Su Rai 1 la miniserie su san Francesco firmata dalla regista emiliana“Francesco è un pensatore straordinario, un uomo gigantesco e imprevedibile, dotato di una libertà assoluta, uno dei massimi intellettuali della nostra vicenda culturale”. Sintetizza così in una intervista concessa a “Credere” (7 dicembre) la regista emiliana Liliana Cavani, giunta al suo terzo film sul Poverello di Assisi andato in onda su Rai 1.
La fiction Francesco ha ripercorso i periodi fondamentali della vicenda del santo: dalla prima conversione del 1206, al processo inflittogli dal padre, alla nascita del nucleo storico della Fraternità, alla partenza per la Terra Santa fino ad arrivare alla scrittura delle regole e alla morte.
La Cavani che ha dedicato tutta la sua lunga carriera a raccontare al vita di personaggi spesso fuori dal coro nel loro tempo e ambiente, da Galileo a Nietzsche, in una intervista “A Sua Immagine” (6 dicembre) ha detto che la sua “non è un'ossessione”, ma “un'autentica necessità intellettuale per la centralità di quell'uomo. La spinta per mettermi nuovamente dietro la machina da presa me l'hanno data, purtroppo, tutti i problemi socioeconomici del presente. Francesco e la sua realtà storica così positiva, così connessa alla buona e vera natura umana, può essere, oggi più che mai, motivo di riflessione per comprendere il senso della vita. Lo considero non solo un santo, ma un uomo che sa essere contemporaneo, lungimirante e sempre avanti”.
Tra i temi che le stanno più a cuore la regista ha indicato il concetto di fraternitas, il suo “sentirsi 'fratello minore' di Gesù” e avere “un'idea di fratellanza diffusa, inedita per i suoi tempi e precorritrice di quello che sarà il secolo dei Lumi e la Rivoluzione francese”; e poi “la sua povertà, tema così attuale nei nostri giorni così difficili, intesa non solo come aiuto ai poveri ma come sguardo che si propaga al di là delle differenze”; poi “c'è il Francesco antesignano del dialogo tra religioni. In un'era come la nostra, piena di incertezza, ho ripensato a lui che attirava tutti”.
Per la Cavani al giorno d'oggi è indispensabile più francescanesimo: “ci sono troppi odi diffusi, anche di vecchio stampo che stanno riaffiorando in modo subdolo”.
Da un punto di vista spirituale questa trilogia di opere le ha fatto capire “una certezza ovvero una grande libertà nella quale ognuno di noi deve trovare delle risposte, perché non può finire così. Francesco chiama la morte 'sorella'. Ancora una volta emerge una visione di Dio totalizzante, armonica. L'uomo in sé è dono di vita anche nella fine della sua esistenza, non c'è nulla di brutto anche ne decesso”.
Francesco è ancora la chiave di volta. “E' il cambiamento: la rivoluzione, l'evoluzione spirituale e privata di ognuno di noi. E' il rifiuto dell'omologazione, della dittatura”.
Ma in questa nuova fiction, come rivelato a “Credere” (7 dicembre), la Cavani ha sentito anche forte l'esigenza di aggiornare il messaggio di Francesco rispetto a tempi in continuo cambiamento, per “confermare l'eterna validità e allo stesso temo denunciare la scarsa ricezione da parte della società contemporanea”. Ci sono poi due momenti che non aveva mai narrato prima: la figura di Chiara ad esempio è ancora più scavata e approfondita. E quindi vediamo Chiara mentre “fa lo sciopero della fame per ottenere il 'privilegio della povertà'”; c'è poi l'aspetto legato alla presenza di Francesco durante la Crociata in cui “predicò la pace e fece testimonianza e propaganda di pace.
Per questo, aggiunge la Cavani, il gesto del papa di ispirarsi al santo di assisi riveste un grande valore e riflette la sua volontà di richiamarsi direttamente alla fonte, al Vangelo, una “fonte ancora ben viva…perciò quello che dice il Papa è 'nuovo', e così quello che fa. Francesco è stato inattuale per secoli. E' troppo attuale ancora oggi. Si fa preso a dire 'fraternità id tutte le creature di Dio…compresa 'sorella morte corporale'. Nella terra di nessuno tra il credere a Francesco e il non crederci c'è soltanto il vento a parlare…Francesco lo sa benissimo che un bel conto in Svizzera non placa l'amarezza di una carne che muore!”.
È il primo lungometraggio di Liliana Cavani. Prodotto dalla Rai e trasmesso in due puntate il 6 e l'8 Maggio 1966.