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Costruzione di nuove moschee a Milano, con quale Islam dialogare?

Muslim praying in the mosque – it

© Portable soul / Flickr CC

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 09/01/15

Oratori, carceri e università: ecco come integriamo e italianizziamo le nuove generazioni di musulmani

L'attentato terroristico al settimanale satirico francese Charlie Hebdo scuote la politica milanese, soprattutto in riferimento ai nuovi luoghi di culto non cattolici (tre, di cui molto probabilmente due moschee) per i quali, il 30 dicembre, è stato pubblicato un bando di realizzazione dal Comune di Milano (Milano Today, 8 gennaio).

Dura la posizione del centrodestra che chiede al Comune di ritirare il bando. Dal canto loro gli amministratori hanno replicato parlando di necessità di costruire luoghi per l'accoglienza dei tanti musulmani che raggiungeranno Milano in occasione dell'Expo 2015 (La Repubblica, 8 gennaio).

INTERLOCUTORI NEBULOSI
«Che anche i musulmani abbiano il diritto di avere luoghi di culto dignitosi è fuori discussione – afferma ad Aleteia il professore Paolo Branca, responsabile per i rapporti con l'Islam del Servizio per l'Ecumenismo e il Dialogo della Diocesi di Milano – molto nebuloso è invece capire quali musulmani siano gli interlocutori delle istituzioni. Quando si realizza una moschea si rilasciano delle concessioni sui terreni dove edificare il luogo di culto. Su questo c'è molta confusione. Nel caso di Milano sono in corsa numerose sigle iscritte all’albo delle religioni del Comune». 

RELIGIONE FRAMMENTATA
Secondo Branca c'è una parte consistente e massiccia di Islam che viene esclusa da questi processi. E in molti casi è un Islam "buono". «Quella musulmana è una religione senza gerarchia, molto frammentata e litigiosa al suo interno. Già c'è una difficoltà oggettiva da parte delle istituzioni nel capire a chi rivolgersi. Se a questo si aggiunge che le stesse istituzioni temporeggiano in situazioni poco chiare, come nel caso della moschea di Viale Jenner, al centro di numerose indagini della magistratura, allora il quadro si complica ulteriormente». 

LA TRAPPOLA DELLE SIGLE
Le difficoltà istituzionali sono condivise dalle stesse istituzioni. «Il dialogo lo attuiamo con tutti i musulmani che conosciamo, anche senza sigle e autoproclami – sentenzia il delegato della Curia per i rapporti con l'Islam – evitando di cadere nelle trappola di rivolgerci solo agli "organizzati". In quel modo ignoreremo la gran parte di quelli che aderiscono a questa religione». 

MEDIATORI NEGLI ORATORI
Le iniziative in cantiere viaggiano su tre binari. «In primo luogo è in corso con il Servizio per l'Ecumenismo un progetto negli oratori della diocesi di Milano, dove circa il 25% dei bambini è musulmano. Secondo me lì bisognerebbe lavorare anche con dei mediatori arabi e musulmani per agevolare l'integrazione, stimolando un dialogo dal basso, sinora molto carente, con le famiglie e non con i capi delle comunità».

SFIDA CULTURALE NELLE CARCERI
Il secondo obiettivo, più complesso, «è di entrare nelle prigioni, e aiutare i detenuti islamici a comprendere la grande tradizione religiosa e culturale di cui fanno parte, in modo da costruire intorno ad essa un recupero delle loro vite spezzate dall'illegalità. Questi percorsi di recupero umano e sociale del detenuto si svolgono in parecchi paesi europei, ma l'Italia brilla per un vuoto. Abbiamo cappellani cattolici in ogni carcere, sarebbe bello che si occupassero anche di chi cattolico non è». 

CORSI UNIVERSITARI
Infine l'impegno del professore Branca è rivolto all'istituzione di corsi di formazione in religioni comparate, «perché i musulmani in Italia non hanno luoghi dove andare ad approfondire la comparazione tra la loro religione e almeno le altre grandi religioni monoteiste. In Italia esistono solo Facoltà di teologia confessionali, non c'è una Facoltà di teologia pubblica, e andrebbe promosso, almeno per chi è interessato, qualche corso di livello universitario».

"MODELLI" ISLAMICI
Nel dialogo in corso, ammette, «i musulmani nati e cresciuti in Italia sono i nostri interlocutori ideali, perché si sentono italiani. Ed è paradossale che la grandissima parte di loro  "scompaia" solo perché non problematici. Invece, e lo dico perché sono situazioni che ho vissuto, molti di questi islamici potrebbero essere dei modelli a cui ispirarsi». Ci sono casi in cui fanno scelte «importanti«, come ad esempio «sposarsi con persone diverse dalla loro religione», o ancora «voglio citare il caso di un padre musulmano con una figlia diventata ragazza-madre. E questo padre la accudisce, ma non fa notizia. Invece è sulle prime pagine il padre islamico che uccide la figlia perché indossa la minigonna. Quindi sarebbe il caso di dare anche buone notizie come quelle che ho appena citato». 

ADESIONE AI FRATELLI MUSULMANI
Non si meraviglierebbe, invece, se accadesse un caso Charlie Hebdo in Italia. «L'Italia non corre molti rischi. Per molti di loro è la "passerella" per spostarsi in paesi più allettanti in Europa. Però esistono anche "lupi solitari" un po' fuori di testa, che sono imprevedibili». A Milano attualmente «non risultano situazioni limite, ma alcuni musulmani delle seconde generazioni, che fanno parte di sigle organizzate, sono molto politicizzati, sopratutto dopo i fatti della Primavera Araba. In alcuni casi si sono schierati con i Fratelli Musulmani – conclude Branca – e questo mi ha molto deluso, perché chi vive qui dovrebbe distinguere la politica dalla religione e invece una certa propaganda li ha contagiati, pesando sui nostri rapporti».  

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