Un romanzo che parte da una premessa molto intrigante: e se l’Islam vincesse alle elezioni? Una metafora sulla crisi del laicismoSi intitola Sottomissione (per i tipi di Bompiani, uscito ieri nelle librerie) l'ultimo libro di di Michel Houellebecq è la storia parallela di una crisi personale e una collettiva. Quella personale è legata alle vicende del narratore François, un professore universitario che si trova ad affrontare una crisi interiore legata alla convinzione che tutto ciò che compone la sua vita – la carriera, la lettura, il sesso e l’amore – sia incapace di offrirgli felicità e più ancora un orizzonte di senso.
Quella collettiva invece è legata allo stato della democrazia francese (che è specchio di quella europea), che nel 2022 (anno in cui è ambientato il romanzo) è dominata da un partito che vuole instaurare la legge coranica. Le due storie sono una sola in realtà.
Lo spunto narrativo
Il protagonista François segue le elezioni presidenziali del 2022 con scarsa partecipazione. Alle precedenti un nuovo partito, la Fratellanza Musulmana, ha ottenuto un successo sorprendente, raccogliendo soprattutto i voti dei “nuovi francesi”, degli immigrati di seconda e terza generazione, delle banlieue. Esso si presenta un po’ come il nostro Partito Comunista delle origini: una forte identità di classe, accompagnato e sostenuto da una fitta rete di iniziative popolari (mense, scuole, società culturali e di mutuo soccorso) che ne garantisce il radicamento sul territorio. Se nel 2017 si era piazzato terzo, contribuendo al ballottaggio a far rieleggere un debolissimo Hollande (del Partito Socialista) pur di evitare il governo xenofobo del Front National, appena cinque anni dopo la situazione si ribalta: i francesi si ritrovano a dover scegliere fra un partito apertamente razzista (il Fronte) e uno moderato che propone la sharia.
Quello che soprende è quanto uno scenario del genere non sia così avulso dal reale, specialmente in un paese come la Francia. Quello che Houellebecq si sforza di far capire è che in fondo molto (forse troppo spesso) in generale si è votato di peggio magari “turandosi il naso” come si usa dire da noi. In fondo la Fratellanza Musulmana tratteggiata dall'autore è un partito moderato e confessionale non dissimile dalla nostra (piccola) UDC e contesutalmente è un movimento di massa dal basso non dissimile dal PCI degli anni '60.
Ed esattamente come avrebbe voluto il PCI, questo ipotetico partito dei Fratelli Musulmani, arriva al potere sfruttando le contraddizioni della democrazia per come è ridotta oggi: il calo delle nascite nelle classi superiori fa sì che i migranti siano, percentualmente, sempre di più (e quindi sempre più rilevanti alle urne); l’ossessione per il politically correct porta un Imam ad avere più credibilità di un neofascista (il primo va incluso, il secondo invece escluso a tutti i costi); infine la crescente dipendenza dal petrolio, unita alla fragilità economica sempre più grave, aumenta a dismisura il potere politico e il prestigio di chi lo vende (Rivista Studio, 13 gennaio)
Il tema del libro è riassumibile con una battuta del cardinal Biffi circa il fatto che tra ateismo e islamismo, al netto della fallacità di quest'ultimo secondo il prelato, non ci siano dubbi su chi avrebbe vinto: il secondo in quanto “fede” e in quanto – comunque – testimonianza della presenza di Dio nella vita dell'uomo. Houellebecq non presenta allora una religione barbarica di martiri del jihad, ma un sistema di pensiero accogliente e rasserenante, che offre una vera via di fuga dalla sofferenza dell’occidente contemporaneo fattosi ostile perché dominato dalla tecnica e dal capitale, in una parola dal consumo. Ecco che quindi la provocazione di un intellettuale raffinato come Houellebecq è quella di farci capire dove il laicismo e la dittatura del pensiero unico ci sta portando: verso una reazione uguale e contraria, perché l'umanità non può vivere senza Dio e soprattutto non può convivere con una riduzione di se stessa a mero prodotto.
Una opinione che non ti aspetti
Recuperiamo dalle pagine del Corriere della Sera l’opinione di Michel Onfray, uno dei più noti intellettuali francesi, autore di decine di opere tra le quali il celebre Trattato di ateologia e una Controstoria della filosofia ; un pensatore ateo che ha letto – e amato – questo romanzo.
In una sua prima intervista alla «Paris Review», Houellebecq decreta la fine dell’Illuminismo e il grande ritorno della religione (l’islam, ma non solo). In quanto pensatore ateo, qual è la sua reazione?
«Credo che abbia ragione. I suoi romanzi colgono quel che fa l’attualità del nostro tempo: il nichilismo consustanziale alla nostra fine di civiltà, la prospettiva millenarista delle biotecnologie, l’arte contemporanea fabbricata dai mercati, le previsioni fantasticate della clonazione, il turismo sessuale di massa, i corpi ridotti a cose, la loro mercificazione, la tirannia democratica, la sessualità fine a se stessa, l’obbligo di un corpo performante, il consumismo sessuale, eccetera. Quindi, utilizzare i progressi incontestabilmente compiuti dall’islam in terra d’Europa per farne una fiction sull’avvenire della Francia è un buon modo per pensare a quel che è già».
Houellebecq descrive una società francese ed europea stanca, affaticata dalla perdita di valori tradizionali. Cosa pensa? L’Europa è condannata, come dicevano i neocon americani?
«Houellebecq continua a dipingere il ritratto di una Francia post-68. E ha ragione di vedervi un esaurimento, meno in rapporto con il breve termine del Maggio 68 che con il lungo periodo della civiltà giudaico-cristiana che crolla. Questa civiltà è nata con la conversione di Costantino all’inizio del IV secolo, il Rinascimento intacca la sua vitalità, la Rivoluzione francese abolisce la teocrazia, il Maggio 68 si accontenta di registrarne lo sfinimento. Siamo in questo stato mentale, fisico, ontologico, storico. Houellebecq è il ritrattista terribile di questo Basso Impero che è diventata l’Europa dei pieni poteri consegnati ai mercati. L’Europa è morta, ecco perché i politici vogliono farla!» (Corriere della Sera, 5 gennaio).
Uscito in Francia il 7 gennaio, lo stesso giorno dei tragici fatti di Charlie Hebdo, questo libro diviene per certi aspetti "vecchio" prima ancora di uscire e tuttavia straordinariamente profetico, come i romanzi distopici di Orwell e Houxley e contemporaneamente fa sorgere un angosciante dubbio: non è che sotto un Islam come quello tratteggiato da Houellebecq, anche i cattolici si troverebbero meglio che non con l'attuale stato di cose?