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Donne divorate dai lupi: le vittime di tratta

Prostitute soliciting – it

Nils Hamerlinck

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 04/02/15

L’8 febbraio la prima giornata internazionale contro il traffico di esseri umani. La voce di suor Gandini, animatrice di un’unità di strada a Palermo

Santa Giuseppina Bakhita era una schiava sudanese, poi liberata e diventata canossiana: chi meglio di lei può rappresentare la piaga della schiavitù che l’evoluzione del diritto e delle società ha relegato nel XVIII secolo mentre la miseria e l’avidità umana hanno fatto tornare in vigore nel XXI? E’ per questo che l’8 febbraio, festa di Bakhita, sarà celebrata la prima Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta – “Accendi una luce contro la tratta” (www.a-light-against-human-trafficking.info) – promossa dalle Unioni internazionali femminili e maschili dei religiosi. Si stima che siano circa 21 milioni le persone nel mondo vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale, lavoro forzato, servitù domestica, matrimonio forzato e persino per espianto di organi. Si tratta di un commercio che assicura enormi guadagni – circa 32 miliardi di dollari l’anno -, cifra che lo pone al terzo posto tra i business più redditizi dopo il traffico di droga e di armi. Il 70 per cento delle vittime sono ragazzi e donne che subiscono violenze inaudite, come quelle che incontra suor Valeria Gandini.

LA MISSIONE SULLA PORTA DI CASA

Sudan, Etiopia e poi Uganda: suor Valeria Gandini, nella sua attività di missionaria comboniana ne ha viste di situazioni difficili. Eppure niente l’aveva preparata a quanto avrebbe trovato rientrando in Italia per un periodo di riposo. Nel 1989, alla Caritas di Verona cercavano una suora che potesse dare una mano nell’accogliere le ragazze africane che cominciavano ad apparire lungo le strade della città.

“Abbiamo scoperto donne, meglio, ragazzine, – racconta suor Valeria -che venivano al centro di ascolto per parlare, chiedere lavoro e facevano intuire una realtà spaventosa: tratta per lo sfruttamento della prostituzione. All’inizio è stato molto difficile: io non volevo a crederci”. I sei mesi di suor Gandini a Verona sono diventati 20 anni, accanto a ragazze prostituite che hanno continuato a crescere di numero. Poi, cinque anni fa, il trasferimento a Palermo, di nuovo in aiuto alla Caritas. Prima un corso di formazione aperto a tutti per tentare di capire meglio il fenomeno, con l’aiuto del Gruppo Abele di Torino e la Caritas di Roma, e poi le unità di strada, con altre tre suore comboniane.

LA FABBRICA DEL SESSO A PAGAMENTO

All’inizio, certo, la paura c’è “ma le ragazze – spiega sr. Valeria – quando vedono una suora accorrono e ci salutano ‘ciao mamma’. Sono ‘avide’ di qualcuno che le avvicini con una parola gentile, di cui si possano fidare: di solito vedono solo clienti e sfruttatori”.

La strada funziona come una fabbrica: c’è un turno al mattino e uno alla sera. E le suore sono lì, al mattino e alla sera, per incontrare le prostitute schiave. “Hanno un orario per uscire e uno per rientrare e il pezzo di strada dove sono costrette a vendersi, è tutto quanto vedono della città. Non si muovono da lì” spiega suor Valeria disegnando un orrore che si consuma a pochi passi dalle nostre vite impegnate.

“Non ci dicono molto perché sono sempre controllate, a vista. Mentre parliamo arrivano messaggi e squilli all’unica del gruppo che è dotata di cellulare. Noi offriamo amicizia: portiamo acqua fresca d’estate e tè caldo d’inverno. Ci aspettano soprattutto per pregare insieme. A tutte diamo il numero di telefono per contattarci. Se riescono a scappare possono trovarci”.

LA RETE DI TALITHA KUM

In cinque anni le suore sono riuscite ad aiutare a sfuggire agli sfruttatori una decina di ragazze, 11, precisa sr. Valeria che ha in mente tutti i volti e i nomi. “Sono troppo poche, lo so” dice quasi scusandosi. Esiste un sistema di centri di aiuto che fa capo alle rete internazionale delle religiose di Talitha Kum contro la tratta di persone e ad altre organizzazioni, che si struttura in case rifugio per la prima accoglienza e centri per il recupero e il reinserimento sociale, quasi sempre fuori dall’isola per sottrare le donne alla minaccia degli sfruttatori che tentano in ogni modo di riprenderle.

