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“Dialoghi tra Giovanni Paolo II e Fidel Castro”

Pope John Paul II with Fidel Castro

© MICHEL GANGNE / AFP

Luis Badilla - Il Sismografo - pubblicato il 21/12/14

Il libro del cardinale Bergoglio scritto nel 1998

Quando l'attuale Papa Francesco era neo-arcivescovo di Buenos Aires, cattedra nella quale succedete il Primate cardinale Antonio Quarracino il 28 febbraio 1998, scrisse un piccolo libro (luglio 1998), articolato in diversi capitoli, dedicato alla visita storica di Giovanni Paolo II a Cuba tra il 21 e il 26 gennaio 1998. Il volumetto, solo in vendita, e disponibile in lingua spagnola, da oltre un anno viene periodicamente citato, soprattutto da giornalisti o scrittori che hanno scritto biografie su Jorge Mario Bergoglio. 

Si tratta però di un libro poco conosciuto e che spesso si presenta come "scritto dopo la visita di Bergoglio a Cuba dove si recò accompagnando Papa Wojtyla". Da diverse nostre indagini e richieste a persone ben informate non risulta che l'ex arcivescovo di Buenos Aires si sia mai recato in vita sua a Cuba. Alcune fonti affermano che era prevista la presenza di Bergoglio in concomitanza con la visita di Giovanni Paolo II ma, all'ultimo momento, il presule dovette sospendere il viaggio per il quale aveva chiesto il visto d'ingresso.

Il testo di Bergoglio è incentrato quasi tutto sul magistero di Giovanni Paolo II a Cuba (omelie, discorsi, saluti) e si propone di sottolineare due aspetti: il dialogo non solo è possibile ma anche necessario e poi questo dialogo se sincero e onesto dà frutti rilevanti per tutti. L'ex arcivescovo di Buenos Aires elogia la lungimiranza e il coraggio di Papa Wojtyla e anticipa che prima o dopo questi frutti arriveranno. Al tempo stesso Bergoglio difende con fermezza la missione e il ruolo della Chiesa cattolica in Cuba ricordando non solo le sue molte sofferenze ma evidenziando quanto questa chiesa può dare al suo popolo e alla nazione cubana dov'è pellegrina per volere di Cristo. Al tempo stesso in diversi momenti dello scritto di Bergoglio si leggono critiche ad alcuni aspetti importanti della Rivoluzione cubana e al sistema socialista, in particolare a tutto ciò che per scelta ideologica, programma politico o disposizione amministrativa ostacola "la dignità trascendente della persona umana". 

Vi sono anche nel testo, in linea con Papa Giovanni Paolo II, i vescovi cubani e statunitensi, dure critiche all'embargo e all'isolamento economico che Washington impone all'isola, critiche che si concludono con un incoraggiamento a lottare per rimuovere questa situazione che causa solo danno al popolo, in particolare ai più deboli. Ad ogni modo la conclusione principale, "la lezione" del viaggio apostolico di Papa Wojtyla, è perentoria per Jorge Mario Bergoglio: nelle loro diversità Giovanni Paolo II e F. Castro si sono incontrati, hanno parlato, si sono ascoltati reciprocamente con affetto e rispetto, hanno aperto un dialogo, l'unica via vera e duratura per vivere insieme in armonia e collaborazione anche quando vi sono tra le parti opinioni o punti di vista differenti. In altre parole, Jorge Mario Bergoglio già 16 anni fa la pensava come oggi. A Buenos Aires il suo pensiero e la sua analisi erano un auspicio. Ora, in Vaticano, l'auspicio è diventato esortazione e azione diplomatica.

