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La speranza che porta Gesù Bambino è più forte dell’Ebola

sierra leone

© Daniel Sillah

Aleteia - pubblicato il 10/12/14

Come sarà il Natale nei paesi in cui è scoppiata l'epidemia? La testimonianza di un cooperante del Sierra Leone

E' l'unico paese in cui il virus Ebola è ancora in ascesa, in cui il male che sta tenendo in apprensione l'Africa (ma anche il resto del mondo) sembra non conoscere fine. Qui, in Sierra Leone, a poche settimane dal Natale si respirano sofferenza e paura. Anche se una luce di speranza c'è e la si può riconoscere nel sorriso di Daniel Sillah, cooperante sierraleonese di Freetown. Aleteia lo ha intervistato per conoscere da vicino quale speranza sorregge la sua vita e con quale spirito il suo popolo attende il Natale.

Daniel è nato in Sierra Leone poi nel 1991 a seguito dello scoppio della guerra civile è emigrato in Italia dove è rimasto fino al 2008. “Ora lavoro per Coopermondo e sono coordinatore di un progetto agricolo dove aiutiamo circa 100 coltivatori: facciamo formazione agricola. Poi c'è il settore educativo, seguo una casa famiglia attraverso l'Associazione St. Mary's Home of Charity dove accogliamo ed educhiamo gli orfani e i bambini abbandonati dai loro genitori. Da quando è arrivata l'epidemia Ebola aiutiamo anche i bambini colpiti da questa epidemia. A casa mia abbiamo 9 bambini in affido!

Quale speranza puoi portare in Sierra Leone?

La speranza che noi diamo a questo bambini è attraverso l'accoglienza della nostra associazione. Un'accoglienza che prima di tutto abbiamo nella nostra famiglia.

Cosa farete per Natale?

Il Natale che si avvicina non sarà facile ma non perdiamo la speranza! A Natale sì festeggia la nascita di Gesù, si sta con gli amici, si mangia insieme. A Natale siamo realmente felici: Gesù è nato e ha portato la Sua novità nel mondo. Questo per noi significa concretamente novità: per Natale indossiamo nuovi vestiti, specialmente i nostri bimbi. Mangiamo cibo “nuovo” che non mangiamo durante l'anno e questo lo condividiamo anche con i poveri: a Natale li invitiamo a mangiare con noi. Può sembrare una cosa assurda ma per i bambini il Natale significa poter bere una Coca Cola e mangiare la carne, cosa che non possono mai fare durante l'anno. Ed era così anche per me quando ero bambino. E' un momento bello e di condivisione perché si cucina per chi non ha la possibilità di mangiare e si invita questa gente a casa propria.

Tu inviti anche a casa tua?

Si, lo facciamo anche noi. Inoltre a Natale è usanza ritrovarsi al mare per mangiare e stare insieme, e lì trovi anche i più poveri che vengono a chiederti qualcosa.

Quanti siete?

Nella casa famiglia siamo io mia moglie, mia figlia e 9 ragazzi. 3 di questi adottati sono orfani abbandonati. Purtroppo questo Natale a causa dell'Ebola c’è il divieto di uscire, e non si può stare insieme ad altri perché in quelle situazioni c’è più possibilità di trasmissione del virus. Quindi non si potrà fare festa, invitare amici come si fa tutti gli anni.

Quindi non si potrà andare neanche a Messa?

Sì a Messa è permesso andare ma non si possono toccare le persone o fare gesti che comportano il toccarsi (come lo scambio della Pace). Prima di entrare bisogna lavarsi le mani e ti prendono la temperatura. Secondo me canteremo e saremo felici ma non sarà lo stesso Natale degli altri anni. Sarà diverso ma non so ancora come.

Mi hai raccontato come di solito viene vissuto il Natale: fermarsi ai bordi delle strade per raccogliere gli ultimi, come dice Papa Francesco. Un episodio particolare legato al Natale?

Ti posso raccontare la mia storia di un Natale che mi ricorderò sempre: ero al V anno di scuola, e di solito, come dicevo anche prima, le persone si vestono con l'abito nuovo e si esce a mangiare cose che di solito non si mangiano. Per noi è molto importante uscire col vestito nuovo in questa occasione, è proprio una cultura. Io non avevo il papà. Mia mamma era povera e non poteva comprarmi le scarpe, quindi ero scalzo. Nel villaggio c’era una cascata come luogo di ritrovo per la festa e non sono andato perché non volevo uscire senza scarpe: mi vergognavo. Questa mia storia, che può sembrare triste, è ciò che mi fa ricordare quanto è importante la condivisione e la solidarietà, specialmente a Natale.

Per te e oggi è importante accogliere e dare ai ragazzi piu poveri questa possibilità che tu non hai avuto quando eri bambino? Vivi una carità con queste persone, giusto?

La mia esperienza personale mi ha spinto ad aiutare i ragazzi. Anche la Chiesa mi ha aiutato molto: un prete ha accolto la mia e altre famiglie, creando di fatto una specie di casa famiglia. Io sono cresciuto lì. Ho poi conosciuto associazioni e movimenti come la Comunità Papa Giovanni XXIII e Comunione e Liberazione, che mi hanno educato all’accoglienza anche da adulto.

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