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Uomini che partoriscono e altri miti postmoderni

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Holly Hamilton-Bleakley - pubblicato il 02/01/15

Termini biologici come “madre” e “padre” sono diventati politicamente contaminati

Negli Stati Uniti è uscito un nuovo studio su “essere uomini e restare 'incinti'”.

Il quotidiano on-line Obstetrics and Gynecology ha pubblicato l'articolo di ricerca Transgender Men Who Experienced Pregnancy After Female-to-Male Gender Transitioning [Uomini transgender che sperimentano la gravidanza dopo la transizione dal genere femminile a quello maschile]. Lo studio affronta il caso di 41 uomini transessuali, ovvero nati biologicamente come donne e che hanno deciso di vivere come uomini, e le loro esperienze durante la gravidanza.

Dallo studio emergono alcuni fatti interessanti, rivelando un po' della vita delle donne diventate uomini transessuali. Ad esempio, “l'uso previo di testosterone” sembra non aver avuto effetto sulla gravidanza, il parto e la nascita tra i partecipanti alla ricerca. Gli “uomini in questo studio non hanno avuto problemi a concepire”, e la maggior parte di loro è rimasta incinta “con i propri ovuli e con gli spermatozoi del partner”, afferma il testo. Solo il 7% dei partecipanti ha dovuto sottoporsi a una cura per la fertilità. Un terzo non aveva nemmeno pianificato la gravidanza.

C'è tuttavia qualcosa di preoccupante in questo studio e nella sua redazione: il linguaggio che viene utilizzato. Si insiste deliberatamente nel chiamare i partecipanti “uomini”, il che, nel contesto della gravidanza e del parto, rende la lettura per così dire provocatoria: “gli uomini non hanno avuto problemi a concepire”; “gli uomini hanno usato i propri ovuli”; “è stata negata agli uomini l'assistenza prenatale”. Lo studio cita uno dei partecipanti, che ha detto: “La gravidanza e il parto sono state esperienze molto maschili per me. Quando ho partorito, sono nato alla paternità”.

È chiaro che i teorici del genere ci diranno che l'“identità di genere è uno spettro” e che esiste una distinzione fondamentale tra il genere e il sesso biologico. A loro avviso, ciascuno può essere uomo o donna, in base a ciò che vuole. Quello che conta non è ciò che è contenuto nel DNA, ma quello che ciascuno vuole essere.

Partendo da questa prospettiva, deve esserci un cambiamento nel linguaggio per riflettere questa comprensione dello “spectrum” del genere. Per questo, la caratteristica singolare che definisce meglio la distinzione tra i sessi, ovvero la possibilità di dare alla luce un figlio, è ora qualcosa che sia la donna che l'uomo “possono avere”.

Questa differenza addotta tra genere e sesso biologico diventa particolarmente discutibile quando si tratta di gravidanza e parto. Se dovessimo dire che l'uomo partorisce, dovremmo anche chiamarlo padre del bambino. Ma il padre è un'altra persona. Ci sono un padre biologico e una madre biologica; c'è colui che feconda e quello che porta il figlio e lo dà alla luce. Forse un bambino può avere due padri, ma non può avere due padri biologici. Abbiamo bisogno di termini diversi per chiamare le persone che hanno queste funzioni biologiche differenti.

Il teorico del genere può rispondere che, essendo il sesso biologico diverso dal genere, è possibile che un uomo transessuale svolga la funzione biologica della donna, anche se psicologicamente ella si identifica con un uomo. Ma, ancora una volta, la distinzione tra genere e sesso sembra labile.

