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Papa Francesco e l’Humanae Vitae

Conclusion of the Synod & Beatification Pope Paul VI – Pope Francis 19-10-2014 – Antoine M – 17 – it

© Antoine Mekary / Aleteia

Miguel Cuartero Samperi - Testa del Serpente - pubblicato il 21/01/15

Bergoglio ha sottolineato la visione profetica di una delle encicliche meno capite del mondo cattolico

Il Papa Francesco ha ribadito in modo chiaro l’importanza, per la famiglia cristiana, del documento Humanae Vitae del papa Paolo VI. Lo ha fatto durante il suo viaggio in Filippine, nel discorso pronunciato all’incontro con le famiglie al Mall Of Asia Arena di Manila (qui il discorso completo, da non perdere!).

Pubblicata il 25 luglio del 1968, nel pieno della cosiddetta “rivoluzione sessuale”, la lettera enciclica scritta da papa Montini a proposito della vita umana e della regolazione delle nascite provocò, all’interno della Chiesa Cattolica, reazioni contrastanti riscuotendo dal primo momento molte critiche e contestazioni da parte di esperti, teologi, singoli vescovi e intere conferenze episcopali. Il documento non ha certo un appeal popolare, il suo non è un messaggio immediatamente attraente né facile da mettere in pratica ma descrive l’alta vocazione della famiglia e della paternità e maternità responsabile. E’ per questo motivo che, ancora oggi, è al centro di grandi polemiche ed è considerato uno dei testi magisteriali più discussi degli ultimi decenni.

Da una parte c’è chi considera l’Humanae Vitae un atto di forza, solitario e testardo, del papa Paolo VI che decise contro i pareri della commissione di esperti da lui stesso istituita. Costoro ne criticano l’eccessiva durezza e severità nei confronti dei coniugi cristiani nel vietare i “metodi artificiali” di controllo delle nascite. Tra coloro che hanno contestato l’Humanae Vite si è alzata anche l’autorevole voce del card. Martini che mai nascose le sue posizioni avanguardiste in materia di morale sessuale. Nel suo libro-intervista “Dialoghi notturni a Gerusalemme”, il cardinale definì il documento papale “un grave danno” che provocò l’allontanamento di molte persone dalla Chiesa. Così l’insegnamento morale di Paolo VI viene considerato, da molti ambienti ecclesiastici, retrogrado, superato e lontano dalla mentalità e dai problemi odierni dei coniugi cristiani.

Dall’altra parte ci sono coloro che – fedeli al magistero di Paolo VI – hanno sottolineano la bellezza, la dimensione profetica e l’importanza fondamentale dell’Humanae Vitae per la situazione attuale delle famiglie. Primo fra tutti san Giovanni Paolo II che dedicò molti studi e catechesi a ciò che si conosce come “teologia del corpo” (sintetizzata in modo chiaro e preciso nel libro “La sessualità secondo Giovanni Paolo II” del giornalista francese Yves Semen). In nessun momento e sotto nessun aspetto il magistero del papa polacco si discostò dalle indicazioni di Paolo VI. Allo stesso modo Benedetto XVI – a quarant’anni dalla pubblicazione del documento – indicò che “quell’insegnamento non solo manifesta immutata la sua verità, ma rivela anche la lungimiranza con la quale il problema venne affrontato”.

Ora anche papa Francesco mostra la sua volontà di conservarne l’insegnamento dell’Humanae Vitae come una parola valida per la Chiesa e per i cristiani di oggi. Nell’incontro con le famiglie filippine, parlando delle “colonizzazioni ideologiche che cercano di distruggere la famiglia”, il papa ha invitato a non perdere di vista “la missione della famiglia” e a “dire di no a qualsiasi colonizzazione politica” con sagacia, abilità e forza. Tra le grandi sfide che la famiglia è chiamata ad affrontare il papa ha citato i disastri naturali, la povertà e l’emigrazione: problemi che affliggono in modo particolare le Filippine e i paesi limitrofi. Ma, allo stesso tempo, il “materialismo” e “stili di vita che annullano la vita familiare e le più fondamentali esigenze della morale cristiana” sono il frutto di una vera e propria “colonizzazione ideologica” che si avventa contro l’istituzione familiare. La “mancanza di apertura alla vita” è uno dei mali di cui soffre la famiglia che segue le sirene del relativismo e della “cultura dell’effimero”. La chiusura alla vita diventa poi un cancro all’interno della società che invecchia e muore, giacché – prosegue il pontefice “ogni minaccia alla famiglia è una minaccia alla società stessa”.

A questo punto Francesco ricorda il papa Paolo VI che “ebbe il coraggio di difendere l’apertura alla vita nella famiglia. Lui conosceva le difficoltà che c’erano in ogni famiglia, per questo nella sua Enciclica era molto misericordioso verso i casi particolari, e chiese ai confessori che fossero molto misericordiosi e comprensivi con i casi particolari. Però lui guardò anche oltre: guardò i popoli della Terra, e vide questa minaccia della distruzione della famiglia per la mancanza dei figli. Paolo VI era coraggioso, era un buon pastore e mise in guardia le sue pecore dai lupi in arrivo”.

