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Nella vita di coppia prevale il perdono o il rancore?

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Anna Pelleri - Aleteia - pubblicato il 13/02/15
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Ottava tappa del percorso con don Vittorio FortiniSappiamo perdonare? Nella vita di coppia prevale il perdono o il rancore? Ultimo appuntamento prima di San Valentino con Don Vittorio Fortini che ci parla del perdono. 

Il perdono nella vita e nella coppia
Rettamente inteso, il perdono è l’espressione più alta dell’amore perché significa “il dono dei doni” o il “super-dono” ( è il superlativo del sostantivo “dono”), perciò il dono più grande: significa infatti “dare amore a chi non lo merita”.

Il perdono è sempre un atto profondamente personale, libero, gratuito. 

Ristabilisce le condizioni di grazia, proprie della pace della creazione perché riporta alla condizione della vita originale e del vero bene per ogni uomo.

Perdono “umano”
Una preziosa regola di vita che sintetizza la correttezza dell’agire è quella del “non fare agli altri quello che non vuoi fatto a te”. E’ una norma presente anche nella Scrittura nella forma positiva: “amerai il prossimo tuo come te stesso” (Lu. 19,18 e Mt. 22,39). La base di partenza è la considerazione della pari dignità di ogni persona.

Il concetto umano di giustizia vuole che sia rispettato il patrimonio di bene e di diritti che ogni uomo ha per se stesso e considera male o offesa ogni violazione di questo principio. Nella ricerca di giustizia come parità  fra l’offeso e offensore,  poco alla volta  sono invalsi comportamenti che non corrispondono al perdono, nonostante non manchino coloro che ritengono che  anche questi siano modi di perdonare. Sono comportamenti comuni e diffusi, ma  sempre espressioni “umane” di risposta, incapaci di esprimere i valori di bene e di male:

  • Mettiamoci una pietra sopra ”. Purtroppo non esiste la “dimenticanza volontaria!
  • Perdono “condizionato”: è la situazione di chi coglie l’occasione dell’errore altrui per rifarsi di eventuali torti e mettere sul piatto pretese o diritti inascoltati
  • Perdono come “vendetta dilazionata”:  per una, due, tre, volte si “perdona…”  ma non si può perdonare sempre!

La legge umana, non agisce nella logica dell’amore.  Nel migliore dei casi interviene perchè chi ha sbagliato si corregga e non danneggi più. Ma non basta! Tutti conosciamo il valore della rieducazione e del recupero; una persona non cambia per forza, ma per amore, se è amata! Altrimenti, una volta rimessa in libertà, non riesce a prolungare lo stile di vita aperto al bene.  E’ il perdono, vero amore, che va oltre le leggi, senza distruggerle, perché l’amore è sempre più grande di ogni legge.

Dalla legge umana a quella divina
Il perdono appartiene alla logica dell’amore; non c’è perdono senza amore. Ma l’amore è sempre una parola ambigua perché può essere letta in molti modi. Quante volte si scambia per amore il sentimento, l’attrazione.  L’amore è sempre una forza che spinge all’altro per il suo bene. Non è un fatto spontaneo , ma una scelta di vita, frutto di volontà. Si richiede sempre un impegno della volontà che può essere arricchita e completata anche dai sentimenti, per cui “io cerco e gioisco per il tuo bene! L’uomo che ama è sempre anche un “credente”, uno cioè che riconosce Dio e agisce  nella  propria vita come ha imparato da Lui.

Da Lui sappiamo che “non ci può essere un amore più grande che il dare la vita per la persona amata”(Gv. 15,13). Anche il perdono (=amore) è in questa logica! Perdono, che non calcola il male ricevuto con l’offesa, lo riconosce, ma che è tanto grande da essere superiore alla stessa offesa ricevuta.

Per limiti creaturali non siamo capaci di giungere ad un tale livello di dono di se stesso; ma ciò che da solo non può fare, Dio lo compie con la sua grazia e ha indicato la strada del perdono:  ha dato il suo Figlio  Gesù, che non ha esitato a rivelare il vertice dell’amore, donando la vita per noi, e questo “mentre eravamo lontani da Lui e suoi nemici”! (cfr. Rm. 5,8 ). E perché la potenza del suo amore non si limitasse solo a coloro che hanno avuto la gioia di conoscerLo e incontrarLo durante la vita terrena, ha voluto prolungare fino alla fine, attraverso i discepoli che si era scelti, la possibilità  per tutti di godere della  potenza del suo amore e del suo perdono. E’ il sacramento della remissione dei peccati. E’ libera iniziativa di Gesù che condensa la sua missione nella frase:  “Non sono venuto per i giusti, ma per i peccatori” ( Lc. 5,32).

