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Padre Wresinski: combattere la miseria, scegliendo la povertà

The Poorest of the Poor AFP ROBERTO SCHMIDT – it

AFP ROBERTO SCHMIDT

Emanuele D'Onofrio - Aleteia - pubblicato il 04/12/14

Una nuova raccolta di testi in italiano del sacerdote francese ripropone al centro della riflessione pubblica la forza di un grande progetto politico.

Gli esclusi, gli emarginati, quel Quarto Mondo di persone che il Ventesimo secolo ci ha insegnato a riconoscere come “gli altri”, come popoli lontani e senza voce, oggi attraversano confini nazionali che hanno perso il loro significato, e con essi attraversano ogni giorno la nostra cultura e le nostre vite. Il mondo è in movimento, e noi, bloccati in una logica da tardo impero, siamo fermi. Per questo, lo sguardo sul mondo che con la sua opera propose padre Joseph Wresinski fu profetico e oggi torna profondamente attuale. “Nel «pianeta» povertà ha toccato profondità assolute dell’animo umano e della vita, e chiunque oggi voglia veramente capire e «curare» le povertà, deve – o dovrebbe – conoscere il suo pensiero e la sua azione. In particolare, padre Joseph Wresinski è un classico della povertà nell’età moderna e contemporanea, dove le povertà sono sempre più numerose e diverse, richiedendo una visione in buona parte diversa da quella sviluppata dal pensiero classico cristiano e occidentale”. Così scrive l’economista Lugino Bruni nella sua introduzione all’edizione italiana dei testi di Padre Wriesinki in uscita in questi giorniRifiutare la miseria. Un pensiero politico nato dall’azione (Jaca Book, 20014). Per comprendere meglio la portata di quel pensiero potente, Aleteia ha intervistato il Professor Bruni, docente di materie economiche presso l’Università di Roma Lumsa.

Perché questo titolo: Rifiutare la miseria?
Bruni: E’ importante notare che Padre Wresinski parla costantemente di miseria e non di povertà. Quest’ultima è un oggetto complesso per i cristiani, data la relazione che essa ha con la beatitudine. La miseria invece è sicuramente un male. L’idea tipica di Wresinki, che io apprezzo molto, è la seguente: noi possiamo combattere la povertà, non scelta da parte di tanta gente misera, scegliendo liberamente la povertà come modo di vivere la nostra fede evangelica. Questa idea è presente in tutti i grandi carismi sulla povertà. L’idea che si liberano persone da povertà non scelte attraverso una propria libera scelta della povertà. È antica e molto bella. La scelta di padre Wresinski e di altre persone come lui è di farsi prossimo di persone povere per far sì che la condivisione di talenti e di risorse di vita possa portare queste persone ad uscire dalle trappole nelle quali sono cadute. La miseria è sempre un male, la povertà no, la povertà scelta può essere una via di felicità. Questo è molto chiaro nell’opera del padre francese, ed è molto chiaro anche in chi condivide carismi specifici della povertà, che riescono a vedere nelle persone povere delle cose belle, per cui riescono a far uscire la povertà delle persone con uno sguardo diverso.

In che senso quella di Wresinski è un’opera politica?
Bruni: In lui c’è l’idea – non a caso lavorava molto nella politica e molto anche nell’educazione – che la povertà non è un problema di “flussi”, come direbbero gli economisti, ma è un problema di capitali. Cioè la povertà non è un problema legato all’avere o al non avere: tu vivi la mancanza di denaro, ma in realtà ciò che manca sono i capitali che generano i flussi. Una persona è povera perché non ha studiato, perché non ha capitale sociale, perché non ha capitali familiari, non ha capitali sanitari, queste rimangono mancanze strutturali. Poi, certo, la povertà si manifesta in una mancanza di reddito, ma in realtà ciò che manca sono i capitali. Quindi se tu vuoi far uscire una persona dall’indigenza devi lavorare sui capitali e non sui flussi: devi farla studiare, devi creare un ospedale, devi creare istituzioni politiche e devi agire a tutti i livelli. Quello che invece gran parte della politica pensa – forse oggi un po’ meno ma lo si pensava molto diversi anni fa – è che ai poveri basti dare da mangiare e dare un po’ di denaro. In realtà per risolvere la povertà bisogna lavorare sulle strutture delle persone, sulle relazioni familiari, sociali, culturali, politiche ed istituzionali. Per questo Padre Wresinski era molto attento all’aspetto politico, perché sapeva che la povertà è un problema politico di impatto sociale, non è la sorte di un poveretto che è caduto in disgrazia. La povertà è un giudizio sul mondo, è un modo di guardare il mondo. Per giudicare il livello di una società bisogna guardare a come questa tratta i poveri, è lì il giudizio vero su un popolo. Si dà partendo degli ultimi. Ecco come mi piace leggere questa figura: come una persona che partendo dai poveri ha dato un grande giudizio sul capitalismo e sul proprio tempo. Aveva un’idea politica, sociale e culturale del mondo, non solo una basata su una politica di emergenza, quasi da “protezione civile”. Era ed è un perfetto politico, che parte dai poveri per lavorare politicamente.

Gli esclusi non sono lontani, ma sono tra noi, li escludiamo e ci escludiamo da loro. Non è questo che sosteneva padre Wresinski?
Bruni: La sua idea è che al mondo esiste il potere, ed esistono persone che usano il potere, lo stesso fanno alcune istituzioni, per escludere altri. Ecco su cosa batteva il suo, che giudico un progetto politico sul capitalismo: era un tentativo, oggi ripreso da Papa Francesco, di riportare la povertà al centro del dibattito sociale. La povertà non deve essere solo un problema per specialisti o per un 10% della popolazione: è un problema del capitalismo. La povertà deve tornare non solo tra gli specialisti del welfare e tra gli assistenti sociali, ma dentro i parlamenti. Quando il Vangelo dice “beati i poveri”, propone uno sguardo sul mondo, il cuore del patto sociale. Questo era molto chiaro in lui: finché un sistema esclude sistematicamente una parte per far stare troppo bene l’altra, se noi continuiamo a fare guerre, a procurarci le energie che ci servono per diminuire di un grado l’aria condizionata delle nostre case, questo benessere opulento che diventa esclusione di un migliaio di persone è un sistema sbagliato. Questo è molto chiaro in Wresinski e molto poco chiaro in noi che oggi siamo dentro ad un culto imperiale e non ce ne rendiamo conto. Oggi non si parla più in modo serio di capitalismo, se non tra specialisti. L’unico luogo dove oggi si parla di capitalismo e dei suoi limiti è la Chiesa di Papa Francesco: allora questo libro può aiutare il dibattito su questo tema. Oggi ci servono più profeti come Wresinski e meno tecnici, proprio perché occorre riportare la povertà al centro del patto sociale.

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