L’intento di papa Montini, sollecitato dai movimenti di liberazione sessuale, dalla diffusione della pillola abortiva e dagli allarmi sul boom demografico, fu quello di ribadire la sacralità della vita e della sessualità umana e stabilire la dottrina cattolica nel campo della morale coniugale, con particolare riferimento alla regolazione della natalità. Ribadendo il giudizio negativo nei confronti dell’aborto, della sterilizzazione e dei metodi anticoncezionali, Paolo VI sottolineò l’inscindibilità tra l’aspetto unitivo e quello procreativo dell’atto coniugale stabilendo che ogni “qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita” (n° 11).

Per il papa Paolo VI “la paternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente od anche a tempo indeterminato, una nuova nascita”. Nel riconoscere i “propri doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia e verso la società”, i coniugi “non sono liberi di procedere a proprio arbitrio, come se potessero determinare in modo del tutto autonomo le vie oneste da seguire, ma, al contrario, devono conformare il loro agire all’intenzione creatrice di Dio, espressa nella stessa natura del matrimonio e dei suoi atti, e manifestata dall’insegnamento costante della chiesa”.

Nulla di semplice, insomma. Ma il papa fu profetico perché oltre a segnalare la via da percorrere, indicò i rischi e i pericoli di uno stile di vita che sposasse la regolazione artificiale delle nascite (HV 17): l’infedeltà coniugale, l’abbassamento della moralità, la banalizzazione della sessualità, la mancanza di rispetto nei confronti della donna (considerata “strumento di godimento egoistico”), il rischio dell’intromissione del governo nelle decisioni familiari dei coniugi attraverso metodi anticoncezionali suggeriti o imposti…

La contestazione all’enciclica Humanae Vitae è uno dei problemi spinosi che la Chiesa è chiamata ad affrontare con serietà e attenzione pastorale. Sono molti i cattolici che si pongono in netta opposizione ai dettami di questa enciclica: sia i singoli coniugi cristiani, con una condotta di regolazione delle nascite che non esclude i metodi anticoncezionali, sia i pastori o  i teologi con un insegnamento che contrasta nettamente col magistero di Paolo VI.

Ne è un chiaro esempio il risultato del questionario preparatorio per il Sinodo Straordinario sulla Famiglia che ha evidenziato come, l’Humanae Vitae “nella stragrande maggioranza dei casi, non è conosciuta nella sua dimensione positiva. Coloro che affermano di conoscerla appartengono per lo più ad associazioni e gruppi ecclesiali particolarmente impegnati nella frequentazione delle parrocchie o in cammini di spiritualità familiare” (Instrumentum Laboris, n° 123). Si evidenzia inoltre una netta dicotomia tra ciò che la Chiesa insegna e ciò che la maggioranza dei cattolici crede e pratica, senza che ci sia un giusto accompagnamento necessario per la comprensione della realtà coniugale alla luce della fede e della antropologia cristiana.

Un altro esempio recente che mostra più da vicino la confusione in materia lo troviamo in una rivista mensile dell’etere cattolico gestita da una nota comunità religiosa. Nel numero di dicembre vi si trova una lettera di due coniugi del nord Italia sposati da quarant’anni che, in coscienza e per il benessere della loro unione, fanno uso della pillola anticoncezionale vietata esplicitamente dall’Humanae Vitae; i coniugi si dicono profondamente “avviliti” perché il Sinodo appena concluso “ha proposto sbrigativamente ai coniugi la Humanae Vitae” mentre speravano che la Chiesa “finalmente cambiasse atteggiamento”. La risposta del giornale avviene per mano di un “teologo” italiano che si dice anch’esso “perplesso” per la “conferma senza riserve” della enciclica di Paolo VI, sottolineando l’esistenza di uno “scisma sommerso” all’interno della Chiesa. Il teologo ricorda che diverse conferenze episcopali, così come il card. Martini, hanno cercato di rivedere e reinterpretare l’insegnamento ufficiale della Chiesa senza però riuscirci e si mostra fiducioso perché i lavori sinodali sulla famiglia devono ancora concludersi.

La speranza di molti fedeli e pastori è dunque che l’Humanae Vitae venga modificata, alleggerita o definitivamente superata in favore di una maggior apertura ed elasticità mentale. Sono speranze riposte sul Sinodo e sicuramente ci sarà da discutere. Ma a quanto pare, papa Francesco, non ha intenzione di modificare l’insegnamento della Chiesa cattolica con un “abbassamento della moralità”. Ciò che ebbe a cuore Paolo VI nella stesura dell’enciclica fu tenere alta la legge per elevare l’uomo, senza cadere nel rischio che sia l’uomo ad abbassare la legge per poter raggiungerla più facilmente.

E’ ovvio che nessuna legge (neanche le norme del magistero ecclesiastico promulgate dal papa) possono avere un carattere coercitivo, nessuno è “costretto” ad obbedire ma tutti sono invitati ad accogliere con fede questa parola della Chiesa, come una parola che viene da Dio. E’ per questo che (così come fece Paolo VI invitando i pastori ad una cura pastorale attenta e sollecita) Francesco ha ribadito con forza la necessita, per i pastori, di essere “misericordiosi e comprensivi” con i casi particolari. Da qui a cancellare l’Humanae Vitae ci passa un bel po’ di differenza.

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