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No al presepe? Perché non bisogna averne paura

Pesebre blanco – it

© Tony Alter / Flickr / CC

Pesebre

CattoNerd - pubblicato il 20/12/14

Intanto perché Gesù non è venuto a minacciare nessuno...

Qualche giorno fa, il tribunale amministrativo di Nantes (Francia) ha proibito le rappresentazioni della nativitànegli uffici pubblici, in quanto si tratterebbe di simboli religiosi incompatibili con il “principio di neutralità del servizio pubblico“.

Qualche giorno prima, il preside di una scuola di Bergamo aveva vietato l’allestimento del presepe nei locali dell’istituto, poiché sarebbe una “tradizione che può discriminare“. Più o meno in tutta la penisola (e in tutta Europa), notizie simili a queste si rincorrono, il presepe viene vietato in ossequio al principio di neutralità e a quello di rispetto per chi professa altri culti.

MovimentoIn segno di protesta contro la decisione del tribunale francese, un movimento studentesco ha organizzato flash mob/presepi viventi in molti luoghi pubblici.

Ma perché si crede che il presepe possa discriminare?

Diverse sono state le proteste in merito al divieto nella scuola bergamasca ed il preside ha dovuto difendersi da una serie di accuse. Riflettiamo sulle sue parole:
«La scuola pubblica è di tutti e non va creata alcuna occasione di discriminazione. In classe ognuno può portare il proprio contributo, ma accendere un focus cerimoniale e rituale può risultare soverchiante per qualcuno, che potrebbe subire ciò che non gli appartiene. Non sono l’anticristo, ma questo è l’orientamento che ho dato all’Istituto da otto anni, quando sono arrivato qua».
Naturalmente, può dispiacere che il preside si sia sentito giudicato come “l’anticristo” e probabilmente le sue intenzioni erano buone. Il problema, infatti, è a monte e più precisamente nell’idea che il presepe possaoffendere gli studenti stranieri (che nella sua scuola sono il 30%) poiché non appartiene alla loro cultura.
Bene, vediamo perché non è così.

Cosa significa integrazione?

Fior fior di sociologi sono dell’idea che la società multiculturale non è una chimera, bensì è realizzabile attraverso un percorso di integrazione dei cittadini emigrati. Questa integrazione non può e non deve essere un processo violento (né fisicamente, né psicologicamente), né tantomeno una sintesi in cui le peculiarità delle culture che si incontrano vengono cancellate in favore della fusione.
In parole povere: per stare insieme bisogna imparare a conoscersi, cioè conoscere gli aspetti che ci differenziano e quelli che ci uniscono.
Ciò detto, proibire l’allestimento del presepe non aiuta i bambini stranieri a conoscere le tradizioni dei bambini italiani, semmai li induce a pensare ancora di più che chi fa il presepe, al contrario, voglia offenderli. Li spinge a credere che dovrebbero sentirsi offesi dal presepe e che è per questo che viene giustamente vietato.
Ma non deve essere per forza così. Non si deve certo costringere i bambini stranieri a fare il presepe! Quello sarebbe un maldestro e violento tentativo di assimilazione (e non integrazione). Si sarebbe potuto organizzare un momento didattico in cui i bambini italiani, allestendo il presepe, avrebbero potuto raccontare l’origine della tradizione (un invenzione tutta italiana di San Francesco, che non a caso è il patrono d’Italia) ed il suo significato religioso. Nessuna offesa, nessuna costrizione, nessuna violenza. Così come i bambini stranieri avrebbero potuto, in occasione delle loro feste, raccontare ai bambini italiani delle loro tradizioni religiose e non. Nessun lavaggio del cervello, nessun convincimento, solo conoscenza e rispetto reciproci.
Ad esempio, i bambini cattolici avrebbero appreso dai loro compagni di fede musulmana che anche nel Corano si parla dell’Annunciazione e della nascita di Gesù, considerato uno dei più grandi messaggeri di Dio. Un punto che ci accomuna. I musulmani, infatti, credono come noi nella concezione virginale di Maria.

Maria e IslamRappresentazione dell’Annunciazione da un manoscritto medievale persiano

Abbiamo forse da vergognarci della fede cattolica?

Cosa significa Chiesa”cattolica”? Lo diciamo tutte le domeniche a voce alta nel Credo: sappiamo che vuol dire? Vuol dire “universale” (dal latino ecclesiastico catholicus, a sua volta dal greco antico καθολικός). Universale, cioè che Cristo è per tutti, per tutti coloro che lo vogliono. Nessuno è escluso. Non importa l’epoca, la provenienza geografica, la razza,  il ceto sociale.

