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Sapevi di possedere un istinto per la verità del Vangelo?

Rosary – Cross – Praying – Michael_Swan CC – it

© Michael_Swan / CC

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Roberta Sciamplicotti - Aleteia - pubblicato il 19/02/15

Veramente ogni battezzato partecipa alla funzione profetica di Gesù Cristo?

Il sensus fidei è l'istinto mediante il quale tutti e ciascuno “pensano con la Chiesa”, condividendo un’unica fede e uno stesso disegno. È ciò che unisce i pastori e il popolo e che rende il loro dialogo, fondato sui doni e sulle vocazioni di ciascuno, insieme essenziale e fecondo per la Chiesa.

La natura del sensus fidei e il suo ruolo nella vita ecclesiale sono stati oggetto dello studio della Commissione Teologica Internazionale nel testo Il sensus fidei nella vita della Chiesa (Edizioni Dehoniane Bologna), dal quale sono tratte le considerazioni riportate in questo articolo. La Commissione Teologica Internazionale è stata istituita da Paolo VI nel 1969 con il compito di aiutare la Santa Sede e in particolar modo la Congregazione per la Dottrina della Fede nell'esaminare le questioni dottrinali di maggiore rilievo.

Cosa si intende per sensus fidei?
Per dono dello Spirito Santo, tutti i battezzati partecipano alla funzione profetica di Gesù Cristo, dovendo rendere testimonianza al Vangelo e alla fede degli apostoli nella Chiesa e nel mondo. Lo Spirito Santo dona loro l’unzione e fornisce le doti per questa elevata vocazione, conferendo loro una conoscenza molto personale e intima della fede della Chiesa. Ne consegue che i fedeli possiedono un istinto per la verità del Vangelo che permette loro di riconoscere la dottrina e la prassi cristiane autentiche e di aderirvi.

Questo istinto soprannaturale, che ha un legame intrinseco con il dono della fede ricevuto nella comunione ecclesiale, è chiamato sensus fidei e permette ai cristiani di rispondere alla propria vocazione profetica, consentendo un certo discernimento riguardo alle cose della fede.

Come concetto teologico, il sensus fidei fa riferimento a due realtà distinte, anche se strettamente connesse: il soggetto dell’una è la Chiesa, “colonna e sostegno della verità” (1Tm 3,15), quello dell’altra è il singolo credente, che appartiene alla Chiesa attraverso i sacramenti dell’iniziazione e partecipa alla fede e alla vita ecclesiali soprattutto mediante la celebrazione regolare dell’Eucaristia.

Da una parte, dunque, il sensus fidei fa riferimento all'attitudine personale che possiede il credente all’interno della comunione ecclesiale di discernere la verità della fede (sensus fidei fidelis), dall’altra si riferisce a una realtà comunitaria ed ecclesiale: l’istinto di fede della Chiesa stessa, attraverso cui questa riconosce il suo Signore e ne proclama la Parola (sensus fidei fidelium).

Sviluppo nella storia e nella tradizione della Chiesa
L’espressione sensus fidei non si trova nelle Scritture né nell’insegnamento formale della Chiesa prima del Concilio Vaticano II, ma l’idea che la Chiesa considerata nel suo insieme sia infallibile nella fede perché è il corpo di Cristo e la sua sposa e che tutti i suoi membri possiedano un’unzione che li ammaestra grazie al dono dello Spirito di verità si rinviene ovunque fin dagli inizi del cristianesimo.

Il ruolo decisivo del consensus fidelium – la convergenza dei battezzati nell’adesione vitale a una dottrina di fede o a un elemento della praxis cristiana – nel discernimento e nello sviluppo della dottrina in materia di fede e di morale era già stato riconosciuto durante i periodi patristico e medievale, ma è al momento della Riforma che il concetto ha iniziato ad essere elaborato e utilizzato in modo più sistematico.

I riformatori ponevano l’accento sul primato della parola di Dio nella Sacra Scrittura e sul sacerdozio dei fedeli, sostenendo che la testimonianza interiore dello Spirito Santo dava a tutti i battezzati la capacità di interpretare da sé la Parola di Dio. I teologi della Riforma cattolica risposero alle loro critiche verso alcune dottrine richiamando l’infallibilità della Chiesa in credendo intera, laicato e clero insieme.

Nel XIX secolo i teologi cattolici prestarono nuova attenzione al sensus fidei fidelium in quanto locus theologicus, per spiegare in che modo lo Spirito Santo custodisce la Chiesa intera nella verità e giustificare gli sviluppi dottrinali della Chiesa.

Nel XX secolo i teologi cattolici hanno esplorato la dottrina del sensus fidei fidelium nel contesto di una teologia della Tradizione, di un’ecclesiologia rinnovata e di una teologia del laicato, sottolineando che la Chiesa non si identifica con i suoi pastori, che la Chiesa intera, per l’opera dello Spirito Santo, è il soggetto o “l’organo” della Tradizione e che i laici hanno un ruolo attivo nella trasmissione della fede apostolica. Il Concilio Vaticano II ha ristabilito e confermato la dottrina del sensus fidei, soprattutto nelle costituzioni dogmatiche Lumen gentium Dei verbum.

Resistenza al proprio vescovo se predica cose eterodosse?
Il sensus fidei fidelis è una sorta di istinto spirituale che permette al credente di giudicare in maniera spontanea se uno specifico insegnamento o una prassi particolare sono o meno conformi al Vangelo e alla fede apostolica. È intrinsecamente legato alla virtù della fede stessa; deriva dalla fede e ne costituisce una proprietà. Lo si paragona a un istinto perché non è il risultato di una deliberazione razionale, ma prende piuttosto la forma di una conoscenza spontanea e naturale, una sorta di percezione.

