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San Francesco e Papa Bergoglio in Oriente: così vicini così lontani?

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 03/12/14
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Il commento di padre Pietro Messa, preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani presso l’AntonianumSan Francesco e Papa Francesco: vicini o lontani nell'approccio con il mondo islamico e con i culti scismatici come quello ortodosso? Il viaggio di Bergoglio in Turchia ricorda in qualche modo lo spirito con cui il poverello d'Assisi partì per una delle Crociate? 

Le distanze potrebbero apparire addirittura siderali se ci si fermasse a leggere quanto scrive Guido Vignelli nel volume "San Francesco antimoderno. Difesa del Serafico dalle falsificazioni progressiste" (Fede & Cultura). Il santo partecipò alla quinta Crociata, quella proclamata nel 1213 da papa Innocenzo III, per poter predicare ai musulmani ed assistere caritatevolmente i crociati nei pericoli fisici e soprattutto spirituali cui andavano incontro. Francesco la chiamava “la santa impresa”, considerandola “pienamente lecita, valutandola come un intervento di legittima difesa militare di quei luoghi sacri e di quei popoli del vicino oriente un tempo cristianizzati dal sangue dei martiri e dal sudore dei confessori della fede”. 

Del resto, sostiene Vignelli, come riportato da cristianocattolico.com, Francesco giustificò la Crociata con il sultano musulmano dell’Egitto. Ed è falsa quella tesi sostenuta da alcuni secondo cui san Francesco fece una scelta missionaria in opposizione a quella crociata. Era inconcepibile una contrapposizione tra Missione e Crociata. “La vocazione del missionario e quella del crociato erano anzi considerate come apparentate, in quanto derivavano entrambe dalla comune prospettiva della cristiana testimonianza mediante il pellegrinaggio e la disposizione al martirio”. 

Inoltre il santo di Assisi, sempre secondo le tesi di "San Francesco antimoderno", non fu ecumenista. Nel suo Testamento, il poverello esige che i frati sospettati di eresia o scisma vengano imprigionati e consegnati al cardinale protettore dell’Ordine per essere inquisiti.

Non è proprio in linea con queste tesi uno dei più autorevoli studiosi del francescanesimo, padre Pietro Messa, Preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani presso la Pontificia Università Antonianum. Padre Messa sostiene, invece, che è importante sempre basarsi sulle fonti ponendo attenzione ad un retto approccio ad esse; in tal caso si possono notare tra la presenza in Oriente di frate Francesco e papa Bergoglio alcune assonanze, senza però pretendere di voler anacronisticamente confrontare due realtà così distanti nel tempo.

Anche secondo lei il papa non interpreta al meglio la figura di san Francesco, che non fu un ecumenista e, ai suoi tempi, andò in terra musulmana rischiando il martirio personale per provare a convertire gli islamici?

Messa: «Un detto dice che chi non distingue confonde e questo vale anche per frate Francesco d'Assisi, che morì nel 1226 e fu canonizzato, ossia venne riconosciuta canonicamente la sua santità, da papa Gregorio IX nel 1228. Parlare per quell'epoca di ecumenismo, dialogo interreligioso, scontro di civiltà, ecologia, eccetera sono anacronismi: sarebbe come dire che l'Assisiate era in Facebook! Quindi, sapendo che le domande condizionano le risposte, è bene rettificare le stesse domande». 

Rettifichiamo, allora. Contestualizziamo prima il pensiero di Francesco. 

Messa: «Ad esempio Francesco nei suoi scritti non accenna mai a cristiani di altre confessioni o al versetto evangelico in cui Gesù chiede al Padre che siano uno affinché il mondo creda. L'ecumenismo come è inteso oggi è una realtà che ha inizio nei secoli XIX e XX: sembra assurdo, ma il primo millennio del cristianesimo si concluse con lo scisma d'Oriente, il secondo con il sorgere del movimento ecumenico! Certamente san Francesco può offrire alcuni aspetti che possono aiutare a cogliere occasioni o risolvere problemi dell'oggi, ma pur sempre considerando che visse nel secolo XIII e non nei primi decenni del Terzo Millennio come papa Francesco». 