PATTI SIGILLATI DAL VOODOO

Le ragazze africane che suor Valeria e le sue compagne incontrano sono quasi tutte nigeriane, mentre le europee vengono prevalentemente dall’est e in particolare dalla Romania. Alle spalle hanno sempre storie di grande povertà e l’esca di un lavoro onesto. Alcune di loro hanno studiato, preso il diploma e il miraggio di un lavoro e di una vita migliore è allettante. Sembra impossibile che si fidino delle promesse dei mercanti di donne dopo che i giornali e i mass media hanno cominciato a raccontare le loro storie, ma esistono ancora zone dove certe notizie non arrivano. Le giovani si accorgono della trappola già durante il viaggio, prima di arrivare in Italia, ma ormai è tardi, senza poter disporre dei documenti trattenuti dai loro aguzzini. E poi ci sono le minacce nei confronti dei familiari rimasti a casa. “Le ragazze che vengono dall’Africa – spiega suor Valeria -, prima di arrivare hanno stretto giuramenti sigillati dal voodoo in base ai quali, in cambio del biglietto di viaggio e dei documenti, per tre mesi devono corrispondere i loro guadagni e impegnarsi a non farne parola”.

IN MANO AI LUPI

“Una volta qui – aggiunge – sono schiave, piene di paura e soprattutto di vergogna. Sulla strada, esposte a tutti, dai ragazzini sciocchi ai vecchi depravati”. “Sono in mano ai lupi!” esclama sgomenta sr. Valeria. “Le divorano letteralmente. Tante volte portano via i soldi che hanno guadagnato, le picchiano. Le incontriamo che hanno lividi e segni sul viso e ci dicono: “siamo cadute”. C’è una sofferenza che non riusciamo a capire fino in fondo. E’ una forma di schiavitù moderna che distrugge. Toglie la libertà e la dignità delle persone. Anche ai clienti, che sono i padroni”.

UNA LETTERA AI “CLIENTI”

I clienti delle prostitute in Italia si stima siano 9 milioni. Le suore di Palermo hanno scritto una lettera per loro, per raccontare una verità – quella delle donne sulla strada – che forse fingono di non vedere. Portano la lettera nelle scuole, negli incontri di sensibilizzazione organizzati dalle parrocchie, e a qualche uomo la consegnano a mano, quando vanno a trovare le ragazze e li incrociano.

E loro che dicono? “Niente. Testa bassa e sguardi sfuggenti. E’ una forma di dipendenza. A volte i giovani rubano soldi ai propri genitori per portarli alle ragazze. Sanno che il denaro finirà ad altri, ma non riescono a farne a meno. Anche persone anziane. Un uomo di 74 anni cercava una ragazzina portata via in una retata della polizia. Voleva che telefonassi al Cie si Ponte Galeria per riavere ‘sua figlia’, diceva che non poteva rimanere senza di lei”. E’ difficile sapere se si ottengono risultati con loro. Troppi silenzi avvolgono ancora questa ricerca di sesso clandestino.

METTERE IN PIAZZA IL PROBLEMA

Anche nelle famiglie. “Magari la moglie sospetta che il marito vada dalle prostitute o che lo faccia il figlio, ma non se ne parla. Invece bisogna mettere tutto in piazza”, afferma sr. Valeria senza mezzi termini. Poi, aggiunge contando sulle dita:” serve la formazione, far conoscere il problema, e la prevenzione, con l’intervento delle forze dell’ordine e dello Stato per bloccare lo sfruttamento. Gli sfruttatori, i mercanti, devono essere puniti”. E’ questo il punto: “Noi lavoriamo per curare le ferite, ma dobbiamo fermarci davanti alla realtà di ragazze che non possono denunciare i criminali per non compromettere le famiglie. Bisogna fare di più riguardo ai clienti e ai magnaccia”.

“E anche voi giornalisti avete un compito – mi saluta suor Valeria -: fate conoscere questa realtà di miseria per quello che è. Non vogliamo più leggere che queste ragazze lo fanno per denaro e per avere la bella vita. Non è vero. E’ schiavitù”.

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tratta delle persone
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