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La fede è la speranza dei cristiani del Donbass

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 25/12/14
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Si torna a pregare dopo le bombe tra chiese e ospedali distrutti. Il volto di Cristo è l’emblema della guerra di “Unità della Rus”
A Donetsk il viso di Cristo eletto a simbolo della guerra di indipendenza del Donbass da Kiev. Si rappresenta la trinità, intesa come l’Unità della Rus’: Malorossia (Ucraina) Belorossia (Bielorussia) e Velikorossia (Russia). In slavo antico c’è scritto: “per la fede, lo zar, e la santa trinità della Rus’” (Vita.it, 24 dicembre)

CI SI AGGRAPPA ALLA FEDE
Tra i miliziani si respira aria di “rinascita religiosa” della Pravolasvie (l’ortodossia), scrive ancora Vita.it. I combattenti si definiscono uomini di “fede” (in russo fede si dice “vjera”), che non significa semplicemente appartenere a una religione. "Fede” ha un significato più vasto, significa scelta, significa trasformare la religione in speranza, con la convinzione di proiettare le proprie azioni, quando sostenute dalla fede, in una dimensione di totale rettitudine, proiettate in una dimensione di atemporalità.

A KIROVASKOE SI TORNA A PREGARE
Il Donbass risponde così all’offensiva delle truppe ucraine. L’attaccamento alla fede è sempre più profondo, come riporta ortodossiatorino.it (21 ottobre). Nonostante il fatto che nei quartieri devastati dalla guerra nel Donbass molte chiese sono distrutte, i fedeli continuano a pregare e stanno continuando la vita liturgica sulle rovine dei loro santuari. Nella festa della Natività della Santissima Madre di Dio, la parrocchia di san Giovanni di Kronstadt a Kirovskoe si è riunita per la prima Divina Liturgia dopo il bombardamento del mese di agosto. Il servizio è stato celebrato a cielo aperto vicino alle rovine della chiesa, che non possono essere ripristinate, riporta il sito della diocesi di Gorlovka e Slavjansk.

IL SACRESTANO-EROE
Fino a poco tempo fa, racconta sempre ortodossiatorino.it, i volontari della parrocchia avevano aiutato a rifugiare le famiglie esposte ai bombardamenti e a portarle in altre città ucraine o al confine con la Federazione Russa. Un autista della parrocchia, l’assistente sacrestano Vjacheslav Gusakovskij, è stato ucciso durante uno di questi viaggi, mentre era alla guida e tornava dal confine russo. Più tardi i media ucraini lo hanno accusato di trasportare armi ed esplosivi.

STRAGE DI FAMIGLIA
Sul suo minibus Gusakovskij ha aiutato ad evacuare decine di bambini della città e dei villaggi vicini durante i bombardamenti. Aveva una moglie e quattro figli, il più giovane dei quali aveva solo 2 anni. Dopo la sua tragica morte, non è praticamente rimasto nessuno in città per evacuare coloro che non hanno un proprio mezzo di trasporto.

SENSAZIONE DI ORRORE
Di fronte alla distruzione, l’antropologo Eliseo Bertolasi, ricercatore associato all’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie, da Donetsk ha detto a Radio Voce della Russia (17 dicembre) di aver provato «una sensazione di orrore, perché non dimentichiamoci che questa guerra non ha risalto mediatico in Italia e si trova a sole 3 ore di volo dalle nostre città italiane. Com’è possibile che si arrivi ad un livello totale di distruzione sui villaggi, le infrastrutture, sulla popolazione civile senza che ci sia nessun grido di protesta verso tutto ciò. Sono stato all’ospedale e ho visto reparti completamente distrutti, non c’è più nulla».
 

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