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Sopravvissuto ebreo all’Olocausto ringrazia una suora per avergli salvato la vita… e la dignità

The international Raoul Wallenberg Foundation – House Of Life – 04 – © Antoine Mekary – Aleteia – it

© Antoine Mekary / Aleteia

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 20/01/15

Piero Piperno, quando aveva 15 anni, trovò rifugio nel Monastero di Santa Brigida di Roma. La superiora, madre Maria Elisabetta Hesselblad, rispettò la sua religione ebraica. Oggi quel convento è una “Casa di vita”

Se oggi Piero Piperno è vivo è grazie a una piccola suora che a Roma lo accolse in convento. Ma il ringraziamento di questo ebreo sopravvissuto all’Olocausto a quella donna, oggi beata, è ancora più profondo per un altro motivo: in ogni momento rispettò la sua coscienza e religione.

Piperno ha offerto la sua testimonianza il 15 gennaio durante la cerimonia di riconoscimento come “Casa di vita” al monastero dell'ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida, a Piazza Farnese, Roma, da parte della Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg.

"Qui è casa tua” ha detto durante la cerimonia la attuale badessa dell’ordine, madre Tekla Famiglietti, per far sentire a suo agio l'anziano ospite. “Questa è stata casa mia”, ha risposto l’anziano Pietro, aprendo una finestra sul passato, sulla guerra, le tenebre del male e il coraggio del bene.


© Antoine Mekary / Aleteia
IL CORAGGIO DI UNA SUORA
Nel dicembre del 1943, a Roma, come nel resto d'Europa, gli ebrei erano braccati dai nazisti. Due mesi prima, il 16 ottobre, le SS avevano invaso le strade del Portico d'Ottavia, nel ghetto, e rastrellato 1024 persone, tra cui oltre 200 bambini. 

A guerra finita, dal campo di concentramento di Auschwitz dove erano stati portati, torneranno solo quindici uomini e una donna e nessuno dei duecento bambini. Gli ebrei romani superstiti si nascondevano dove potevano, come potevano. 

Per dodici membri delle famiglie Piperno e Sed, il fragile scudo contro il buco nero della deportazione furono una porticina di legno scuro addossata alla chiesa di santa Brigida, a piazza Farnese, e il coraggio di una piccola suora, madre Maria Elisabetta Hesselblad

La madre superiora dell'ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida, proclamata beata nel 2000 e riconosciuta "giusta delle nazioni" nel 2004, aprì le porte del suo monastero ai fuggiaschi e, insieme alle consorelle, li protesse fino al 4 giugno 1944, quando Roma fu liberata.

Salvò loro la vita. Di più. "Quando ci accolse in questa casa – racconta durante la cerimonia di riconoscimento Piero Piperno, che all'epoca aveva 15 anni – la beata madre Elisabetta ci disse che avremmo dovuto seguire le nostre tradizioni religiose. Era difficile che a quel tempo un rappresentante della Chiesa si esprimesse in questo modo". 

Ci volle, infatti, il Concilio Vaticano II per superare il muro tra cattolici ed ebrei. 

"Ma sempre – continua Piperno non nascondendo la commozione – sorgono dei profeti e madre Elisabetta lo fu, anticipando ciò che sarebbe venuto. Ci ha salvato la vita ma soprattutto, in quei tempi oscuri, ha ridato dignità alla nostra religione".

LE TENEBRE DELLA SHOAH

"Questo luogo è stato un faro di luce nelle tenebre della Shoah" ha sottolineato Silvia Costantini, vice presidente della Fondazione Wallenberg per l'Italia e direttore della comunicazione e delle relazioni istituzionali di Aleteia.

Alla cerimonia hanno partecipato l’ambasciatrice di Svezia in Italia, Ruth Jacoby, rappresentanti diplomatici di Israele e di altre istituzioni ebraiche, in particolare Leo Paserman presidente della Fondazione Museo della Shoah, e già presidente della Comunità Ebraica di Roma.

"E' nostro dovere morale – ha proseguito Costantini – riconoscere e ricordare questi grandi eroi, affinché anche le nuove generazioni li possano conoscere e apprezzare". 

"Ricerca ed educazione – ha spiegato la vice presidente – sono i due poli dell'attività della Fondazione Wallenberg, fondata da Baruch Tenembaum e diretta da Eduardo Eurnekian, cercando di svelare storie sconosciute di salvatori e sforzandosi di infondere nei cuori e nelle menti delle giovani generazioni lo spirito di solidarietà civica". 

Non senza significato, la Fondazione, annovera tra i primi membri l'arcivescovo Jorge Mario Bergoglio, attuale papa Francesco. 

"Purtroppo, Raoul Wallenberg – ha aggiunto Jesus Colina, vice presidente della Fondazione per l'italia e direttore generale di Aleteia – non fu soltanto un eroe, ma lui stesso una vittima. Il 17 gennaio ricordiamo i 70 anni della sparizione di Raoul Wallenberg per mano delle forze sovietiche stanziate a Budapest. Da allora il suo destino è rimasto un mistero. Siamo onorati di portare avanti il progetto 'Case di Vita', a Roma, e in Italia, tenendo conto lo straordinario coraggio di tanti italiani che, come a Casa Santa Brigida, hanno aiutato le vittime delle persecuzioni".

OGGI COME IERI?

Casa Santa Brigida si affaccia su piazza Farnese, in silenzioso dialogo con il profilo elegante del rinascimentale palazzo Farnese dove dal 1936 ha sede l'ambasciata di Francia in Italia. Qualche giorno fa tanti romani sono venuti a dimostrare qui la propria solidarietà dopo la strage nella redazione della rivista satirica di "Charlie Hebdo" e al supermercato kosher di Parigi.

Piperno legge la semplice targa ideata dalla Fondazione Raoul Wallenberg che designa da adesso in poi Casa Santa Brigida come "casa di vita" e riflette: "A quei tempi c'era tanta solidarietà tra la gente. Dopo che Roma è stata liberata e siamo tornati alla vita di sempre, le nostre donne sono tornate a fare la spesa al mercato, a Campo de' Fiori. Le persone le salutavano e dicevano: sapevamo che eravate nascoste dalle suore". 


© Antoine Mekary / Aleteia
Sapevano, ma non avevano denunciato: a quei tempi era la differenza tra la vita e la morte. Per questo, a un certo punto, Piperno e sua moglie hanno deciso di invertire il ritmo dei ricordi: "parlavamo sempre di coloro che non c'erano più, di quelli che non erano tornati per colpa di chi ci aveva fatto del male. Poi abbiamo deciso di cambiare e di ricordarci di quelli che ci avevano aiutato, delle persone buone, di quelli che hanno rischiato la vita per salvarci". 

"Oggi come ieri – conclude – bisogna stringersi attorno al bene per impedire al male di travolgerci". E anche una targa può servire a questo scopo.

La Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg esorta a condividere informazioni attendibili su altre “Case di vita” sia via e-mail (irwf@irwf.org), che per telefono contattando le varie sedi dell'istituzione:

New York: 212-7373275
Gerusalemme: + 972-2-6257996
Buenos Aires: + 54-11-43827872
Per ulteriori informazioni, 
http://www.raoulwallenberg.net
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