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Un super ministero della cultura al servizio del Papa?

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 11/02/15

La proposta del cardinale Ravasi nell'ambito del progetto di riforma della Curia romana

Un polo culturale che metta insieme le competenze degli attuali Pontifici consigli per la cultura e l'educazione e comprenda anche l'Accademia delle Scienze, i Musei vaticani, la Biblioteca apostolica, l'Archivio segreto vaticano, la Specola vaticana: nella partita della riforma della Curia romana, il cardinale Gianfranco Ravasi, attuale presidente del Pontificio Consiglio della cultura, mette sul tavolo la sua proposta.

Lunedì pomeriggio il presidente del dicastero della cultura è stato ascoltato dal Consiglio ristretto di cardinali – il c.d. C9 – voluto da papa Francesco per aiutarlo nel governo della Chiesa, che è al lavoro in Vaticano per l'ottava sessione di incontri sul progetto di riforma della Curia. Dei contenuti dell'incontro si sa solo, come ha riferito in un briefing con la stampa il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, che ha riguardato "ruolo e collocazione del dicastero". Fino ad oggi i rumors sul progetto di riforma, che dovrebbe prevedere l'accorpamento in due grandi aggregazioni dei pontifici consigli esistenti, non davano certezze sulla destinazione del dicastero della cultura.

Il cardinale Ravasi ha spiegato la sua idea in un'intervista video all'organo di notizie dei vescovi portoghesi Agencia Ecclesia proponendo: "un grande polo culturale al servizio delle comunità ecclesiali sparse nel mondo".

"Cultura ed educazione – ha affermato Ravasi – che sono attualmente due dicasteri vaticani distinti possono essere uniti in un'unica entità". In piena affinità di contenuti; infatti "la parola educazione viene dal latino 'educere', cioè 'trarre fuori', i valori di una persona e, quindi, la formazione. Istruire, la cultura, è, dall'altro lato, introdurre elementi, valori".

Secondo il presidente del Pontificio consiglio per la cultura "questo è un processo di trasformazione come avvenne con Paolo VI quando fece la riforma della Curia".

Si tratta di "una trasformazione ecclesiale, non burocratica" perchè "significa che la Curia romana non è più autoreferenziale, non solo perché arrivano membri di altre nazioni, senza avere sempre la prevalenza italiana". Con la riforma in atto, la curia romana "è concepita come una parte del ministero petrino, che ha la funzione di connettere in unità le chiese sparse e di servirle, aiutarle".

Attualmente la Curia romana – l'insieme di tutti gli organismi e gli uffici che coadiuvano il Papa nell'esercizio della sua missione – annovera tra le principali istituzioni una Segreteria di Stato, un segretariato per l'Economia, nove Congregazioni, tre Tribunali e dodici Pontifici Consigli. Il progetto di riforma ha lo scopo di snellire la struttura, armonizzando competenze e rendendo più efficaci le interazioni con le chiese locali.

Soprattutto, come sottolinea Ravasi nell'intervista, evitando di guardare alla Curia romana come a un soggetto di potere centrale che ha il compito di controllare le sedi periferiche, sul modello delle grandi banche. La riforma, invece, consiste nel "provare un diverso metodo di dialogo, il rapporto con le istituzioni, con le chiese, così anche con le culture di tutto il mondo".

E non a caso, ha concluso il presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, nel Concistoro di sabato 14 febbraio ci sarà la nomina di 20 nuovi cardinali "espressione di tante culture diverse a cui dobbiamo stare attenti".

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