Ogni volta che uno si confessa riceve una potenza di amore che lo rende  capace di vivere ancora in profonda comunione con Dio. La confessione più che un rito, è un gesto esteriore che manifesta la volontà  dell’uomo di lasciarsi raggiungere da Dio per ritrovare se stesso. E' la certezza dell’amore di Dio per noi che ci permette di non abbatterci di fronte alle nostre debolezze (abbatterci sarebbe il segno che confidiamo più in noi che in Dio!) e di riprendere a vivere nell’amore a Dio e al prossimo, come pienezza della nostra fede e della nostra umanità.  

Il perdono distrugge la colpa e dona nuova vita. Perciò ogni eventuale peccato commesso dopo il perdono, è sempre “la prima volta” perché il male precedente, distrutto dal perdono non c’è più, siamo resi “nuova creatura”. Diventa allora comprensibile la parola di Gesù a Pietro: “Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonarlo? Fino a sette volte?” e Gesù gli rispose “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette” (Mt.18,21-22).

Perdono nella coppia  
La sublimità dell’amore è sempre insidiata dalla povertà e dalla fragilità umana. Per quanto ricchi di amore è sempre possibile qualche “caduta di tono” frutto della stanchezza, delusione e fallimento… fino al “tradimento” della promessa, fatta con sincerità all’altro, anche davanti a Dio.

Chi per colpa ha rotto l’intima comunione d’amore, ha lacerato profondamente il cuore dell’altro. E’ una ferita mortale! Com’è possibile vivere ancora insieme dopo una prova del genere? E’ molto difficile dominare i sentimenti di delusione, di rabbia, di frustrazione… insieme alla voglia di vendetta. I tentativi “umani” sono certamente lodevoli, ma insufficienti. Fare leva sui figli, sui soldi/spese, sui mutui pattuiti, sul dispiacere delle famiglie di origine, sul prendersi un po’ di tempo per pensare… non basta.

Occorre fare ritorno a Colui  che ha chiamato all’amore e che non si stanca mai di amare, perché  sempre rinnova nell’amore. E’ la risorsa più grande perché agisce come Spirito creatore, che  apre il cuore al linguaggio del mondo interiore, quello più profondo e più vero perchè aiuta a ritrovare l’altro anche nella sua povera nudità e amarlo come Signore lo ama!

La fede riconosce che Dio è fedele e che non cambia parere neppure di fronte al male; crede che Dio continua a chiamare all’amore anche chi ha già disatteso la precedente chiamata. Anzi proprio questi sono i momenti nei quali si manifesta una fede vera. Chi percorre questa strada, ama l’altro per se stesso, anche se ha sbagliato perchè  possa a sua volta  ritrovare la via  del bene e della pace.  La pace fatta in ginocchio investe sulla grazia di Dio, che è da sempre e per sempre! Dio tutela il capolavoro della sue mani che è la coppia unita nell’amore.

I momenti di crisi sono occasioni importanti di verità e di verifica dell’amore; la capacità di perdono indica sempre  un amore vero e stimolo a dedicare le proprie energie a costruire una vera coppia, che affondi le sue radici nel perdono di Dio.
E’ nel fidanzamento che ci si allena ad affrontarli nel modo giusto, oltre che con la preghiera insieme, anche col  sacramento della confessione, senza dimenticare di mettere in atto tutte le risorse umane per ricostruire!

Quando invece ci sono dubbi fondati, paure, sfiducia… come se crollasse tutto, allora occorre esaminare su cosa è si costruito. Una “casa sulla sabbia” (Mt. 7, 26 ) non sta in piedi. Allenarsi al perdono, a dare amore quando l’altro non lo merita, fa crescere e ricostruisce l’amore. Il sacramento che alimenta e fa crescere bene un fidanzamento è quello della confessione perché è il sacramento della verità con se stessi, con Dio e con l’altro. E’ la scuola cui  attingere la speranza di un matrimonio che sia segno permanente e visibile dell’amore di Dio.