Padre Ambrosio: nessuna legittimazione dell’Islam, ma una preghiera che viene dal cuore per lanciare un messaggio distensivo tra le fedi«Mani giunte sopra la croce d’argento, occhi chiusi, volto chino. Papa Francesco si è raccolto in silenzio di fronte al mihrab la nicchia che indica la direzione della Mecca- della Moschea Blu di Istanbul. Preghiera, meditazione o silenzio spirituale – il linguaggio in questi casi viene dosato con prudenza dal Vaticano per evitare di urtare qualche sensibilità – il Pontefice è rimasto così per oltre due minuti accanto all’imam, che recitava le preghiere con le mani aperte. Un momento definito dal portavoce Federico Lombardi «di adorazione silenziosa» e di «dialogo interreligioso».
Così La Stampa (29 novembre) descriveva l'ingresso di Francesco nella Moschea Blu in occasione della sua recente visita in Turchia. Sull'aereo, al ritorno, il Papa è tornato sulla visita in moschea spiegando ai giornalisti che è stato lui stesso a chiedere al Mufti di pregare insieme e che in quel frangente, da parte sua, c'è stata una «preghiera sincera per la Turchia, la pace, per il muftì, per tutti, per me che ne ho bisogno» (A Sua Immagine magazine, 10 dicembre).
Un gesto, quello del Pontefice, che ha dato spazio a molti interrogativi. Che cosa significa adorare, pregare in una moschea? Può essere considerato un gesto di "sottomissione" all'Islam o addirittura di "apostasia" come hanno sostenuto alcuni?
Aleteia ha girato questi interrogativi ad uno dei maggiori studiosi di Islam turco, Padre Alberto Fabio Ambrosio, domenicano, e professore associato presso il dipartimento di teologia dell'Università di Metz in Francia.
PREGARE INSIEME NELLO SPIRITO DI ASSISI
«Da un lato – spiega padre Ambrosio – vi è la questione che risale al primo incontro interreligioso del 1986, ricordato come "Assisi1": pregare insieme o pregare ciascuno nello stesso luogo per la pace? Questo dibattito, che fu e resta tipicamente della teologia cristiana, potrebbe ancora essere un criterio interessante di valutazione del gesto di Francesco per quanto riguarda i cristiani. Un gesto che, insomma, parlava forse più ai cristiani che ai musulmani. E poi, come ha detto lui stesso sul volo di ritorno dalla Turchia, è stata una sua "mozione spirituale" e potrebbe appunto essere tutta sua».
IL VALORE DI UNA PREGHIERA IN MOSCHEA
«Da un punto di vista musulmano, la 'preghiera' di un cristiano in una moschea – prosegue l'esperto di dottrina islamica – non pone problemi, e questo è un elemento semplice e forse un pò banale, ma non scontato. Va ricordato che la vera e valida preghiera per l'Islam è solo e soltanto quella dei 5 momenti nella giornata. La vera adorazione (“ibadat”) è realizzata con la “salat”, appunto la preghiera rituale, obbligatoria (Corano, XI, 114)».
IL SENSO DELLA "DU'A"
Dunque, per sgombrare il campo dai dubbi, il gesto di Bergoglio non ha valore canonico secondo la dottrina islamica. «Al di fuori della preghiera canonica ed obbligatoria, esistono delle preghiere, dette "du’a", che sono minori e non hanno lo statuto canonico richiesto per essere dei veri e propri atti formali di adorazione come voluti da Allah (Corano XL, 60). Questo ci semplifica l'analisi, perché ogni semplice gesto – ma che non è considerata una preghiera per i musulmani – può essere compiuta».
COME I SUFISTI
Una prassi del genere richiama al sufismo. «I sufi nella storia della spiritualità musulmana sono i mistici dell’Islam. Sono coloro che non si sono limitati sono all’esteriorità dell’applicazione della legge canonica e rituale ma sono andati oltre. A questo proposito rimando ad un mio volume, "Danza coi sufi" (San Paolo, 2013), in cui riporto una storia simpaticissima del sufismo, dove si vede bene la differenza tra 'preghiera del cuore' che non ha un vero statuto e preghiera canonica».
