Nel 1597 subirono una sorte atroce, ma andarono al patibolo cantando
La Chiesa Cattolica festeggia domani liturgicamente, ma oggi – il 5 febbraio – è l’anniversario del martirio del gruppo di cristiani noti come Santi Martiri Giapponesi (gruppo meglio noto come: San Paolo Miki e 25 compagni). Essi furono un gruppo di sacerdoti, religiosi e laici indigeni del Giappone, nonchè alcuni missionari spagnoli e portoghesi, i primi ad effondere con il loro sangue questa terra in testimonianza della fede in Cristo, nel 1597 a Nagasaki.
La prima comunità cattolica del Giappone fu fondata a Kagoshima nel 1549 dal gesuita San Francesco Saverio, patrono delle missioni, giuntovi dall’India con due confratelli ed un neofita, il nobile guerriero Anjiro, che aveva ricevuto il battesimo con un suo amico ed un suo servo. In due anni il grande santo fondò altre comunità nell’isola Hirado, a Bungo ed a Yamagushi, da cui il cristianesimo si diffuse in altri centri, compresa la capitale Miyako, con il favore dei signori feudali. Per oltre quarant’anni il cristianesimo godette di ampia libertà e continuò perciò la sua marcia, facilitata da conversioni collettive, proprie del sistema feudale, in cui i sudditi sono spinti ad imitare l’esempio dei propri signori. Nel 1587 i cattolici avevano già raggiunto la cifra di ben 205.000 unità ed erano assistiti da 43 sacerdoti, coadiuvati da altri 73 tra chierici e fratelli, 47 dei quali di nazionalità giapponese.
L’ostilità da parte delle autorità giapponesi nei confronti del Cattolicesimo è dovuta al rifiuto da parte dei Gesuiti di una nave per una spedizione militare giapponese in Corea, l’opposizione delle vergini cristiane a divenire concubine dell’imperatore e il timore dell’influsso straniero con l’aumento dei cattolici, fino a temere addirittura l’invasione da parte degli Spagnoli.
Oggi la Chiesa cattolica in Giappone è piccola ma molto rispettata.
Dalla "Storia del martirio dei santi Paolo Miki e compagni" scritta da un autore contemporaneo:
Piantate le croci, fu meraviglioso vedere in tutti quella fortezza alla quale li esortava sia Padre Pasio, sia Padre Rodriguez. Il Padre commissario si mantenne sempre in piedi, quasi senza muoversi, con gli occhi rivolti al cielo. Fratel Martino cantava alcuni salmi per ringraziare la bontà divina, aggiungendo il versetto: "Mi affido alle tue mani" (Salmo 30, 6). Anche Fratel Francesco Blanco rendeva grazie a Dio ad alta voce. Fratel Gonsalvo a voce altissima recitava il Padre nostro e l’Ave Maria. Il nostro fratello Paolo Miki, vedendosi innalzato sul pulpito più onorifico che mai avesse avuto, per prima cosa dichiarò ai presenti di essere giapponese e di appartenere alla Compagnia di Gesù, di morire per aver annunziato il vangelo e di ringraziare Dio per un beneficio così prezioso. Quindi soggiunse: "Giunto a questo istante, penso che nessuno tra voi creda che voglia tacere la verità. Dichiaro pertanto a voi che non c’è altra via di salvezza, se non quella seguita dai cristiani. Poiché questa mi insegna a perdonare ai nemici e a tutti quelli che mi hanno offeso, io volentieri perdono all’imperatore e a tutti i responsabili della mia morte, e li prego di volersi istruire intorno al battesimo cristiano". Si rivolse quindi ai compagni, giunti ormai all’estrema battaglia, e cominciò a dir loro parole di incoraggiamento. Sui volti di tutti appariva una certa letizia, ma in Ludovico era particolare. A lui gridava un altro cristiano che presto sarebbe stato in paradiso, ed egli, con gesti pieni di gioia, delle dita e di tutto il corpo, attirò su di sé gli sguardi di tutti gli spettatori. Antonio, che stava di fianco a Ludovico, con gli occhi fissi al cielo, dopo aver invocato il santissimo nome di Gesù e di Maria, intonò il salmo Laudate, pueri, Dominum, che aveva imparato a Nagasaki durante l’istruzione catechista; in essa infatti vengono insegnati ai fanciulli alcuni salmi a questo scopo. Altri infine ripetevano: "Gesù! Maria!", con volto sereno. Alcuni esortavano anche i circostanti ad una degna vita cristiana; con questi e altri gesti simili dimostravano la loro prontezza di fronte alla morte. Allora quattro carnefici cominciarono ad estrarre dal fodero le spade in uso presso i giapponesi. Alla loro orribile vista tutti i fedeli gridarono: "Gesù! Maria!" e quel che è più, seguì un compassionevole lamento di più persone, che salì fino al cielo. I loro carnefici con un primo e un secondo colpo, in brevissimo tempo, li uccisero
(Cap. 14, 109-110; Acta Sanctorum Febr. 1, 769).
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