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Cosa significano le circostanze in cui è nato Gesù?

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Pavel P

Aleteia - pubblicato il 25/12/14

Tre specchi attraverso i quali vedere il Natale: il popolo di Israele, la postmodernità e la purezza originaria

Nel calendario cristiano ci sono tre giorni particolarmente rilevanti. Hanno un significato speciale perché in essi si commemorano i momenti “più importanti” della vita del Figlio di Dio: la nascita, la morte e la resurrezione di Gesù.

Anche se ciascuno di loro ha un senso specifico e individuabile all’interno del messaggio cristiano, tutti hanno in comune un dato essenziale; in ciascuno di questi momenti si verifica un’intima unione, un’intima relazione, tra l’essere umano e Dio. Tutto ciò, come abbiamo detto, nella persona di Cristo.

Quello che cambia è il punto di vista. Mentre in due di essi commemoriamo la sua morte o la sua resurrezione, nell’altro ciò che facciamo è ricordare il giorno in cui è nato facendosi uomo come noi.

L’origine etimologica della parola “Natale” si ritrova nella lingua latina. Deriva dalla parola nativitas-nativitatis, che significa “generazione”, “nascita”.

Ma perché il 25 dicembre? Sappiamo che a Roma si celebrava quel giorno per la nascita del dio Sole, che coincideva con quella del dio Apollo, che è il dio della luce, della chiarezza, dell’armonia ecc. di fronte al dio Dioniso, che rappresentava l’oscurità e la sfrenatezza.

La Chiesa ortodossa, invece, celebra la nascita di Gesù il giorno dell’Epifania (che in greco significa “manifestazione”). Il motivo è che non ha accettato l’abolizione del calendario giuliano – istituito verso l’anno 46 da Giulio Cesare – e l’istituzione del calendario gregoriano (che è quello attuale ed è stato stabilito verso il 1582 da Gregorio XIII. Sappiamo che non coincide propriamente con la nascita di Cristo ma che c’è una differenza di 4 anni).

Mettendo da parte le curiosità, perché la nascita di Cristo è importante? A livello dogmatico la risposta è facile: Dio si è fatto uomo nella persona di Cristo per salvare il mondo. La nostra proposta è quella di accostarci alla nascita di Gesù in modo più personale, cercando qualcosa di originale e anche di metaforico. Per questo proponiamo di guardare la nostra vita cristiana attraverso vari specchi.

Il primo specchio è quello della storia del popolo di Israele. Noi cristiani ci guardiamo in questo specchi e ci prepariamo alla venuta del Messia per quattro settimane. Gli israeliti hanno vagato, simbolicamente, 40 anni nel deserto.

Gli ebrei avevano – e si spera che abbiano – una speranza. Per i cristiani questa speranza si è già compiuta, e ora la commemoriamo. Per questo ci prepariamo per un periodo di quattro settimane chiamato “Avvento”:

Il secondo specchio è quello dell’essere umano postmoderno che vive nel XXI secolo.

La realtà attuale – sociale, culturale, filosofica, artistica, ecc. – ci mostra che nello specchio della postmodernità o Dio non entra o ha un’immagine negativa. L’uomo guarda se stesso a tal punto da considerarsi un dio. Questo non è nuovo, lo ha già detto Spinoza (1632-1677), ma che dio vede l’essere umano postmoderno? Quale dio osserva?

Nella nostra epoca storica non si vede in modo chiaro e nitido questo “dio”, ma si tergiversa con e tra i movimenti culturali, sociali e politici. Questa situazione fa sì che vediamo il Natale imbrattato da certi valori “culturali, sociali, economici, ecc.’ che forse, solo forse, non ci permettono di vedere con chiarezza il vero senso e significato della nascita di Gesù. Facciamo qualche esempio.

Durante il Natale si esaltano alcuni valori: la famiglia, l’amicizia, ecc., che a volte, non sempre, non sono tenuti in considerazione durante il resto dell’anno. Forse, solo forse, questi valori non nascondono se non opulenza, intrattenimento e un effimero affetto di convivenza familiare o sociale.

Se è così – e fortunatamente non è sempre così –, allora cosa ci resta? Trovare quello specchio pulito e originale in cui vedere il vero senso e il significato corretto della nascita di Gesù.

Senza voler essere esaustivi e in base a ciò che sappiamo, com’è avvenuta la nascita di Gesù? In primo luogo, Gesù è venuto in questo mondo in un posto semplice e povero. Forse oggi questi valori non sono più conosciuti. Una società opulenta e incancrenita per l’interazione tra denaro e potere, potere e denaro, forse non comprende la povertà di spirito, né la semplicità nella vita di una persona umile.

Cosa ci serve per essere felici? In secondo luogo, Gesù nasce nella solitudine. Giorno dopo giorno, constatiamo che sempre più persone vivono sole e tristi. E non solo persone anziane, ma anche adolescenti e bambini! Accade questo proprio in un’epoca storica caratterizzata dalla comunicazione.

Possiamo comunicare via messaggi, o WhatsApp, ma forse nessuno sa qual è il tono della voce, o i movimenti del volto della persona che sta comunicando “in solitudine”. E questo senza parlare né riflettere sul silenzio, sul vuoto, sulla vita delle persone che sprecano la propria, senza fare né pensare a nulla, davanti allo schermo di un computer, o sul narcisismo che ha portato a malattie come l’anoressia, la vigoressia, ecc.

Gesù nasce infine avvolto nell’amore. In quella famiglia c’era amore. Erano circondati da povertà e solitudine, ma erano pieni d’amore. Cosa possiamo dire della nostra società attuale?

Facciamo qualcosa davvero per amore? E detto questo, ci siamo mai chiesti sinceramente se possiamo vivere senza amore?

In quale specchio ci stiamo guardando? Per essere sinceri, questo terzo specchio non è un’utopia, ovvero un “non luogo”? E se non è un’utopia, non è una sfida per noi cercare il nitido e pulito Specchio di Gesù dentro di noi, nelle nostre famiglie, nei nostri amici, nel nostro prossimo che è il nostro fratello davanti agli uomini e davanti a Dio?

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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