Il “libro” di mons. Bergoglio dedicato al viaggio di Papa Wojtyla a Cuba (21 – 26 gennaio 1998) in realtà è una saggio breve (35 cartelle, ognuna di 40 righe nel formato stampa) elaborato dal “Gruppo di riflessione Centesimus Annus, diretto e coordinato dall’arcivescovo di Buenos Aires, mons. Jorge Mario Bergoglio”. Il testo dunque è anche il frutto di un’elaborazione collettiva che come si legge nelle prime righe si propone, a partire della visita di Giovanni Paolo II a Cuba, di ripercorrere “l’itinerario missionario” del Papa polacco allo scopo di scoprire alcune costanti.  La principale secondo il testo – nel Capitolo I, “Il valore del dialogo” – è un’azione pastorale del Pontefice molto precisa: “la crisi di valori che lui ha svelata” alla coscienza umana. “Per questo motivo, prosegue il volumetto, e sin dall’inizio del suo ministero pastorale (il Papa) ha dimostrato una disposizione piena ad aprire la Chiesa al dialogo considerandolo fertile poiché l’umanità – nel dialogo – si apre alla Chiesa in una incessante ricerca della verità. L’importanza e il valore di dialogo risiedono sul fatto, appunto, che la sua pratica rende possibile giungere alla verità fondata nel Vangelo. Il dialogo si oppone al monologo e conduce lo spirito nella ricerca della verità”.

Dopo diverse considerazioni sulla verità logica e la verità rivelata, per sottolineare che “il dialogo tra l’uomo e la Chiesa è possibile tramite il Vangelo”,  il testo prosegue: “Il Papa non solo è un portavoce, una persona che trasmette la parola di Cristo, ma è anche colui che riceve la voce del mondo, della società umana. Il ruolo della Chiesa, in particolare del Vicario di Cristo, è quello di liberare, dialogare e partecipare, per costruire comunione tra gli uomini e la Chiesa”. (…) “Il dialogo inteso come canale di comunicazione tra la Chiesa e i Popoli, diventa uno strumento basilare per costruire la pace, promuovere la conversione e per creare fratellanza”.

 “Così nel dialogo tra assenti, tra Giovanni Paolo II e Fidel Castro – prosegue il volumetto – il Papa ribadisce con fermezza la sua richiesta di libertà, dignità e democrazia per il popolo cubano, mente Fidel Castro mantiene in alto la bandiera dell’uguaglianza di trattamento per Cuba nello scenario internazionale nell’ambito anche delle relazioni economiche. Pensiamo che il risultato di questo dialogo si è trasformato potenzialmente in realtà tangibili di fronte alla volontà di voler concedere che ha dimostrato Fidel Castro – per esempio con la liberazione di prigionieri politici – e di fronte al desiderio papale di promuovere la fine delle barriere imposte a Cuba da parte dei superpoteri”. 

Il volumetto dedicato alla visita di Papa Wojtyla a Cuba nel 1998, dopo l’introduzione dedicata al “valore del dialogo”, si addentra specificamente nel caso cubano. “La ricerca della verità nel caso di Cuba – si legge – non poteva essere portata a compimento, né poteva essere consacrata, senza un approfondimento del dialogo tra i due discorsi: quello di Fidel Castro e quello di Giovanni Paolo II.  La missione del Papa  e la recezione di Fidel convergono nella implementazione di nuove metodologie che si devono applicare nella trasformazione politica, da un lato, e in quella evangelizzatrice dall’altro”. Questo dialogo e questa verità sono state sempre molto evidenziate da parte del Papa nel corso della visita.  Papa Wojtyla è “sempre disposto ad ascoltare ma in modo specifico desidera e necessita ascoltare la verità del popolo cubano, del suo Governo, della Rivoluzione, della religione e dei rapporti tra Stato e Chiesa”. In questa dinamica i due hanno parlato liberamente e ampiamente e i due si sono ascoltati reciprocamente. “E così si sono viste divergenze profonde e in altri casi convergenze basilari”. Da questo dialogo-incontro, possibile grazie alla Visita del Papa, J. M. Bergoglio ritiene che sia scaturito “un contributo di grande valore … perché si mantengono aperti i canali di comunicazione” e, al tempo stesso, Papa Wojtyla sottolinea la necessità del popolo cubano di poter godere dei diritti di cui è soggetto come la libertà di espressione e della capacità d’iniziativa e proposta nell’ambito sociale”. Per quanto riguarda la Chiesa si ricorda che non cerca né desidera potere, “non alza bandiere ideologiche, non propone un nuovo sistema economico e politico. La Chiesa in Cuba, attraverso la parola del Pontefice, offre con la sua presenza, la sua voce e la sua missione un cammino per la pace, la giustizia e la libertà vere”. “Il popolo cubano deve essere capace di capitalizzare la visita del Papa. Non tutto sarà come prima dopo la sua partenza. Getterà radici il dialogo tra la Chiesa e le istituzioni cubane e ciò si traduce sempre in benessere per chi ne ha più bisogno: il popolo”, sottolinea l’arcivescovo Bergoglio che allunga lo sguardo sulla storia della Chiesa, sul “periodo speciale”, sull’embargo e l’isolamento economico e infine sulla globalizzazione. Ribadendo il magistero di Papa Wojtyla e dei vescovi cubani, mons. Bergoglio lancia un appello: “Il popolo cubano ha bisogno di vincere quest’isolamento e perciò Giovanni Paolo II esorta l’anima cristiana di Cuba, e la sua vocazione universale, ad aprirsi al mondo e, al medesimo tempo chiama il mondo ad avvicinarsi a Cuba, al suo popolo, ai suoi figli, che sono senza dubbio la sua ricchezza più grande”. Successivamente nel paragrafo “confronto, coincidenze e tolleranza”, il volumetto si addentra nel rapporto cristianesimo-marxismo, in particolare alla luce di diverse dichiarazioni di Fidel Castro nell’arco di diversi anni, dall’inizio della Rivoluzione sino alla vigilia della visita di Giovanni Paolo II. Pur riconoscendo convergenze rilevanti, J. M. Bergoglio considera però che “il socialismo ha commesso un errore antropologico al ritenere l’uomo solo una parte del tessuto sociale, limitando l’importanza dell’essere umano solo alla sua posizione sociale. Il bene della persona dunque viene subordinato al funzionamento del meccanismo economico-sociale e ciò le fa perdere la sua opzione autonoma”.

