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5 modi per essere un cattolico coraggioso a lavoro

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Randy Hain - pubblicato il 14/01/15

La fede che professiamo è parte di ciò che siamo e non può essere nascosta

Ci fermiamo mai a pensare quante volte al giorno il nostro modo di pensare e le nostre azioni sulla fede cattolica che professiamo sono influenzati da una preoccupazione errata per ciò che gli altri pensano di noi?

Durante la giornata, quante volte perdiamo opportunità di sostenere Cristo e condividere la nostra fede?

È la conversazione che evitiamo con un collega?

È il nostro rifiuto di farci pubblicamente il segno della croce e di pronunciare una preghiera di ringraziamento prima dei pasti?

È la nostra riluttanza a tener testa a qualcuno che attacca la Chiesa?

E che dire della persona che ha delle curiosità sulla fede cattolica e sta solo aspettando un invito pr partecipare alla Messa con noi?

Un’errata preoccupazione per le possibili opinioni negative di quanti ci circondano ci impedisce troppo spesso di abbracciare le nostre responsabilità. È ad ogni modo chiarissimo che Gesù si aspetta che condividiamo apertamente la nostra fede e Lo riconosciamo davanti agli altri: “Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli” (Mt 10:32-33).

Da Gesù impariamo che essere un cattolico coraggioso e fedele sul posto di lavoro e nella sfera pubblica non è qualcosa di cui vergognarsi o da nascondere. Cristo è il nostro esempio più grande di come non preoccuparsi del rispetto degli altri. Ha sempre insegnato la verità, indipendentemente dal pubblico che lo ascoltava e da ciò che lo circondava.

I suoi nemici riconoscevano questo aspetto del suo insegnamento: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno” (Mt 22:16).

Francis Fernandez, autore di In Conversation with God, compie questa osservazione sul fatto di condividere con coraggio la verità:

“Cristo chiede ai Suoi discepoli di imitarLo in questa pratica. I cristiani dovrebbero promuovere e difendere il loro prestigio professionale, morale e sociale ben guadagnato, perché appartiene all’essenza della dignità umana. Questo prestigio è anche una componente importante nel nostro apostolato personale. Non dovremmo dimenticare che la nostra condotta incontrerà l’opposizione di quanti si oppongono apertamente alla moralità cristiana e di coloro che praticano una versione annacquata della Fede. È impossibile che il Signore ci chieda il sacrificio del nostro buon nome, e perfino dalla vita stessa. Con l’aiuto della Sua grazia lotteremo per fare la Sua volontà. Tutto ciò che abbiamo appartiene al Signore”.

Fernandez prosegue affermando che in una situazione difficile non dovremmo cedere alla tentazione di prendere la strada più semplice, perché ci può portare lontano da Dio. Ci esorta invece a prendere sempre la decisione che rafforza la nostra fede e si basa sulle nostre convinzioni più profonde. Il modo in cui agiamo in situazioni difficili riflette il tipo di cristiani che siamo. Suggerirei che non prendere posizione a favore di Cristo – non condividendo apertamente le nostre vere convinzioni – può essere uno degli ostacoli più grandi per molti di noi per crescere nella fede… e forse anche per quanti ci circondano che guardano il nostro esempio.

Non è una caratteristica insolita. Dopo tutto, chi vuole rischiare un qualsiasi rapporto di lavoro a causa della fede? Preoccuparsi di ciò che gli altri pensano di noi è una tendenza umana che interessa me e chiunque io conosca. Tutti vogliamo essere amati, rispettati e inclusi. Ma ecco la trappola: non possiamo separare il nostro essere spirituale dal nostro essere fisico.

La fede che professiamo è parte di chi siamo e non può essere nascosta.

“La dissociazione, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo… Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna” (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 43).

5 passi per essere più coraggiosi a lavoro:

Più siamo capaci di professare la nostra fede, più sarà semplice mettere in pratica le azioni di quella fede. Ecco quindi cinque pensieri su come superare la nostra paura di ciò che gli altri possono pensare di noi, essere più coraggiosi e dare un buon esempio.

1. Mostramelo sul manuale della policy. Ho sentito molte volte che esprimere la nostra fede cattolica sul posto di lavoro va probabilmente “contro la politica della compagnia”. Avete realmente visto una politica scritta che parla del farsi il segno della croce e di pregare ai pasti, di pregare in silenzio alla propria scrivania, di andare a Messa a pranzo o di avere la cenere sulla fronte il Mercoledì delle Ceneri? Permettetemi di sfidare tutti noi a considerare la possibilità che buona parte della nostra paura si basi su una falsa percezione di una possibile persecuzione e non sulla realtà. Usiamo quindi il nostro diritto di vivere la nostra vita quanto più fedelmente possiamo. Nel fare questo, non solo troveremo il lavoro più gradevole, ma ispireremo altri a fare lo stesso.

