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Francesco: “la Chiesa non può isolarsi in una casta”

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 15/02/15
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Nella concelebrazione con i 19 nuovi cardinali il papa invita a vivere “il vangelo degli emarginati” come unica strada per la credibilità della ChiesaPaura di perdere i salvati o desiderio di salvare i perduti? Si tratta di due logiche di pensiero e di fede e la scelta determina l'agire della Chiesa.

Nella basilica di san Pietro papa Francesco concelebra con i 19 nuovi cardinali creati nel Concistoro del 14 febbraio e con il collegio cardinalizio e nell'omelia spiega il senso dell'incontro di Gesù con il lebbroso proclamato nel Vangelo.

La legge mosaica, per rispondere all'esigenza di preservare i sani dal contagio, condannava i lebbrosi ad uno spietato isolamento e alla più totale emarginazione sociale così che nessuno poteva avvicinarli senza subire la stessa sorte.

Ma Gesù, spiega Francesco, non ha paura di avvicinare il dolore del lebbroso ed è pronto a pagarne il prezzo di persona: “Gesù – afferma Francesco – ha un cuore che non si vergogna di avere 'compassione'” e la compassione lo porta ad agire concretamente per reintegrare l'emarginato, sanandolo.

Gesù risponde alla supplica del lebbroso “senza indugio” e senza “i soliti rimandi per studiare la situazione e tutte le eventuali conseguenze!”. Per Gesù ciò che conta, soprattutto, sottolinea Francesco “è raggiungere e salvare i lontani, curare le ferite dei malati, reintegrare tutti nella famiglia di Dio”. “E questo – aggiunge alzando gli occhi dal testo per guardare l'assemblea – scandalizza qualcuno!”.

Senza curarsi delle persone che si scandalizzano “di fronte a qualsiasi apertura, a qualsiasi passo che non entri nei loro schemi mentali e spirituali, a qualsiasi carezza o tenerezza che non corrisponda alle loro abitudini di pensiero e alla loro purità ritualistica” egli “ha voluto integrare gli emarginati, salvare coloro che sono fuori dall’accampamento”. Non abolisce la Legge di Mosè, afferma il papa, ma “rivoluziona e scuote con forza quella mentalità chiusa nella paura e
autolimitata dai pregiudizi”, portando a compimento la legge e “aprendo nuovi orizzonti per l’umanità e rivelando pienamente la logica di Dio”.

Le due logiche di “emarginare e reintegrare”, “la paura di perdere i salvati e il desiderio di salvare i perduti” percorrono tutta la storia della Chiesa e anche oggi “accade, a volte, di trovarci nell'incrocio di queste due logiche: quella dei dottori della legge, ossia emarginare il pericolo allontanando la persona contagiata, e la logica di Dio che, con la sua misericordia, abbraccia e accoglie reintegrando e trasfigurando il male in bene, la condanna in salvezza e l’esclusione in annuncio”. Ma la strada intrapresa dalla Chiesa, dal Concilio di Gerusalemme in poi, “è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione”.

Senza sottovalutare i pericoli o “fare entrare i lupi nel gregge”. La strada della Chiesa è “accogliere il figlio prodigo pentito; sanare con determinazione e coraggio le ferite del peccato; rimboccarsi le maniche e non rimanere a guardare passivamente la sofferenza del mondo”. La strada della Chiesa, prosegue Francesco, è quella “di non condannare eternamente nessuno” e di “uscire dal proprio recinto per andare a cercare i lontani nelle 'periferie'
dell’esistenza”.

Guarendo chi ha delle ferite, tra l'altro, Gesù libera dalla paura anche chi è sano “non gli procura un pericolo ma gli dona un fratello; non disprezza la Legge ma apprezza l’uomo, per il quale Dio ha ispirato la Legge”. Gesù libera i sani dalla tentazione del “fratello maggiore” della parabola del figlio prodigo, geloso della festa per il ritorno del fratello che aveva dilapidato tutto il patrimonio.

La carità, spiega Francesco ai nuovi cardinali cui durante il Concistoro di ieri aveva detto che l'Inno alla Carità di san Paolo doveva essere la cifra del loro ministero, non può essere neutra, indifferente, tiepida o imparziale!”. La carità, invece, “è creativa nel trovare il linguaggio giusto per comunicare con tutti coloro che vengono ritenuti inguaribili e quindi intoccabili”. Il contatto è “il vero linguaggio comunicativo, lo stesso linguaggio affettivo che ha trasmesso al lebbroso la
guarigione” e lo ha fatto diventare un annunciatore dell'amore di Dio.

Questa, invita Francesco i nuovi cardinali “è la logica di Gesù e la strada della Chiesa: non solo accogliere e integrare, con coraggio evangelico, quelli che bussano alla nostra porta, ma andare a cercare, senza pregiudizi e senza paura, i lontani”. “La totale disponibilità nel servire gli altri – aggiunge – è il nostro segno distintivo, è l’unico nostro titolo di onore!”.

Il papa ha esortato esplicitamente i porporati a servire la Chiesa in modo tale che “i cristiani – edificati dalla nostra testimonianza – non siano tentati di stare con Gesù senza voler stare con gli emarginati, isolandosi in una casta che nulla ha di autenticamente ecclesiale”. “Vi esorto – ha proseguito – a servire Gesù crocifisso in ogni persona emarginata, per qualsiasi motivo”.

“Sul vangelo degli emarginati – ha concluso papa Francesco -, si scopre e si rivela la nostra credibilità!”.

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