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Quando i cattolici si dividevano sulla legge Merlin

La legge Merlin 57 anni fa

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 30/01/15

57 anni fa il via libera del Parlamento alla normativa che chiudeva le "case di tolleranza"

Mentre oggi si riparla di modifiche alle norme contro la prostituzione e in alcune regioni, come la Lombardia, i cattolici fanno muro contro il referendum sulla possibilità di riaprire le cosiddette “case di tolleranza” (conosciute ai più come “case chiuse”), 57 anni fa, e precisamente il 29 gennaio 1958, veniva approvata una delle leggi più longeve nella storia della Repubblica Italiana. Stiamo parlando della legge Merlin che incassava il voto favorevole della maggioranza alla Camera dei Deputati, ma con molti dissidenti nei partiti che l’avevano sostenuta tra cui la Democrazia Cristiana.

PUNIZIONE DOPPIA
La legge stabiliva entro sei mesi dall’entrata in vigore la chiusura delle case di tolleranza, l’abolizione della regolamentazione della prostituzione in Italia e l’introduzione di una serie di reati intesi a contrastare lo sfruttamento della prostituzione altrui. La normativa, proibendo l’attività delle “case da prostituzione”, puniva sia lo sfruttamento sia il favoreggiamento della prostituzione, in particolar modo “chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui”.

L’OK DI SCELBA
Ma questa legge come fu accolta all’epoca negli ambienti vicini alla Chiesa e sulla stampa italiana? Intanto il dibattito era già incandescente alcuni anni prima. Si inizia a parlare di legge Merlin nel 1949. In quell’anno un democristiano cattolico come il ministro Mario Scelba ammette: «Il problema delle case di tolleranza, una volta posto di fronte alla coscienza pubblica e di fronte al Parlamento, non può che essere risolto in senso positivo: con l’abolizione del regolamento statale per la prostituzione» (La Stampa).

L’INDUSTRIA DEL VIZIO
Di fronte all’intransigenza di Scelba, il settimanale Il Mondo (7 maggio 1949) in un articolo dal titolo “La grande industria del vizio”, «valuta in termini positivi la prospettata chiusura dei postriboli ma richiama alla prudenza, invocando “un certo gradualismo” e consigliando di procedere prima con “esperimenti parziali”, limitati ad alcune regioni» (Il progetto Merlin e l’Italia degli anni Cinquanta, Sandro Bellassai, 2006). 

“IO, PURO AL MATRIMONIO”
Nel settembre 1949 il senatore democristiano Tartufoli Amor prende una posizione netta a favore della legge Merlin, motivandola così: «Nove benedizioni di Dio sono entrate nella mia casa e sei nipotini la stanno allietando. Io parlo in nome dell’angoscia che tiene il cuore di un padre quando ha numerosi figli, parlo in nome dell’esempio che posso aver dato ad essi per esser giunto al matrimonio in situazione di perfetta purezza…». 

CASE CHIUSE CONTRO LA SOLITUDINE DEI MARINAI
Nel 1950 la legge viene approvata in Senato, ma la legislatura è in dirittura d’arrivo. Le Camere si sciolgono e l’iter è tutto da rifare nella successiva legislatura. Intransigente, la senatrice socialista (rieletta) Lina Merlin rilancia il suo progetto di legge. Ma negli ambienti cattolici di area democristiana iniziano a registrarsi posizioni meno uniformi sul sostegno alla legge. Il senatore Mario Riccio della Dc, parlando a difesa della legge Merlin evoca la solitudine dei marinai «che, a volte dopo mesi di crociera, giungono in massa al porto e ovviamente sognano il lupanare…».

PROSTITUTE IMBECILLI
Il collega democristiano Michele De Pietro, palesa la sua contrarietà e sventaglia uno studio piuttosto inquietante: «Ci sono delle ricerche sui valori mentali delle prostitute. Così quelle raccolte dal Bonhofer, dalle quali risulta che su 100 prostitute, 31 sono idiote, 13 epilettiche o isteriche, 21 alcolizzate, 1 paralitica e 32 intellettualmente normali. Il De Sanctis, su 28 prostitute romane da lui psicologicamente studiate, trovò tre deficienti gravi, 7 deficienti di medio grado, 13 di mediocrissima intelligenza e 5 normali» (Stampa Sera). 

A DIFESA DELLA SALUTE DEI CITTADINI
La Stampa (18 novembre 1949) in un commento dal titolo “I bordelli difendono la salute dei cittadini”, parla di prostituzione come «male insopprimibile, come lo è il suo sfruttamento: i tenutari delle case private sono gli sfruttatori più infami. Quanto poi a quello che taluni vogliono definire un “vizio” per lo stesso motivo si potrebbe definire vizio anche il mangiare, e, caso mai, va estirpato con mezzi più ampi. Non è dunque con una “leggina” che si cambia la fisiologia umana e si affronta la lotta con le malattie veneree!». 

BORDELLI SONO FEDE, PATRIA E FAMIGLIA
Indro Montanelli nel 1956 si schiera contro la Merlin, pubblicando un pamphlet polemico intitolato Addio, Wanda! in cui scrive fra l’altro: «I bordelli sono la sicura garanzia dei tre fondamentali puntelli italiani: la Fede, la Patria e la Famiglia (…) La famiglia, la famiglia all’italiana, funziona solo finché le figlie sono vergini, cioè finché hanno dinanzi agli occhi lo spauracchio del lupanare, in caso di “deviazione”. Il giorno in cui ad esse si conceda di “vivere la loro vita” senza timor di finire in quei serragli, l’Italia è destinata a diventare uno di quei paesi protestanti, dove la condizione di “vergine” non esiste, come non esiste quella di “puttana”, tutte le donne essendo accomunate in un limbo intermedio; e dove non esiste più la famiglia, le sue mansioni essendo state assorbite dalla “società”».

LA MORALITA’ E LO SCIOPERO DELL’EX SEMINARISTA
Come Montanelli, anche il settimanale Il Tempo (“Dilagherà la prostituzione girovaga”) ed Epoca (“E i soldatini come si toglieranno il peso della carne?”) nel 1958 usciranno con delle dure prese di posizione contro la Merlin. Fa rumore, come riporta La Stampa di mercoledì 9 luglio 1958 la protesta di un ex seminarista di 25 anni, il sardo Franz Moro, che per impedire la chiusura dei bordelli digiunerà fino al 20 settembre: «La mia opposizione alla legge Merlin si fonda su ragioni sanitarie, storiche, di costume. Ritengo inoltre che le ospiti di quelle case finiranno tutte sui marciapiedi in modo che sarà ancor più difficile proteggerle e salvaguardare nel contempo la pubblica moralità». 

ANDATE E NON PECCATE PIU’
Tra le voci cattoliche Dc si ricorda l’esultanza di Valandro Gigliola: «E a ciascuna di quelle nostre sorelle infelici più che colpevoli diciamo: finalmente sei libera, va’, sii felice, e non peccare più». 

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