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Gli evangelici sono più cattolici di quanto immaginano

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Philip Jenkins - pubblicato il 23/01/15

Tutti i cristiani si basano sulla tradizione e non solo sulla Bibbia

La tradizione è importante.

Come dichiarazione sulle basi della dottrina della Chiesa, questo commento può non suonare molto sorprendente. Per i fedeli cattolici e ortodossi è abbastanza ovvio, ma evoca anche un grande paradosso esistente nel pensiero di una consistente e influente porzione di cristiani di tutto il mondo: gli evangelici. Per quanto possano restare sorpresi e perfino scioccati sentendo o leggendo questo, il fatto è che gli evangelici sono molto più cattolici di quanto credono.

Gli evangelici si gloriano di basare la propria fede solo sulla Bibbia. Questo, alla fin fine, è il nucleo della dottrina della sola scriptura, proposta dalla riforma protestante. Se accompagnate un dibattito evangelico, vedrete che la questione non ci mette quasi niente ad emergere: “Dov'è questa affermazione nella Bibbia? Indichi il capitolo e il versetto”.

Ed è lì il problema. Gli evangelici credono in dottrine centrali della fede che non si possono basare semplicemente sulla Scrittura, perché si sono sviluppate nella tradizione della Chiesa. Dopo aver formulato una convinzione, se si vuole, è possibile prendere versetti biblici per sostenerla, ma non si arriverebbe mai a quelle posizioni dottrinarie solo attraverso le Scritture.

L'esempio più ovvio è la Trinità, che gli evangelici considerano una convinzione fondamentale per qualsiasi cristiano. Questa non appare tuttavia in modo esplicito nella Bibbia. La sua unica base biblica è quella che è diventata nota come “le parentesi giovannee”, una menzione apertamente trinitaria fatta in 1 Gv 5, 7-8, passo consacrato nel testo della Bibbia di re Giacomo del 1611. Gli studiosi, però, sanno da secoli che quelle parole sono state inserite in modo molto tardivo nel testo originale. Nessuno scrittore serio le cita oggi come autentiche.

Mettere da parte quelle parentesi non suscita alcuna difficoltà per chi crede nella Trinità, una dottrina assai radicata nella tradizione della Chiesa. La dottrina è stata abbracciata dai cristiani nel II secolo, in particolare da padri apostolici come Ignazio e Giustino Martire. Parlare di tradizione della Chiesa non significa, è chiaro, che queste figure abbiano inventato dottrine per soddisfare i propri propositi oscuri. Al contrario, come i teologi cattolici e ortodossi hanno sempre sottolineato, la Chiesa è stata ed è guidata dallo Spirito Santo. Senza questa convinzione nel potere della tradizione continua, però, come si potrebbe giustificare la stessa dottrina della Trinità?

Niente tradizione della Chiesa, niente Trinità.

Per gli evangelici è fondamentale anche la convinzione dell'incarnazione di Cristo. Il Nuovo Testamento ci permette di formarci delle idee, è chiaro, sulla divinità di Cristo e sul fatto che sia diventato uomo. Basarsi su questi testi biblici ha dato però ai primi credenti un enorme margine di manovra per quanto riguarda la comprensione di quale fosse la relazione tra l'umano e il divino. Cristo era letteralmente Dio che camminava sulla terra in forma umana? O la divinità è “scesa” su Gesù in qualche momento della sua vita terrena, presumibilmente nel Battesimo, per poi abbandonarlo al momento della crocifissione? I cristiani hanno discusso di queste dottrine complesse nel corso dei secoli e sono state stabilite solo nel Concilio di Calcedonia del 451. In altre parole, si tratta di una dottrina definita attraverso il dibattito in seno alla Chiesa, con base nella Scrittura e nella tradizione, sotto l'orientamento dello Spirito Santo.
Niente tradizione della Chiesa, niente dottrina dell'Incarnazione.

I protestanti hanno sempre nutrito grande stima per la Chiesa delle origini. Illustri studiosi evangelici hanno pubblicato opere sui primi padri. In inglese, ad esempio, la casa editrice evangelica IVP ha presentato una splendida serie di volumi dal titolo Ancient Christian Commentary on Scripture [Commenti del cristianesimo delle origini sulle Scritture]. Detto ciò, gli evangelici rifiutano ancora l'uso della saggezza della Chiesa dei primi secoli per stabilire la dottrina.

Ma supponiamo che essi riconoscano la realtà e ammettano che le dottrine fondamentali, come quella della Trinità, sono di fatto basate sulla tradizione della Chiesa primitiva. E come definiscono il significato di questa “primitiva”? Vedono l'opera dello Spirito Santo ancora in azione prima del Concilio di Nicea, nel 325, o estendono questo periodo fino a quello di Calcedonia, nel 451, com'è necessario nel caso in cui vogliano accettare l'Incarnazione? E se accettano anche le idee di Sant'Agostino come dotate di autorità, questo ci porta a considerare che la tappa della storia della Chiesa considerata come primitiva si estende fino al V secolo.

Se gli evangelici si avventurano nel IV e nel V secolo, però, significa che di fronte a loro c'è una Chiesa “inquietantemente” medievale e perfino cattolica. Si trattava di una Chiesa gerarchica, con idee già solide sulla costituzione del clero e con regole definite sul celibato clericale e sul monachesimo. A partire dal II secolo, oltre a questo, le idee sul ruolo della Vergine Maria nella storia della Redenzione sono diventate sempre più popolari e tradizionali nella Chiesa. Queste idee, forse, sarebbero meno dotate di autorità di altre come quella della Trinità?

Allora perché non Maria?

Credo che gli evangelici dovrebbero essere più espliciti circa la loro visione della tradizione. Affrontando questo aspetto non voglio metterli al muro, ma suggerire che noi, cristiani di ogni sfumatura, siamo già molto più vicini all'unità dottrinale di quanto si immagina.

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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