Essendo una proprietà della virtù teologale della fede, il sensus fidei fidelis si sviluppa in proporzione allo sviluppo della virtù della fede. Più la virtù della fede si radica nel cuore e nello spirito dei credenti e informa la loro vita quotidiana, più il sensus fidei fidelis in essi si sviluppa e si fortifica. Ma poiché la fede è fondata sull’amore, per animarla e informarla si rende necessaria la carità, per farne una fede viva e vissuta. Ne consegue che lo sviluppo del sensus fidei nello spirito del credente si deve in particolare all’azione dello Spirito Santo in quanto Spirito d’amore.

Il sensus fidei fidelis ha tre manifestazioni principali nella vita personale del credente, permettendo di discernere se un insegnamento particolare o una prassi specifica che incontra nella Chiesa sono coerenti o meno con la vera fede per la quale egli vive nella comunione ecclesiale, di distinguere nella predicazione l’essenziale dal secondario e di determinare e mettere in pratica la testimonianza da rendere a Gesù Cristo nel contesto storico e culturale particolare nel quale egli vive.

Avvertiti dal proprio sensus fidei, i singoli credenti possono giungere a rifiutare l’assenso a un insegnamento dei propri legittimi pastori se non riconoscono in tale insegnamento la voce di Cristo, il Buon Pastore. In questo caso, il credente non innalza se stesso a criterio ultimo della verità di fede, ma si appella interiormente all’autorità superiore della Chiesa universale.

Nel documento a cura dell Commissione Teologica Internazionale si evidenzia poi un nodo cruciale. Infatti, si legge, “avvertiti dal proprio sensus fidei, i singoli credenti possono giungere a rifiutare l’assenso a un insegnamento dei propri legittimi pastori se non riconoscono in tale insegnamento la voce di Cristo, il buon Pastore. […] Per san Tommaso un credente, anche privo di competenza teologica, può e anzi deve resistere in virtù del sensus fidei al suo vescovo se questo predica cose eterodosse. In tal caso il credente non innalza se stesso a criterio ultimo della verità di fede: al contrario, di fronte a una predicazione materialmente «autorizzata» ma che lo turba, senza che ne possa spiegare esattamente la ragione, egli differisce il proprio assenso e si appella interiormente all’autorità superiore della Chiesa universale”.

I teologi dipendono dal Popolo di Dio?
Dal momento che la fede del singolo credente partecipa della fede della Chiesa in quanto soggetto credente, il sensus fidei (fidelis) dei singoli credenti non può essere separato dal sensus fidei (fidelium) della Chiesa, o sensus Ecclesiæ, che ha ricevuto in dote lo Spirito Santo e la sua assistenza.

Il sensus fidelium ha uno stretto rapporto con la teologia: da un lato i teologi dipendono dal sensus fidei poiché la fede che essi studiano e spiegano vive nel popolo di Dio, dall'altro aiutano i fedeli a esprimere il sensus fidelium autentico, ricordando loro le linee essenziali della fede e aiutandoli a evitare le deviazioni e le confusioni causate dall’influenza di elementi immaginari provenienti da altrove.

Come so se ho ragione o sto sbagliando?
Il discernimento delle manifestazioni autentiche del sensus fidei è richiesto in particolare nelle situazioni di tensione, nelle quali è necessario distinguere il sensus fidei autentico dalla semplice espressione dell’opinione comune, di interessi particolari o dello spirito dei tempi.

Non vi è ovviamente un’unica disposizione necessaria perché i battezzati siano veramente soggetti del sensus fidei; serve piuttosto un insieme di disposizioni influenzate da fattori ecclesiali, spirituali ed etici, nessuna delle quali può essere trattata in maniera isolata. Tra quelle più importanti, figurano la partecipazione alla vita della Chiesa, l'ascolto della Parola di Dio, l'apertura alla ragione, l'adesione al Magistero, la santità – umiltà, libertà e gioia – e la ricerca dell’edificazione della Chiesa.

Quanto alla loro applicazione, un ruolo di rilievo è assunto dalla religiosità popolare, che proviene dal sensus fidei e lo manifesta e in quanto tale va rispettata e promossa, pur vigilando perché si armonizzi con la liturgia.

Il sensus fidei non va identificato con l’opinione pubblica o della maggioranza, in primo luogo perché ha un legame evidente con la fede, dono che non tutti possiedono necessariamente. La fede, e non l’opinione, è il punto di riferimento al quale prestare attenzione. L’opinione, spesso, è solo l’espressione transitoria e mutevole delle tendenze o dei desideri di un determinato gruppo o di una certa cultura, mentre la fede è l’eco dell’unico Vangelo valido per tutti i tempi e tutti i luoghi.

Non di rado, poi, nella storia del popolo di Dio non è stata la maggioranza, ma una minoranza a vivere autenticamente la fede e a renderle testimonianza. Il cristianesimo stesso ha avuto inizio come una piccola minoranza, biasimata e perseguitata dalle pubbliche autorità, e ancora oggi in molti Paesi i cristiani subiscono forti pressioni da parte di altre religioni o ideologie secolari intese a far loro abbandonare la verità della fede. Per questo, è particolarmente importante discernere e ascoltare le voci dei “piccoli che credono” (Mc 9,42).

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