Il bioeticista Larghero: rischio danneggiamento del materiale biologico, e una madre 50enne è il frutto della medicina dei desideri
Ok all’impianto in una donna di embrioni congelati 19 anni fa, anche se il marito è morto nel 2011. È la decisione, di cui apprende l’agenzia Ansa (10 febbraio), del tribunale civile di Bologna. Accogliendo il reclamo di una 50enne del Ferrarese, dopo che il suo ricorso era stato rigettato in primo grado, i giudici ora ordinano al policlinico Sant’Orsola di provvedere immediatamente all’impianto degli embrioni prodotti con fecondazione assistita nel ’96, prima della legge 40, e da allora crioconservati (Corriere della Sera, 10 febbraio).
LE CONDIZIONI PER LA CRIOCONSERVAZIONE
Il collegio della prima sezione civile (Betti, Squarzoni, Gaudioso) si riferisce nell’ordinanza proprio alla legge 40 del 2004, che in Italia vieta la crioconservazione di embrioni – se non nel caso in cui la donna, dopo la fecondazione, non possa procedere all’impianto per gravi motivi di salute – ma regola anche con linee guida le procedure di fecondazione intraprese prima della sua entrata in vigore, come nel caso della coppia (Il Messaggero, 10 febbraio).
I DIRITTI DELLA DONNA
Per i giudici, che per giudicare il caso specifico si rifanno a tali linee guida «in caso di embrioni crioconservati, ma non abbandonati, la donna ha sempre il diritto di ottenere il trasferimento» (La Stampa, 10 febbraio).
EMBRIONI A RISCHIO DANNEGGIAMENTO
Al di là dell’esito legale persistono in queste vicende due lacune di tipo medico e bioetico che approfondiamo con Enrico Larghero, Direttore di Bioetica News – Rivista del Centro Cattolico di Bioetica-Arcidiocesi di Torino e Vice Direttore del Centro Cattolico di Bioetica – Arcidiocesi di Torino. «Prima di tutto da un punto di vista medico – evidenzia Larghero – bisogna valutare dopo 19 anni il deterioramento del materiale biologico. Cioè c’è la certezza che non ci siano danneggiamento degli embrioni?».
BAMBINI PIU’ DELICATI
Lo scongelamento è un passaggio «che può creare problemi, dimostrati anche scientificamente, con la nascita di bambini più delicati, più soggetti a malattie, malformazioni e anche con problemi di tipo psicologico. Anche la vita pre-natale ha la sua importanza, non è un momento inerte. Ma questo la pratica della crioconservazione, e più in generale la fecondazione in vitro, non ne tiene conto».
I PROBLEMI DI UNA NEO-MAMMA CINQUANTENNE
Ai limiti scientifici della prassi di crioconservazione, Larghero ne affianca sopratutto uno di carattere bioetico. «Stiamo passando sempre più con semplicità da una medicina dei bisogni ad una medicina dei desideri. Cioè impiantiamo embrioni ad una donna di 50 anni. Al di là della tecnica utilizzata da cui dissento – conclude – spostiamo sempre più in avanti l’età biologica per diventare mamma, creando in questo modo un problema di ordine naturale».