Natività africana

Non bisogna venire da un certo luogo, da una certa famiglia, parlare una certa lingua per seguire Cristo, per lasciarsi salvare da Lui. Chiunque lo voglia, può averlo. E chi è di un’altra religione, non è condannato! Perché chiunque ami Dio con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima e con tutta la sua mente e il prossimo suo come se stesso non ha nulla da temere (Mt 22, 36-39). Non tutte le religioni possono dire lo stesso.
Se c’è una religione al mondo che non intende discriminare, ma accogliere, è proprio quella cristiana.Nonostante si cerchi di convincere il mondo del contrario. Ed è proprio per questo che desta scandalo escomoda le coscienze.
Madonna con bambino giapponese

Fateci caso: la Chiesa viene ugualmente attaccata da due fronti opposti fra loro. Dai laicisti che la accusano di discriminare gli stranieri, così come da quelli che la condannano per essere contraria al respingimento coatto degli immigrati. I primi la accusano di voler ingerire e fare proselitismo, imponendo le proprie tradizioni ed il proprio credo e discriminando così chi la pensa differentemente. Gli altri, invece, la accusano di essere la responsabile delle onerose ondate di immigrati che “invadono la penisola” forti del fatto che lo Stato italiano, suggestionato dalla cultura cristiana (Mt 25, 35), è troppo debole per respingerli.

Rispetto o…vuoto?

Il preside ha detto che “in classe ognuno può portare il proprio contributo”. Ma siamo sicuri che sia così? Sembra invece che attualmente i bambini italiani non possano portare il loro, come neanche quelli stranieri.
In questo modo viene davvero rispettata l’utenza? Rendere un luogo pubblico neutrale significa davvero rispettare le persone? Come può l’Uomo o qualunque sua espressione essere neutra? Anche tralasciando per un attimo la religione, la storia d’Italia -o di qualsiasi altro Paese al mondo- non potrà mai essere neutra, né lo potranno le tradizioni, il folklore, la gastronomia, la musica o la sua arte, in gran parte d’ispirazione religiosa. Se non ci si offende davanti alla Pietà di Michelangelo o nella cappella Sistina, o mangiando la colomba a Pasqua, perché ci si dovrebbe offendere davanti ad un presepe? Un presepe, che poi è proprio il simbolo che ricorda al cristiano di accogliere ed amare i deboli perché in loro c’è Cristo, che è nato debole, indifeso, rifiutato (Lc 2,7).
Ciò che deve far pensare è anche che (nonostante qualcuno abbia colto la palla al balzo per prendersela con gli stranieri, che invece non avevano richiesto in alcun modo la proibizione del presepe) le istanze di neutralitàvengono a volte dagli italiani stessi oppure essa viene imposta direttamente da chi ha l’incarico pubblico e quindi il potere di decidere (giudici, dirigenti scolastici, sindaci e così via).

Vignetta di IxèneL’ironica vignetta del disegnatore francese Ixèn sul divieto del presepe in Francia
<Venne fra i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto (Gv 1, 9-11).>>

A volte, è la società stessa che vuole abdicare al Natale, oppure…sostituirlo con qualche altra cosa.

Che cosa prenderà il posto del Natale?

Con cosa vogliamo sostituire il Natale? Con la festa dell’albero? Con quella dei regali? Magari con la festa del centro commerciale. Siamo sicuri che sia positivo mettere tutta quest’enfasi sull’acquisto di prelibatezze, oggetti di lusso e giocattoli per i bambini? In questo modo potrebbero essere indotti a pensare che se un giorno queste cose mancheranno, non varrà più la pena di festeggiare il Natale. Mentre non è così e perderebbero oltre alla loro identità, qualcosa di ancora più prezioso (Lc 2, 10-11). Lo sanno bene i poveri per cui Sant’Egidio organizza ogni anno il pranzo di Natale.

Sembra che ciò che sta prendendo il posto del Natale e delle altre feste religiose non è qualcosa che rispetti il principio di neutralità, ma una ideologia molto più violenta del Cristianesimo: una religione del vuoto. Scriveva Lipovetsky ne L’ère du vide, che oggi è diventato possibile vivere senza uno scopo trascendente. Si vive senza più porsi le questioni fondamentali dell’umanità: Bene e Male, Verità e Menzogna, Senso ultimo della vita. Si vive arrabattandosi per risolvere i problemi quotidiani alla meno peggio, senza nemmeno rendersi conto o scomporsi troppo della cosa.
<<Eil Crocifisso?>> chiede il giornalista al preside: «Quello resta appeso ai muri – risponde- perché se lo tolgo se ne fa una questione di Stato e ho cose più importanti di cui occuparmi». Senz’altro le incombenze di un dirigente scolastico, tra burocrazia e adempimenti amministrativi, devono essere gravose, però il tempo di ideare un sostituto del presepe l’anno scorso c’era stato.
«A me non risulta che l’anno scorso sia stato fatto un presepe. Era stato allestito nell’atrio un villaggio agreste,per ricordare che siamo un’unica razza […].La favoletta che la cultura europea è figlia di tante cose, tra cui il Cristianesimo, non sta più in piedi».
Nel rispetto delle opinioni e delle buone intenzioni del dirigente scolastico, desideriamo  ricordarci che siamo un’unica razza anche con le parole di qualcun’altro:

<tutti voi siete uno in Cristo Gesù.>> (Gal 3,28)

Qui l'originale

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