento è alla gerarchia cattolica. Non a caso fa esempi che si riferiscono ad essa, cita la CEI, Giovanni Paolo II, Papa Francesco».

LOTTA ALLE MAFIE NON A MACCHIA DI LEOPARDO
«Io penso che prevalentemente il Procuratore possa avere persino ragione – prosegue Dell'Olio – nel senso che la sensibilità del tema del rispetto alla legalità, del contrasto alle mafie da parte delle Chiese – dico al plurale per intendere sia le chiese sparse sul territorio, sia più nel senso ecumenico – è stato molto a macchia di leopardo».

ERRORE E' PARLARE DI IMMOBILISMO DELLE CHIESE 
Ovvero, sottolinea il dirigente di Libera, «c'è stata una coscienza diversificata a seconda dei contesti in cui queste Chiese si sono mosse. Ma corriamo il rischio di fare una semplificazione e una generalizzazione, dicendo che da secoli le Chiese non hanno fatto nulla. Da secoli hanno pianto anche i loro martiri come Roberti riconosce, riferendosi a Don Puglisi».

IN SICILIA E IN CALABRIA
Dunque Dell'Olio non condivide quando il procuratore antimafia dice  «che la Chiesa non ha fatto niente. Invece lo condivido quando dice che si potrebbe fare di più». Gli esempi di Roberti, infatti, offrono uno spaccato «non completo». «Ad esempio l'episcopato siciliano nel corso degli ultimi anni ha sostenuto le parrocchie e le diocesi nel mettere in campo strategie concrete anti-mafia; anche l'episcopato calabrese, per la verità solo ultimamente ha chiesto che nei percorsi educativi della catechesi ci sia l'educazione alla legalità e l'educazione al contrasto alle mafie, e quindi l'analisi del fenomeno mafioso, nel percorso di formazione dei futuri preti». 

IL DOCUMENTO CEI E I SACRAMENTI
Un documento della CEI dal titolo "Educare alla legalità" del 1991 «è secondo me tuttora molto attuale. Di quel documento è mancata la ricezione delle chiese locali perché l'attenzione nell'educazione è oggi ancora molto concentrata sul "soprannaturale", cioè l'attenzione è posta molto sui sacramenti. Non si è sempre compreso che non vi può essere questo, se non si educa a valori umani molto concreti come la responsabilità, la legalità».

PIU' ATTENZIONE ALL'EDUCAZIONE
Questa attenzione, secondo Dell'Olio «deve aumentare sempre più. Quindi io inviterei Roberti a vedere il bicchiere mezzo pieno. Non faccio l'avvocato difensore della Chiesa, ma obiettivamente passi avanti ci sono stati. Le linee guida del documento CEI si possono aggiornare, siccome l'analisi è ancora valida, e tradurre in piste di riflessione e di azioni delle chiese sui territori». Il documento CEI, per l'esponente di Libera, «va aggiornato in questa direzione: nel porre ancora maggiore attenzione sull'educazione; offrire strumenti per comprendere meglio la realtà (ad esempio nelle chiese del nord si dice spesso che "la mafia non c'è", perché non riescono a riconoscerla); e poi sensibilizzare sui mezzi di contrasto alla criminalità».  

NON FAR "ALLEARE" LE MAFIE CON DIO
Un altro aspetto che manca e a cui bisogna fare molta attenzione «è che tutte le forme di criminalità organizzata hanno un riferimento religioso. Non basta dire che cercano la legittimazione. Se un mafioso partecipa in processione o ha una panca riservata in chiesa, ha privilegi importanti. Ma problema di fondo è che le mafie si distinguono dalle altre organizzazioni criminali, che oltre ai soldi cercano il potere. Sentirsi alleati del potere onnipotente, sentirsi "alleati di Dio" per loro è fondamentale. Se non si capisce questo, sarà difficile prendere delle contrmisure». 

LA PROVENIENZA DELLE OFFERTE
Dell'Olio si sofferma sopratutto sulle offerte. «Si è detto parecchie volte, in maniera superficiale, che se arriva un'offerta in chiesa, non bisogna chiedersi da dove arriva, ma utilizzarla per fare del bene. E' un principio che non funziona perché spesso quei soldi arrivano da giri illeciti e un prete deve rifiutarli». 

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