Le "visite di calore" un'occasione per un giro del mondo dentro la Chiesa universale
Si tratta di visite di cortesia per congratularsi con i cardinali per la nuova dignità alla quale sono stati elevati con l’imposizione della berretta rossa, ma sono più note con il termine antico di “visite di calore” per indicare l’affetto con il quale i neo-porporati vengono salutati da fedeli e familiari.
Abbracci, sorrisi, auguri, foto e anche qualche selfie: l’aula Paolo VI al pomeriggio del 14 febbraio si riempie di allegria e di colori, tra cui spicca il rosso delle vesti dei 14 cardinali che ricevono qui le visite dei propri “fan”.
Il neo-cardinale di Addis Abeba, mons. Souraphiel, è letteralmente avvolto dal verde, giallo e rosso della bandiera dell’Etiopia che un gruppo di fedeli entusiasti tiene alta dietro le sue spalle. Alcuni seminaristi intonano un canto di ringraziamento alla Madonna nella lingua nazionale, l’amarico.
Canti anche per il cardinale Gomes Furtado, vescovo dell’Arcipelago di Capo Verde, una delle più antiche diocesi africane. “Certo la mia famiglia è molto orgogliosa della nomina – dice ai giornalisti a caccia di dichiarazioni – ma è tutto il Paese ad esserne orgoglioso”. E deve essere vero che le famiglie a Capo Verde sono decisamente matriarcali perché ad attendere il cardinale per congratularsi con lui ci sono molte signore.
Il suo “dirimpettatio” di postazione, il cardinale Mafi, delle Isole Tonga è circondato da un tifo da stadio. Basta la sua famiglia di circa 25-30 persone a fare “massa”: vestiti degli abiti tradizionali del Paese, caratterizzati da ornamenti di paglia, cantano ad alta voce un inno che racconta di Gesù con gli apostoli. Un nipote che si chiama come il cardinale, Soane Patita Paini Mafi, porta al collo una foto di tutta la famiglia e indica orgoglioso la somiglianza con il “celebre” zio.
Anche nel giorno di festa i problemi di alcuni dei contesti da cui provengono i nuovi cardinali non riescono a stare fuori dalla porta: “La situazione è tragica – dice il cardinale Suarez Inda, vescovo di Morelia in Messico, un territorio funestato dalla lotta tra narcotraficanti, dalla violenza della polizia e la voglia di farsi giustizia dei gruppi di autodifesa popolare – ma non bisogna abbandonarsi al pessimismo”.
Tra la folla di fedeli che circonda il cardinale Montenegro, vescovo di Agrigento nel cui territorio è compresa Lampedusa, l’isola di approdo dei migranti alla quale Francesco ha dedicato la sua prima visita, c’è un gruppo di poveri arrivati insieme ai familiari del presule e delle donne africane che emettono il caratteristico suono per esprimere gioia. Secondo la stampa locale agrigentina, al momento di imporgli la berretta papa Francesco gli ha sussurrato: “Non si dimentichi di occuparsi dei poveri che ha servito tanto bene”.
“Servir al Senor con alegria”, “servire il Signore con gioia”, recita il motto episcopale dell’arcivescovo di Montevideo (Uruguay), il cardinale Sturla Berhouet, riportato sull’immaginetta- ricordo che molti tra i nuovi cardinali distribuiscono. E di certo il neo-cardinale non lesina sorrisi e cordialità ai fedeli in fila. Quando il giovane sacerdote uruguayano Aemilius Gonzalo, un amico di papa Francesco che ha additato ad esempio la scuola da lui fondata per i ragazzi di strada, gli porge il mate, la tipica bevanda sudamericana, l’accetta senza scomporsi e l’assapora soddisfatto: “Più del papa – commenta alludendo agli episodi nei quali il mate è stato offerto anche a Francesco -. Un po’ di energia serviva proprio…”.