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Siria: Natale ad Homs

People return to Homs Syria – it

AP

Erebmedioriente - pubblicato il 25/12/14

Per la prima volta dal 2011 i cristiani possono ritornare a celebrare il Natale senza l’incubo di attacchi

Un presepe fra le macerie e un albero di Natale con luci colorate vegliano sui quartieri devastati della città di Homs, dove per la prima volta dal 2011 i cristiani possono ritornare a celebrare il Natale senza l’incubo di attacchi e dove è ancora presente la figura di padre Francis Van der Lugt, il sacerdote gesuita assassinato il 7 aprile 2014.

“La nostra gioia è indescrivibile”, confessa alla France Press Tagrid Naanaa, donna residente nell’area del quartiere Hamidiyeh per mesi teatro di devastanti scontri fra ribelli ed esercito siriano. “Quest’anno – continua la donna – abbiamo decorato le strade, le porte e anche i balconi crollati”. A causa della distruzione solo poche dozzine di famiglie vivono nel quartiere, ma quei pochi residenti che sono riusciti a restaurare la propria abitazione hanno scelto di celebrare il Natale nelle loro case anche se il panorama dominante sono le macerie: “In questi anni non abbiamo mai fatto festa a Natale perché speravamo ancora di poterlo celebrare nelle nostre abitazioni”.

Nei filmati diffusi lo scorso maggio dopo la presa di Homs da parte dell’esercito i muri delle case erano imbrattati di scritte inneggianti all’Islam e contro il regime di Assad. Oggi gli slogan islamisti sono stati sostituiti da frasi come “pace sulla terra”, ma anche da nuovi ritratti del presidente con la scritta “Con te è tornata la sicurezza”, sintomo di come purtroppo poco sia cambiato.

Infatti, le macerie di Hamidiyeh raccontano la storia gattopardesca della Siria, da oltre quattro anni in preda alla guerra civile e stretta da un lato dalla morsa del regime e dall’altro da quella degli islamisti, in particolare lo Stato islamico, con il risultato che molte persone anche contrarie al regime di Assad sono divenute nostalgiche della passata stabilità.

Il Natale 2014, sta portando, almeno ad Homs, un segno di speranza e di stabilità come sottolinea Najjar, insegnante: “Quest’anno possiamo ricordare il nostro passato di pace, nonostante la distruzione e la tragedia di questi ultimi anni”. La donna è fuggita dal suo quartiere nel febbraio 2012, quando i ribelli hanno assaltato parte della città, mantenendola di fatto per due anni sotto il loro dominio e spingendo il regime ad assediare per mesi quartieri abitati da civili. “Questo – aggiunge – è il nostro primo Natale da quando siamo tornati al quartiere e ci auguriamo che questo sia un segno di pace per tutto il mondo”.

Intanto nel centro di Hamidiyeh stanno riaprendo anche i primi negozi e ristoranti. Infatti sono stati proprio i loro proprietari ad addobbare le vie e le facciate delle case con festoni e luci colorate e ad aiutare i giovani volontari ad allestire il presepe. “Quando siamo tornati al quartiere, tutto era scuro”, dice al-Sufi Rula, uno dei volontari, “abbiamo fato ritornare i colori in questo angolo di Siria perché vogliamo che i nostri figli non pensino che Homs sia solo dolore e distruzione”.

Nella chiesa di Santa Maria della sacra cintura, parzialmente distrutta dai bombardamenti, un gruppo di scout ha piantato un piccolo albero decorato con nastri rossi e posto sulla sommità un cappello da Babbo Natale. Samer, un volontario di 40 anni, racconta per la popolazione locale “piantare questo albero è una dimostrazione di come la nostra chiesa sia viva e di quanto i cristiani siano attaccati alle loro radici”. “Lo scorso Natale – aggiunge – abbiamo pregato di poter ritornare qui, ora preghiamo affinché la pace torni in tutta la Siria”.

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