2. Testimoniare attraverso l’esempio personale ed essere una luce per Cristo. Pensate ai nostri percorsi di fede, a come siamo arrivati al punto in cui ci troviamo, a come lo viviamo giorno per giorno con qualcosa di nuovo a cui anelare quando ci mettiamo al lavoro. Pensiamo all’esempio che potremmo essere per altri e alla gioia ispirata da Cristo che possiamo irradiare su chi ci circonda. Permettere agli altri di vedere Gesù Cristo all’opera in noi è una forma potente di testimonianza che attirerà altri che vogliono ciò che abbiamo noi nella vita. “Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte… Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5:13-14, 16). Pensiamo alle nostre azioni e a come possono ispirare altri a vivere con fede come noi stiamo cercando di fare. Facciamo attenzione, ad ogni modo, perché non vogliamo che le nostre azioni abbiano una natura egoista. Amiamo come insegna Gesù, e gli altri seguiranno.

3. Iniziamo la conversazione condividendo un po’ di noi. La trasparenza invita alla trasparenza. Non possiamo aspettarci che qualcuno si apra con noi se non siamo disposti a fare lo stesso. Il nostro percorso di fede è una benedizione da condividere. La testimonianza che offriamo può avere un’influenza profonda su qualcuno. Come leggiamo in 1 Pt 3:15-16, “Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo”. Se possiamo essere desiderosi di condividere la nostra fede con altri, veniamo anche avvertiti di farlo con attenzione e gentilezza.

4. “Reality Check”: perseguire il paradiso vs. essere popolari. La nostra destinazione ultima è il paradiso, non questo posto chiamato Terra. I nostri critici ci aiuteranno ad andare in paradiso? Ci sosterranno nei momenti difficili? No, ci spingeranno verso uno stile di vita secolare in cui c’è poco spazio per Dio e il materialismo e la popolarità sono gli idoli alla moda del momento. Francis Fernandez ha scritto che vincere il rispetto umano è parte della virtù della fortezza. Descrive le sfide che un cristiano può affrontare in questo modo: “…chiacchiere e calunnie, derisione, discriminazione sul posto di lavoro, perdita di opportunità economiche o amicizie superficiali. In queste circostanze scomode, potremmo essere tentati di prendere la via più semplice e ‘gettare la spugna’. In questo modo potremmo evitare il rifiuto, il fraintendimento e la ridicolizzazione. Potremmo preoccuparci al pensiero di perdere degli amici, delle ‘porte chiuse’ che in seguito saremo incapaci di riaprire. È la tentazione di essere influenzati dal rispetto umano, nascondendo la propria reale identità e rinunciando al nostro impegno di vivere come discepoli di Cristo”. Fare ciò che è giusto non è sempre facile, ma a lungo termine è chiaramente ciò che dà maggiori benefici. Perché non dovremmo scegliere il paradiso?

5. Essere coerenti e condurre una vita cattolica integrata. Portiamo la nostra fede con noi al lavoro, quando andiamo a mangiare con gli amici, alle partite di calcio dei bambini e agli incontri con i vicini? O pratichiamo la nostra fede cattolica solo la domenica a Messa? È facile conformarsi alle aspettative secolari, mentre è difficile mostrare pubblicamente il nostro amore per Gesù, vivere le beatitudini, evangelizzare e condurre una vita pienamente integrata.

A questo proposito, ho sempre trovato ispirazione nella saggezza dell’esortazione apostolica di papa San Giovanni Paolo II Christifideles Laici: “La formazione dei fedeli laici ha come obiettivo fondamentale la scoperta sempre più chiara della propria vocazione e la disponibilità sempre più grande a viverla nel compimento della propria missione… I fedeli laici, infatti, sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l’esercizio della loro funzione propria e sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a rendere visibile Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro vita e con il fulgore della fede, della speranza e della carità”.

Non possiamo farlo da soli, e dobbiamo pregare per avere la guida dello Spirito Santo. Nella mia esperienza personale, è un work in progressquotidiano e non è mai semplice, ma dovremmo tutti riconoscere che ci sono persone che ci guardano per vedere il nostro esempio. Vogliono imparare da noi ed essere ispirati dal nostro coraggio, se siamo disponibili a prendere posizione a favore di Cristo. Pensate a quanto siamo fortunati a vivere in un Paese cristiano (anche se le nostre libertà religiose sono chiaramente sotto attacco), in cui tutto ciò che rischiamo è la possibile disapprovazione o l’alienazione dagli altri. Quando portiamo la nostra fede al lavoro, ci opponiamo a quella paura e solidifichiamo i valori fondamentali in cui crediamo come cristiani. Per mantenere quella forza, è importante vivere in modo fedele ogni giorno, il che vuol dire portare la fede al lavoro. A volte sarà difficile e richiederà sacrifici, ma vivere con l’amore di Dio ogni minuto di ogni giorno è ben più gratificamnte di una piccola disapprovazione.

So che è difficile, ma ci viene richiesto un sacrificio. Il sacrificio è semplicemente amare Cristo più di quanto amiamo le opinioni di coloro che ci circondano. Preghiamo gli uni per gli altri e continuiamo a chiedere a Gesù la forza e il discernimento per conoscere e seguire la Sua volontà.

Domani è un altro giorno. Avremo il coraggio di essere una luce a favore di Cristo per chi ci circonda?

Randy Hain è senior editor di The Integrated Catholic Life. Questo articolo è stato adattato dal suo libro The Catholic Briefcase: Tools for Integrating Faith and Work.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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