Il genere, secondo gli stessi teorici, è una costruzione, qualcosa creato culturalmente, che opprime l'individuo dettando come deve pensare e agire, o anche come deve essere, sulla base del sesso biologico. In base a questa teoria, quando il genere e il sesso sono diversi, “essere uomo” non è necessariamente possedere le parti del corpo proprie del sesso maschile: è identificarsi con un “modo maschile di essere”. Anche così, restare “incinto” non è una cosa tipica dell'uomo: nessun individuo di sesso maschile si può identificare con l'esperienza biologica di restare “incinto”. È quindi dubbio che una donna possa identificarsi come uomo rimanendo incinta, visto che nessun uomo si può identificare con questa esperienza. Accettare la distinzione tra sesso e genere sembra implicare che non esiste alcun collegamento significativo tra le proprie esperienze psicologiche e le proprie esperienze biologiche. Ciò, a sua volta, sembra far parte di un problema maggiore, quello del rapporto tra la mente – o l'anima – e il corpo. Come antidoto alla separazione radicale tra genere e sesso, suggerisco un modello filosofico diverso sulla persona umana, offerto da Tommaso d'Aquino. Per lui, anche se l'anima e il corpo sono diversi, la persona umana può esistere solo in un corpo. Ciò significa che il corpo è essenziale per la persona. Come base di questa comprensione tomista, papa Giovanni Paolo II ha affermato che il sesso è parte integrante dell'identità del corpo-persona.

Se il corpo è essenziale per il significato di essere persona, ciò vuol dire anche che, come persone, sperimentiamo il mondo attraverso il nostro corpo. Le nostre esperienze psicologiche devono basarsi in modo consistente sulle nostre esperienze biologiche. Considerando questo legame, diventa impossibile avere l'esperienza psicologica di essere uomo – o di “essere nati alla paternità” – quando biologicamente si dà alla luce un bambino.

Il progetto di ridefinire il genere è una parte molto importante di un movimento ideologico più ampio, spinto dal post-modernismo e dal liberalismo filosofico, volto a distruggere o a superare ogni tipo di restrizione convenzionale o naturale. Il concetto di libertà radicale definisce la nostra era: una libertà che rifiuta di essere legata a un concetto di quello che significa essere umano e che esige che l'unico tipo di bene umano sia quello che creiamo in base ai nostri desideri. Sono i nostri tentativi di realizzare quella libertà radicale che ci portano continuamente a mettere in discussione “ogni fatto comunitario”. La nostra cultura soffre di quello che Roger Scruton definisce “sterminio del 'perché?'”. Scruton avverte che sterminare il “perché?” finirà per lasciarci “del tutto sradicati”.

I ruoli di genere, e lo stesso concetto di genere, sono obiettivi della nostra tendenza di sterminio postmoderna. Lo sterminio inizia, come sempre, con il cambiamento nel linguaggio e con la de-autorizzazione di chi mette in discussione il linguaggio. Un aspetto importante dello studio sulla gravidanza dei transessuali è il fatto che i transessuali intervistati si dicevano significativamente angosciati perché molta gente si rifiutava di trattarli come “uomini” quando erano “incinti”. Il messaggio ovvio che lo studio vuole passare è che quanti rifiutano di usare questo nuovo linguaggio sono insensibili o perfino “pieni di odio”.

Questo cambiamento di linguaggio ha ripercussioni fondamentali sulla nostra cultura.

La questione è questa: abbiamo bisogno di termini che descrivano il processo biologico della riproduzione, ma a causa della teoria di genere termini come “donna” e “uomo”, “madre” e “padre” sono stati caricati di un significato politico che va ben al di là del loro ruolo originale e descrittivo. Quando si dice quindi che “un uomo partorisce”, non si vuol dire che lo stia facendo un uomo biologico. Ciò che si fa è una dichiarazione politica: che non siamo legati a un concetto “binario e antiquato” di genere; che essere uomo o donna non ha alcun significato inerente; che il bene umano deve essere allevato e non scoperto.

Il risultato è che stiamo perdendo rapidamente un linguaggio che corrisponde alla realtà per quanto riguarda l'atto più necessario per la continuazione della specie umana. Ciò che abbiamo ora è un linguaggio politico pubblico volto specificatamente a oscurare ciò che accade nella realtà.

Vogliamo davvero essere “del tutto sradicati” dal concetto di genere?

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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