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L’attesa è la parte più difficile: quel periodo esasperante tra l’ora e il poi

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Cari Donaldson - pubblicato il 12/12/14

Come permettere alla tenerezza di Dio di aiutarci

Qualche giorno fa, le letture della Messa hanno gettato uno sguardo su cosa accade dopo il pentimento. Cosa succede nell'arco di tempo tra il momento in cui realizziamo che non abbiamo compiuto la perfetta volontà di Dio e quello in cui siamo resi nuovi dalla sua grazia?

La risposta, come tutte le cose che riguardano Dio, è scioccante. Ci viene detto di aspettarci consolazione. Parole confortevoli, tenere e gentili ci vengono promesse in Isaia. Pace e verità sono offerte nei Salmi, mentre le Epistole parlano della pazienza infinita di Dio.

Vista in questo contesto, è una cosa sorprendente da parte di un Dio sorprendente. Eccoci qui, persone così peccatrici che inquiniamo anche con le nostre opere buone, gridando a Dio per ottenere perdono e giustizia. E anziché rispondere con il pugno di ferro del castigo che meritiamo, ci vengono offerte parole di conforto. Di tenerezza. Siamo stretti al cuore di Dio come pecorelle smarrite, e ci viene detto “Sei tornato a casa da me. Ti farò stare bene”.

E poi viene l'attesa. L'attesa che riempie lo spazio tra il nostro grido per ottenere perdono e giustizia e il momento in cui quelle cose saranno manifestate nella loro pienezza dal ritorno di Cristo. Quell'attesa tra quando realizziamo di essere peccatori e il momento in cui la grazia di Dio ci santificherà in nuove creazioni.

L'attesa è la parte peggiore.

Ad esempio…

Abbiamo deciso di mettere in vendita la nostra casa. Dopo anni e anni di chiacchiere sull'ipotesi di spostarci “un giorno” in un'abitazione con più giardino, abbiamo deciso di compiere il salto e di rendere quell'“un giorno” un punto fisso nel prossimo futuro più che il semplice oggetto di conversazioni notturne. Tutto ciò che ci separa dalla nostra casa futura è vendere quella attuale.

Se non avete mai provato la singolare eccitazione di vendere una casa quando questa è popolata da bambini, permettetemi di dirvi che è decisamente spiacevole. Prima ancora di mettere in vendita la casa, tutto deve essere ridipinto. Tutte le impronte delle mani devono essere coperte da uno strato di indefinito e anonimo color talpa, ogni pomello rotto e ogni scaffale disordinato deve essere riparato, pulito e sgombrato. È un lavoro lungo e noioso, e la cosa devastante è che per ogni superficie che puoi ripulire e pitturare se ne aggiungeranno due che richiederanno lo stesso intervento.

Non sono stata particolarmente paziente o gentile durante questo processo, né con me stessa né con la mia famiglia. Questo momento di transizione, questo spazio tra il decidere di fare un cambiamento e manifestarlo pienamente, non è una situazione in cui mi trovo a mio agio. Divento irritabile. Mi lancio in proclami ridicoli proibendo per sempre che una mano tocchi mai più un muro.

Il fatto è che ci sono già passata. Questo sarà il quarto trasloco che io e mio marito intraprendiamo da quando ci siamo sposati – il terzo da quando abbiamo avuto dei figli. Penserete che dovrei fare un respiro profondo e confidare nel fatto che Dio ci aiuterà in questo processo, ma non lo faccio mai.

Stavolta, tuttavia, cercherò di fare del mio meglio per ricordare il messaggio d'Avvento di questa settimana: ricordare la gentilezza e la tenerezza che Dio effonde su di noi durante i nostri periodi di transizione spirituale e cercare di applicare questo concetto a tutti gli spazi di attesa della mia vita.

Dov'è lo spazio di attesa nella vostra vita? È una promozione non ancora arrivata? Un partner che aspettate ancora di incontrare? Una gravidanza che sembra crudele nel suo rifiuto di arrivare? Trovate l'area di transizione nella vostra vita, e durante questo Avvento chiedete a Cristo di venire in quello spazio inospitale e di riempirlo con il suo amore e la sua abbondanza.

[Traduzione dall'inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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