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La tua idea dell’amore viene da Dio o dalle telenovele?

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Emily Brandenburg - Aleteia - pubblicato il 11/02/15

3 domande da porsi prima di sposarsi e qualche buon consiglio

Molte persone si allontanano dal vero amore perché pensano che debba essere qualcosa di simile alle storie romantiche descritte nelle telenovele o nei film di Hollywood. “Lui/lei non mi rende felice nel modo che sognavo”… “Non ho mai provato quella sensazione intensa e chiara che lui/lei fosse la persona della mia vita”…

La nostra società sembra dire che un bel giorno ci risveglieremo e vedremo un arcobaleno sopra al nostro letto che ci porta all'incontro con la “persona della nostra vita”. Queste divagazioni che crollano a terra dopo essersi trovati faccia a faccia con la realtà del matrimonio portano anche molti single a sposarsi per i motivi sbagliati.

“Sento che lui/lei è la persona della mia vita”… “Non posso vivere senza lui/lei”… Si tratta di sentimenti trascinanti e meravigliosi, ma non sono altro che questo: meri sentimenti.

Che ne dite di qualche semplice riflessione per capire se la nostra idea dell'amore viene da Dio o dalle telenovele?

1. I sentimenti non sono la realtà

Nello stesso istante in cui i sentimenti finiscono, è molto facile iniziare a dubitare. “Un buon rapporto non può essere difficile come questo”… “Il rapporto mi dovrebbe rendere felice”…

Papa Francesco ha detto ai fidanzati: “Vi state preparando a crescere insieme, a costruire questa casa, per vivere insieme per sempre. Non volete fondarla sulla sabbia dei sentimenti che vanno e vengono, ma sulla roccia dell’amore vero, l’amore che viene da Dio”.

Dobbiamo fondare la nostra decisione di sposarci su una solida riflessione, che include il fatto di pensare con obiettività se quella persona ci sfida ad essere migliori o meno.

2. Non sarai forse innamorato di te stesso?

Se ogni atto che compiamo si basa sui nostri capricci e sui nostri desideri, e se aspettiamo che qualcuno si innamori del nostro egoismo, è ora di cambiare rotta. L'amore vero non è sinonimo di ottenere tutto ciò che vogliamo. Non possiamo aspettarci che il nostro coniuge sia un poster che si inserisce perfettamente nella nostra cornice prefabbricata.

3. Ma allora cos'è il vero amore?

Il vero amore è sinonimo di sacrificio personale. San Giovanni Paolo II diceva che l'amore tra un uomo e una donna non può essere costruito senza sacrifici e abnegazione personale.

Lo scrittore Matthew Kelly ha aggiunto che “l'amore è la volontà di adattare i nostri progetti personali, desideri e impegni al bene della relazione. Amore e gratificazione rimandata. L'amore è dolore. L'amore è avere la capacità di vivere e di prosperare da solo, e nonostante questo scegliere di essere unito”.

Ogni relazione attraversa qualche turbolenza. Il Catechismo ci dice che il male si fa sentire nelle relazioni tra l'uomo e la donna. La confusione che percepiamo così dolorosamente non proviene dalla natura dell'uomo e della donna, né dalla natura dei loro rapporti, ma dal peccato originale. 

Abbiamo bisogno, ovviamente, di discernere quale sia il grado di confusione presente nella nostra relazione, ma questa confusione o disordine si manifesta, in qualche modo, anche nelle relazioni più salutari.

Il problema può essere quindi il peccato, e non la relazione in sé. Tendiamo a precipitare e a concludere che se una relazione ha problemi è perché la relazione stessa è un problema.

A volte, può non valere la pena di portare avanti una relazione, ma in una relazione salutare e vissuta in conformità a Dio alcuni problemi sono normali perché il peccato si manifesta in tutte le relazioni. Ogni relazione ha i suoi alti e bassi.

Sorprendentemente, il vero amore include la sofferenza. Matthew chiede: “Sei disposto a soffrire per amore? Quanto sei disposto a soffrire per avere una relazione veramente meravigliosa? Sei pronto a mettere da parte tutti i tuoi capricci, desideri e fantasie per perseguire qualcosa di meglio?” Le relazioni hanno a che vedere non con l'idea di essere perfetti e felici tutto il tempo, ma con la necessità di saper perdonare. Papa Francesco ci ricorda che nessuno è perfetto e che la chiave della felicità è il perdono.

“Il matrimonio è anche un lavoro di tutti i giorni”, ha aggiunto il papa; “potrei dire un lavoro artigianale, un lavoro di oreficeria, perché il marito ha il compito di fare più donna la moglie e la moglie ha il compito di fare più uomo il marito”.

Una lamentela comune è che uno dei coniugi cerca sempre di “cambiare” l'altro. Il cambiamento è positivo se ci rende più santi. Ad esempio, chiedere all'altro di bere meno negli incontri sociali può essere inteso come un tentativo di forzare un cambiamento indesiderato, ma quel cambiamento è positivo perché ci rende persone migliori.

4. Perché sposarsi se il matrimonio comporta sofferenza e lavoro?

Perché il matrimonio ci aiuta ad essere persone migliori. Ci aiuta a superare il nostro assorbimento, l'egoismo, la ricerca del piacereindividualistico; aiuta ad aprirsi all'altro, promuove ed esige il sostegno reciproco e il dono di noi stessi, come ci insegna il Catechismo.

“Giovani, non abbiate paura di sposarvi: uniti in un matrimonio fedele e fecondo, sarete felici”, ha esortato papa Francesco. Come ultima riflessione, il matrimonio con un coniuge che è il nostro migliore amico e che condivide l'amore per Dio porterà felicità anche nella sofferenza e nel lavoro.

Che ne dite di esaminare in modo sincero il grado di realtà della nostra idea di amore? Il nostro punto di vista sull'amore vero alla fine viene da Dio o dalle telenovele?

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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