Nel libro intervista “Questa economica uccide” il Pontefice chiarisce le sua dottrina su globalizzazione e poveri«L’attenzione ai poveri non è un’invenzione del comunismo, ma è nella tradizione della Chiesa, che talvolta si dimentica della sua missione originaria e necessita di correzione e conversione». Papa Francesco lo dice a chiare lettere in "Questa economia uccide", il libro intervista di Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi, i due vaticanisti de La Stampa.
DAL "COMPAGNO" AL "LEONCAVALLINO"
In questo nuovo volume, Papa Francesco replica alla rete di accuse di "comunismo", che vengono mosse da tempo nei suoi confronti. Dal «compagno Bergoglio» dell'ideologo di destra Maurizio Ruggiero, al "fuoco" di Antonio Socci (Libero, 9 novembre): «Dice sempre che ha conosciuto militanti comunisti in Argentina che erano brave persone. “Chi sono io per giudicare?”. Sfodera toni infuocati (e giudica) solo quando si scaglia contro il “liberismo selvaggio”. Il 28 ottobre ha ospitato in Vaticano vari movimenti noglobal, compreso il Leoncavallo e ha scagliato fulmini. Tanto che Fausto Bertinotti ha subito indicato in lui – venerdì sera, a Tg3 notte – il vero “rivoluzionario” del momento».
ASSONANZE CON L'IMPERO DI NEGRI
Socci, in quell'occasione, ha rilanciato le parole del vaticanista de L'Espresso Sandro Magister, secondo cui «ciò che più colpisce di questo discorso è la sua stupefacente somiglianza con le teorie sostenute dal filosofo Toni Negri e dal suo discepolo Michael Hardt in un libro del 2002 che ha fatto epoca: ‘Impero’». Per Negri, il mondo non è più governato da stati nazionali, ma da una struttura decentrata e deterritorializzata, che definisce Impero. Dunque ci troveremmo di fronte ad una papa "complottista" oltre che "comunista".
PARTIGIANO E GRAMSCIANO
Il sociologo Umberto Di Maggio, coordinatore regionale di Libera contro le mafie in Sicilia, in senso più buonista ha parlato di «papa partigiano», in relazione al concetto di «globalizzazione dell’indifferenza», una «frase che assume una portata storica poiché definisce, come diceva Gramsci […] l’indifferenza come peso morto della Storia. Perché in fin dei conti l’abulia ed il parassitismo sono vigliaccheria e quindi rifiuto del senso autentico della vita. Parole partigiane quelle di Papa Francesco che, sconvolgendo ogni protocollo, ha scelto di essere ultimo tra gli ultimi». Affermazioni poi corrette dal giornalista e blogger Giuliano Guzzo che ha chiarito come Gramsci traducesse l'indifferenza in assenza di «impegno» e diceva di «odiare gli indifferenti», mentre Bergoglio si rivolge all'assenza di «amore» e critica, e non dice di odiare quelle persone.
PAUPERISTA E DISANCORATO ALLA REALTA'
Piero Ostellino sul Corriere della Sera (16 luglio 2013), all'indomani della visita del papa a Lampedusa, bacchettava il volto "francescano" del Pontefice «pauperista», che fa sistematicamente «l'elogio della povertà a uomini e donne di una "società dei consumi" e del benessere in crisi come la nostra, che non ce la fanno sempre a mettere assieme la colazione di mezzogiorno con la cena della sera e ad altri uomini e donne che non aspirano che a raggiungere un certo livello di consumi e un minimo di benessere – rischia di mettere in second'ordine il Papa gesuita, mostrando di sottovalutare il principio di realtà anche agli occhi di molti credenti».
UNA REPLICA CHE CHIARISCE IL SUO PENSIERO
«Di fronte alle accuse di essere "marxista", "comunista" e "pauperista"», nel nuovo libro di Galeazzo e Tornielli, «Papa Francesco esponendo il suo pensiero sui temi della povertà e della giustizia sociale, risponde indirettamente ad altre critiche, forse ancor più velenose, che serpeggiano in alcuni ambienti ecclesiali che faticano ad accettare un Papa "non imprevisto" ma "imprevedibile"» (Franco Garelli, La Stampa 13 gennaio).
