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I miracoli strani che non vorresti

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Paola Belletti - La Croce - Quotidiano - pubblicato il 21/02/15
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Sia fatta la Tua di volontà. Voglio volere la Tua volontàPerché chiedere miracoli a volte può assomigliare a questo: “Caro il mio plenipotenziario Signore – virgola – sbrigati a fare in modo che io possa di nuovo fare a meno di Te – punto esclamativo e un po’ nervoso”.

Guarisci me, trovami il lavoro, guarisci mio figlio, sciogli questo nodo, aiuta quella famiglia, addolcisci quella persona, allontanami quest’altra. Togli questo ostacolo. Togli questo limite. Toglici questo debito. Toglile quella paura. Toglimi tutti i promemoria della mia finitezza. Togli. TogliTi.

O resta sullo sfondo. Mi ricorderò ogni tanto di ringraziarTi. Mi ricorderò di parlare di Te, racconterò in giro di come mi hai aiutato. Ma in fondo me lo dovevi. No?

Desiderare la salute, desiderare l’appagamento personale, impegnarsi con dedizione per raggiugnere obiettivi materiali e non, darsi da fare in vista di questi ed altri più nobili scopi. Tutto questo è umano. E resta solo umano anche quando vediamo che, accidenti!, non ci basta pensare positivo, non è sufficiente esercitarsi ed essere costanti. Non basta fare tesoro degli insuccessi, per ripartire più forti di prima.

Non ci sono formatori e motivatori sufficientemente entusiasmanti capaci di tirare fuori da noi stessi l’energia necessaria per tagliare un traguardo (che la sorgente non sia inesauribile? Che impossible non sia proprio nothing?). E allora ci troviamo a chiedere a Te.

A patto che poi Tu te ne vada?
Allora che differenza c’è tra yoga e il rosario?

Va bene tutto? Training autogeno, running (anche il mio entry level!), meditazione trascendentale, novene, Messa, votarsi alla causa? Tutto, basta che funzioni? Certo. Va bene tutto.

E ci sono persone che assicurano che niente sia più efficace della preghiera cristiana. (Avremo capito bene? Era questo che intendeva il Sandrone quando ancora seminarista, ragazzone bello, ricco ed esuberante, sfrecciava via col suo ciao bianco perché aveva fretta? “E’ quasi mezzanotte – ci disse una calda sera d’estate – e non ho ancora detto il rosario, ciao”).

Va bene lo terremo presente. In fondo che male c’è. Fa molto tradizione popolare; non esiste un termine equivalente in inglese con suffisso -ing ma pazienza.

Non fosse per quella postilla…

Sì, dai!

Quella frasetta che diciamo nel Padre Nostro e che Gesù ha detto a braccio nell’orto degli ulivi sotto le gocce di sangue e sudore che forse si raggelavano sul Suo viso perché era notte e l’angoscia raggela. Non la mia. La Tua. Non sia fatta la mia di volontà. Sia fatta la Tua di volontà. Voglio volere la Tua volontà. Ci ha insegnato anche questo.

Provo a chiedere che si compia Quella (la Tua di volontà) anche se mi pare brutta. Anche se mi fa paura. Anche se proprio non mi riesce di fidarmi. No perché a fidarsi, nel dire questa frase, potremmo finalmente, Dio ne sia lodato, rilassarci. Sbadigliare e accoccolarci. Dormire lieti e immemori (come mio marito. Non sogna quasi mai niente. L’ultimo sogno che si ricorda riguardava Rui Costa che entrava in campo. Come un bambino di 11 anni sogna i campioni della squadra del cuore. E si commuove quando il maratoneta alle Olimpiadi entra nello stadio per gli ultimi metri. O quando prende in braccio per la prima volta il primo figlio – meno con la quarta volta il terzo figlio ad esempio, non c’è più l’effetto novità. Lo dico perché vorrei anche io nel mio piccolo contribuire ad abbattere qualche stereotipo. Gli uomini virili qualche volta piangono. Gli uomini sono poetici. Gli uomini sono sensibili. Gli uomini capiscono un sacco di cose delle donne. Proprio quelle che noi di noi stesse non riusciamo a comprendere. Alcune invece non le vedono, ma forse fa parte del piano anche questo. Perché certe ferite vanno tenute aperte per poter guarire bene. Gli uomini sono meravigliosi. Hanno anche un sacco di irritanti, insopportabili e personalissimi difetti ma non è che ogni volta posso partire per la tangente).

Dopo tanto umanissimo e virile tendersi. Dopo la lotta, dopo la lunga tenace impazienza del chiedere tirando. Dentro la forza che spremiamo da noi stessi quando chiediamo a Dio che venga in nostro soccorso.

Ecco. Alla fine delle frasi pronunciate con la parte di cuore che abbiamo risparmiato al cinismo possiamo seriamente distenderci. Che bello. Sia fatta la Tua. Sarà fatta la Tua di volontà. Ne sono certa. E felice!

Sì, vale anche se hai il figlio molto malato. Vale anche se hai un odioso orrido tumore e hai superato l’intervento e poi un’emorragia quasi ti sfila l’anima. Lo so perché la mia bella e giovane amica me l’ha raccontato. Giovane e bella e in pericolo di vita. Dopo che ha scoperto di avere un odioso orrido tumore. Dopo che si è arresa alla necessità di farsi operare. Dopo che ha chiesto al Signore di poter offrire qualcosa di sé perché il mio bimbo potesse guarire.

Ecco, si sente male. E’ da sola di notte, in ospedale. Chiama l’infermiera. In effetti i valori sono precipitati. Devi essere rioperata subito tesoro, le dicono. E sa benissimo che potrebbe non uscire viva da quella troppo frequentata sala operatoria. Per questo saluta sua mamma. Il marito. Forse col pensiero soltanto il suo bambino.

Per questo canta Give me Jesus. E mi dice, ora che è sopravvissuta a quell’intervento e ad un altro sempre simpatico come tante martellate sulle unghie (e a molto altro che non sempre si può raccontare e che riguarda l’anima e che l’ha resa ancora più bella anche se ha delle cicatrici che le impongono il costume intero), mi dice che era serena e sicura. In pace.

Ma si può?
Boh. Parrebbe di sì.