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“Messicanizzazione”? Il papa non intendeva offendere nessuno

43 missing students along a street in Mexico City

© RONALDO SCHEMIDT / AFP

Chairs with portraits of missing students are seen during a march demanding justice for the 43 missing students along a street in Mexico City on October 22, 2014. Mexican authorities ordered the arrest of the mayor of the city of Iguala, Jose Luis Abarca, his wife and an aide, charging them with masterminding last month's attack that left six students dead and 43 missing. AFP PHOTO//RONALDO SCHEMIDT

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 25/02/15

Una nota della Segreteria di Stato chiarisce la vicenda della e-mail privata del pontefice al centro delle polemiche. Le denunce sul narcotraffico dei vescovi messicani e argentini.

A nessun Paese e nessun popolo può far piacere che il suo nome venga associato a fenomeni di violenza o di degrado. Ne sa qualcosa il sud Italia costretto spesso a subire la confusione tra il proprio territorio e i fenomeni mafiosi oppure il Libano, con il termine "libanizzazione" associato all'instabilità politica e alla violenza terroristica.

E' comprensibile che al Messico e ai messicani non sia piaciuto trovare in una e-mail di papa Francesco – sia pure privata e in risposta a quanto già affermato dall'interlocutore – trovare il termine "messicanizzazione" a proposito del pericolo che anche in Argentina si estenda la piaga del narcotraffico.

Sul messaggio del pontefice – in risposta alla e-mail inviata da Gustavo Vera, un suo amico deputato di Buenos Aires e guida dell'organizzazione non governativa La Alameda – c'è stata una levata di scudi da parte delle autorità messicane (http://aleteia-imported-it.vip.hmn.md/2015/02/24/une-mail-privata-di-papa-francesco-scatena-la-polemica-in-messico/).

Nè ferire i sentimenti, nè misconoscere l'impegno del governo messicano

Per questo la Segreteria di Stato della Santa Sede ha ritenuto opportuno, nella serata del 24 febbraio, consegnare una nota di precisazione all’ambasciatore del Messico presso la Santa Sede, Mariano Palacios Alcocer, in cui chiarisce che con la espressione “evitare la messicanizzazione” il pontefice "non intendeva assolutamente ferire i sentimenti del popolo messicano, che ama molto, né misconoscere l’impegno del Governo messicano nel combattere il narcotraffico".

Com’è noto, chiarisce la nota diffusa dalla sala stampa della Santa Sede, "l’espressione 'evitar la mexicanización', era stata utilizzata dal Papa in una e- mail di carattere strettamente privato ed informale, in risposta ad un amico argentino molto impegnato nella lotta alla droga, che aveva usato questa frase". Papa Francesco con questa espressione "non intendeva altro che rilevare la gravità del fenomeno del narcotraffico, che affligge il Messico e altri Paesi dell’America Latina". Senza disconoscere l'impegno del governo messicano nel tentare di contarstare il fenomeno: "E proprio per questa gravità – prosegue infatti la nota – la lotta contro il traffico di droghe è una priorità del Governo; per contrastare la violenza e ridare pace e serenità alle famiglie messicane, incidendo sulle cause che sono all’origine di questa piaga".

"Si tratta di un fenomeno – conclude la dichiarazione firmata dal portavoce della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi -, come altri in America Latina, per i quali in varie occasioni, anche negli incontri con i Vescovi, il Santo Padre ha richiamato l’attenzione sulla necessità di adottare a tutti i livelli politiche di cooperazione e di concertazione".

Le denunce dei vescovi messicani e argentini

Papa Francesco ha scritto nella mail contestata: "Ho parlato con alcuni vescovi messicani e la situazione è terribile". Le ripetute denunce dei vescovi messicani in merito alla gravità del fenomeno, soprattutto negli ultimi quattro anni, sono ripercorse da Il Sismografo (25 febbraio): l'ultima è del 17 febbraio quando i vescovi hanno pubblicato una dichiarazione del titolo molto significativo "Alto ai corrompidos" (Alt ai corrotti). Nessuno può dimenticare, inoltre, la vicenda dei 43 studenti di Iguala la cui scomparsa è legata al regime di violenza e corruzione imposto dai narcotrafficanti.

Anche i vescovi argentini hanno espresso con forza la preoccupazione per il dilagare della violenza legata al narcotraffico e gli scandali che hanno portato allo scoperto collusioni tra Forze dell’ordine e trafficanti di droga nel documento del novembre 2013, “Il dramma dell’uso di droga e del narcotraffico”, presentato in conferenza stampa dal Presidente della Conferenza episcopale e arcivescovo di Santa Fe de la Vera Cruz , Mons. José María Arancedo, e dal Presidente della Commissione Episcopale per la Pastorale Sociale e vescovo di Gualeguaychú, Mons. Jorge Lozano.

Nel presentare il documento i vescovi hanno chiesto “un’azione urgente” contro il traffico di droga ed il suo impatto sulla società soprattutto nei settori più vulnerabili , denunciando la mancanza di cooperazione nei settori coinvolti, come pure la “complicità e la corruzione” di funzionari che stanno creando in Argentina una situazione simile a quella del Messico e della Colombia (Il Sismografo 25 febbraio).

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