Le riflessioni di mons. Jorge Mario Bergoglio nel volumetto citato, frutto anche di una elaborazione collettiva, si concludono con diverse considerazioni riguardo la democrazia, la laicità e la solidarietà. Fermo restando che il Papa si fa pellegrino nel mondo “per difendere in ogni luogo la dignità dell’uomo” a partire dalle verità di Cristo e del suo Vangelo, che la Chiesa deve custodire e annunciare, il testo approfondisce diverse dimensioni della piena e integrale presenza della Chiesa tra i popoli. hIn questo contesto si sottolinea l’importanza “delle relazioni Stato/Chiesa” (…) che si devono sviluppare “in totale e cordiale armonia” poiché “l’uomo vive sia nell’ambito civile che in quello ecclesiale”. “Occorre ricordare sempre che il messaggio evangelico non si limita solo alla sfera del culto, della pratica religiosa, e che è sua missione illuminare tutto l’uomo, tutte e ciascuna delle azioni umane”. Lo scritto denuncia l’esistenza in diversi luoghi del mondo di “azioni meschine” che ostacolano la missione della Chiesa e ciò si fa appellandosi ad “una presunta libertà di coscienza (intesa come esproprio di ogni credenza religiosa) con l’intenzione di sostituire la necessità spirituale degli uomini nella ricerca della verità su Dio  con l'adesione a interessi temporali. Il laicismo prima e il marxismo dopo – prosegue il testo nella parte conclusiva – hanno imposto un dogmatismo che privilegia lo Stato come supremo valore della vita (…) e la dimensione religiosa resta relegata alla sfera della coscienza individuale”. Infine, il testo analizza le diverse alternative che si aprono per Cuba dopo la visita del Papa e prende in considerazione anche ipotesi giornalistiche che allora parlavano di possibile “alleanza” tra Chiesa e Governo per facilitare una transizione.

Ecco la riflessione finale dello scritto: “Il messaggio del Sommo Pontefice, indirizzato non solo al popolo cubano ma anche ai suoi massimi dirigenti, contiene una profonda riflessione sulla necessità di sostenere il cammino che consenta ai cittadini di Cuba la partecipazione nella vita civile del Paese. Per Cuba, e per altre Nazioni, occorrono piani per trasformare alcune istituzioni politiche, per sostituire regimi corrotti, dittatoriali o autoritari con (governi) democratici e partecipativi. La libera partecipazione dei cittadini nella gestione pubblica, la sicurezza del diritto, ormai sono requisiti imperativi, condizione necessaria per permettere lo sviluppo dell’uomo, di tutti gli uomini”.

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