Gesù nelle visioni di Benedetto e Francescodi Abraham Skorka
È nei testi non strutturati che si possono apprezzare chiaramente le idee e i concetti che i loro autori hanno sviluppato e sostenuto. I libri di divulgazione permettono allo scienziato, senza il rigore della definizione esatta e la complessità delle equazioni richieste dalle pubblicazioni specializzate, di esprimere nitidamente la linea del suo pensiero mediante un lessico semplice. Questo compito può realizzarlo con successo solo chi possiede una conoscenza molto profonda dei diversi temi. Nel campo della religione, e specialmente nel cattolicesimo, i testi non magistrali dei teologi che affrontano questioni religiose permettono comunque di conoscere la quintessenza della loro fede.
Un testo con queste caratteristiche è il Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI. È un libro in cui, come lui stesso rivela, si riflette la sua ricerca personale del “volto del Signore”. L’immagine di Gesù più vincolata alla sua condizione umana, profetica, si avvicinava all’immagine che un ebreo può plasmare leggendo i Vangeli e tenendo presente il grado di spiritualità degli abitanti della Giudea del primo secolo di questa era. Percepivo che nell’atteggiamento di Ratzinger c’era una certa convergenza con l’immagine del Rabbino, di grande carisma e spiritualità, con cui molti ricercatori ebrei, come i noti Joseph Klausner e David Flusser, avevano contemplato Gesù nelle loro indagini. Bergoglio concordò con le mie considerazioni.
Ho esaminato alcuni punti insieme al Papa riguardo al viaggio in Terra Santa e in particolare all’incontro con Peres e Abbas in Vaticano. Prima e dopo tale incontro, e soprattutto durante e dopo l’ultimo conflitto tra Gaza e Israele, molti hanno definito quella speciale invocazione per la pace un atto insignificante. Francesco ha ponderato pubblicamente e privatamente la sua importanza. Questi due atteggiamenti riflettono una visione diversa dell’esistenza.
Da un lato ci sono quelli che compiono i propri atti di vita in funzione di un presente immanente, dall’altro ci sono quelli che proiettano i propri atti del presente in un futuro trascendente. Gesù, come i rabbini del suo tempo, insegnava l’importanza di vivere gettando semi attraverso le azioni che si compiono, semi che germoglieranno pienamente nel “mondo a venire”, in contrapposizione con un’esistenza che considera solo i bisogni di un “mondo del presente”. L’incontro in Vaticano getterà la sua luce in un futuro in cui il buon senso prevarrà nuovamente tra gli uomini.
È questo l’atteggiamento che condivido pienamente con il Papa. Lui ispirandosi a Gesù, io agli insegnamenti dei maestri del Talmud.
Le azioni di Francesco devono essere viste in questa ottica. Egli sta plasmando gesti con sommo coraggio, al di là delle critiche di quanti sono soliti intraprendere la strada dei circoli viziosi che mantengono conflitti e disaccordi di generazione in generazione. Si sta dando da fare per lasciare nella storia segni di ricerca di pace e d’intesa che possano illuminare le azioni degli uomini in futuro.