COSA E' REALMENTE LA GLOBALIZZAZIONE DELL'INDIFFERENZA
Francesco non ha remore a rilanciare due concetti a lui cari. «La "globalizzazione dell’indifferenza" – spiega Garelli – è il grande rischio che il mondo d’oggi sta correndo; che viviamo in un sistema che ha alimentato non soltanto la ricchezza mondiale, ma anche le disparità e la "cultura dello scarto"; che l’attenzione per i poveri non è un’opzione politica o ideologica, ma anzitutto un criterio del Vangelo, il protocollo sulla base del quale i cristiani e gli uomini di buona volontà saranno giudicati; che la Chiesa non condanna i ricchi ma l’idolatria della ricchezza, che rende impermeabili al grido dei poveri».
DESTINAZIONE UNIVERSALE DEI BENI
Ma a fianco di questi grandi appelli, il Papa richiama due criteri che la Chiesa oggi considera alla base degli ordinamenti socio-economici e politici: «Da un lato il principio della destinazione universale dei beni – sottolinea l'editorialista de La Stampa – dall’altro la scelta preferenziale dei poveri. Nel primo caso il principio sancisce che i beni della terra sono un dono che Dio ha elargito all’intera famiglia umana, per cui devono essere partecipati da tutti, secondo la regola della giustizia, inseparabile dalla carità; ma che si regge anche su una precisa ragione sociale, tesa a ridurre gli squilibri tipici di un sistema capitalistico che enfatizza eccessivamente il diritto di proprietà e la legge del più forte».
SCELTA PREFERENZIALE DEI POVERI
Anche «la scelta preferenziale dei poveri» – ricorda papa Francesco – è un leit-motiv della tradizione e del magistero della Chiesa cattolica, forse oggi un po’ passato sotto silenzio per il timore che il messaggio cristiano venga interpretato più in chiave orizzontale che verticale, più come salvezza sociale che spirituale. Con la scelta preferenziale dei poveri la Chiesa non intende favorire un processo di pura liberazione sociale. Ma non può che stare dalla parte degli ultimi, sia per essere fedele al suo messaggio, sia riconoscendo che l’estensione dei diritti di cittadinanza rende più civile e armonica l’intera umanità».
IL CUORE DEL VANGELO
Il sito web belga in lingua fiamminga deredactie.be pubblicò lo scorso 4 aprile un video in cui Francesco ribadiva una linea netta sulle povertà: «Questo è il cuore del Vangelo, io sono credente in Dio e in Gesù Cristo, per me il cuore del Vangelo è nei poveri. Ho sentito due mesi fa che una persona ha detto: con questo parlare dei poveri, questo Papa è un comunista! No, questa è una bandiera del Vangelo, no del comunismo…la povertà senza ideologia, i poveri sono al centro del Vangelo di Gesù, basta leggerlo» (Il Messaggero, 4 aprile).
CASA, TETTO, LAVORO
Così come il passaggio più incisivo del suo discorso nell'incontro mondiale dei movimenti popolari tanto criticato da Socci: «E’ un crimine che milioni di persone soffrano la fame – disse il pontefice – mentre la speculazione finanziaria condiziona il prezzo degli alimenti, trattandoli come qualsiasi altra merce. Nessuna famiglia senza tetto. Nessun contadino senza la terra. Nessun lavoratore senza diritti. Nessuna persona senza la dignità del lavoro» (Il Fatto Quotidiano, 28 ottobre). Il suo, dunque, è «un programma di azione sociale» in senso buono, come lo definiva Giorgio Bernardelli su Vinonuovo.it (31 ottobre 2014).
IL RISCATTO DEI MENO ABBIENTI
Un programma orientato al riscatto dei poveri e non al loro mero compatimento. «La novità del tempo di oggi e di domani sta, secondo papa Francesco – scriveva Città Nuova (31 ottobre), riprendendo alcune espressione di Bergoglio – sta nel fatto “che i poveri non aspettano più e vogliono essere protagonisti; si organizzano, studiano, lavorano, esigono e soprattutto praticano quella solidarietà tanto speciale che esiste tra quanti soffrono, tra i poveri, e che la nostra civiltà sembra aver dimenticato o quantomeno ha molta voglia di dimenticare”».
UNA SOLIDARIETA' CREATIVA
Sicuramente il papa, concludeva la rivista dei Focolarini, sgombrando il campo dalle accuse di "comunismo" e "pauperismo", «ha davanti ai suoi occhi la comunità di malati, poveri, storpi, ciechi, che cerca Gesù per avere forza, stare in piedi, imparare i gesti e le parole di una solidarietà creativa, che mette i poveri al centro. Il papa – ispirato da quella visione – può dire che il futuro sta in questo nuovo protagonismo dei poveri, che sono chiamati a fare la storia, prima che l’impero del denaro possa travolgere il mondo con la guerra e con lo sfruttamento».