UN'ADORAZIONE DEL CUORE
«Se dovessimo paragonare, il gesto del Papa o di un cristiano con quello di un musulmano che entra in chiesa, una cosa è partecipare alla messa prendendo la comunione, ben altro sarebbe anche solo 'assistere alla messa' o se si volesse ancora spingere in là il paragone, arrivare in una chiesa e prostrarsi. Questo significa che in quei momenti precisi, non si sa cosa capiti nel cuore dell'uomo, anzi meglio del credente. E penso che Papa Francesco faccia risaltare quell'aspetto direi più spirituale e mistico. Di fronte a Dio, siamo sempre piccoli e questo gesto è tipico di San Francesco».
LA SACRALITA' DEL LUOGO E DEL GESTO
«Un altro aspetto è il luogo. Per i musulmani tutta la terra è luogo di preghiera (Hadith del Profeta: Tutta la terra è una moschea salvo i ‘bagni’) Per questo pregano in ogni dove e li vediamo tirare fuori il tappeto all'aeroporto e mettersi in posizione di preghiera. Questo aspetto relativizza parecchio la 'sacralità' del luogo e quindi anche del gesto. Il concetto di luogo sacro è più tipicamente cristiano e cattolico, per via della “dottrina della presenza reale”».
CONQUISTATA LA SIMPATIA DEI MUSULMANI
Papa Francesco guadagna invece «la simpatia del popolo turco e musulmano perché al di là della teoria, è rispettoso del luogo e fa capire che per lui entrare in una moschea non è entrare in un'architettura storica e fredda». Così facendo« ha conquistato la simpatia dei musulmani come già fece il suo predecessore Benedetto XIV» che visitò la Turchia nel 2006. Anche Ratzinger, infatti, «sostò in meditazione» nella Moschea Blu (La Repubblica , 30 novembre 2006).
NESSUNA LEGITTIMAZIONE DELL'ISLAM
Venendo alle posizioni critiche, Magdi Cristiano Allam su Il Giornale (30 novembre) scriveva che «l'adorazione silenziosa» del Papa «ha legittimato la moschea come luogo di culto dove si condividerebbe lo stesso Dio e ha legittimato l'islam come religione di pari valenza del cristianesimo». «Questa analisi – sentenzia Padre Ambrosio – rimane tendenziosa benché possa essere una delle possibili, se si leggono gli atti in quanto tali. Innanzitutto dire adorazione silenziosa può significare adorazione silenziosa nel proprio cuore. Solo un’ignoranza crassa della spiritualità cristiana può arrivare a dire una cosa tale. Non è forse Gesù che afferma: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre» (GV 4,21). Con la morte di Cristo sulla croce, il velo del tempio si è squarciato e – teoricamente – non dovrebbe più esistere sacro e profano. Ma gli uomini sono stati bravi a ricrearlo…».
L' "INVITO" DI BERGOGLIO DAVANTI AL MIHRAB
«Ammettiamo che Papa Francesco dica “dobbiamo adorare Dio” – evidenzia il teologo – questo non implica che in cuor suo dica dobbiamo adorare lo stesso Dio. Dice dobbiamo adorare Dio non significa ancora nulla. E’ un invito a farlo. Di fronte al mihrab? Va da sé, erano li’ non potevano certo essere sugli scalini della moschea blu per fare una tale dichiarazione».
IL MESSAGGIO "POLITICO"
Queste valutazioni teologiche, conclude Padre Ambrosio, «rischiano di portare fuori strada. Il Papa è un grande religioso dove con religioso si coinvolge anche il politico. Non è un’apertura religiosa, è un’apertura politico-teologica. Questo è ancora più rivoluzionario, perché da un lato sta desacralizzando il ruolo del Papa. Altrimenti detto quando è davanti al mihrab, potrebbe avocarsi anche il diritto come Mario Bergoglio di dire adesso voglio pregare. E non può farlo? Certo che sì, non mette in discussione la dottrina, perché avoca a sé il fatto. E se lo avoca a sé, sa però come ‘politico’, che la cosa avrà un impatto. Quale è l’impatto? E’ che i cristiani smettano di giudicare i musulmani e i musulmani facciano altrettano sulle religioni altrui. Il gesto di Francesco è rivoluzionario perché colpisce al cuore i critici dell’una e dell’altra parte, non per dire siamo una cosa sola, ma per dire adesso io personalmente non vi do’ più nessun pretesto per odiarvi».