Esistono studi aggiornati sulla figura di san Francesco d'Assisi che possono fornirci degli spunti utili?

Messa: «Attualmente per conoscere la vicenda di Francesco d'Assisi fondamentale è il volume di André Vauchez, “Francesco D'Assisi. Tra storia e memoria” (Einaudi), frutto di 40 anni di studio e che ha richiesto 4 anni per la stesura. A proposito di ecumenismo o dialogo interreligioso non dice nulla perché concentrato sulla vicenda dell'Assisiate; se vi è qualche accenno è nel momento in cui illustra come il Santo d'Assisi è stato presentato nel corso dei secoli. Così se Martin Lutero era d'accordo con Erasmo da Rotterdam nel definire dispregiativamente l'opera del frate Bartolomeo da Pisa sulla conformità di san Francesco a Cristo come l'Alcoranus Franciscanorum, altri presentarono la fraternitas minoritica come un esempio di pre-protestantesimo! Similmente l'incontro con il Sultano nel periodo del colonialismo era illustrato come lo stare davanti a un uomo debosciato e abominevole, nella seconda metà del secolo XX come una sintesi di cortesia e rispetto. Ma in tutti i casi si tratta di letture strumentali della vicenda di san Francesco». 

Ad esempio sempre Vignelli nel suo volume scrive che san Francesco nel Testamento esige che i frati sospettati di eresia o scisma vengano imprigionati e consegnati al cardinale protettore dell’Ordine per essere inquisiti. 

Messa: «Negli scritti di Francesco non appaiono mai le parole eresia o derivati, come anche scismatici. Certamente vuole che i frati siano cattolici e ciò è testimoniato soprattutto dal fatto che pregano secondo la forma della Chiesa romana; nel caso che vi sia qualcuno che non dice l'ufficio o non sia cattolico i frati, è scritto, "lo presentino davanti al signore di Ostia, che è signore, protettore e correttore di tutta la fraternità". Con il "signore di Ostia" intende in quel momento il cardinale Ugo, che due anni dopo nel 1228 sarà eletto papa assumendo il nome pontificio di Gregorio IX».

E' vero che i papi del XIII secolo, per promuovere la Santa Romana Inquisizione contro l’eresia, ricorsero non solo all’Ordine domenicano, ma talvolta anche a quello francescano?

Messa: «Fu papa Innocenzo IV che nel maggio 1254 con la bolla Licet ex omnibus istituisce organicamente i Minori come inquisitori, ossia attribuisce l’offitium inquisitionis haereticis pravitatis ai frati Minori».

La frase consacrata dalla Tradizione “Fuori della Chiesa non c’è salvezza” era ben presente in san Francesco?

Messa: «Tale espressione è completamente assente dagli scritti e detti di frate Francesco e – secondo il suo stile e le capacità, essendo sì alfabetizzato, ma non acculturato – non compie alcuna speculazione in merito. Riguardo alla predicazione rimanda semplicemente al Vangelo e afferma che "se uno non sarà rinato dall’acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio"».

A questo proposito è attuale l’ammonizione di Pio XI: “ah quanto male fanno e quanto si allontanano dalla conoscenza dell’Assisiate coloro che, per accondiscendere alle proprie fantasie ed errori, s’immaginano e s’inventano – incredibile a dirsi! – un Francesco insofferente della disciplina della Chiesa, noncurante degli stessi dogmi della dottrina della fede, anzi precursore ed araldo di quella pluralistica e falsa libertà che si è cominciato ad esaltare agli albori dell’età moderna, e che tanto danno ha causato alla Chiesa ed alla società civile”?

Messa: «Pio XI dedicò l'enciclica Rite expitatis del 30 aprile 1926 a san Francesco in occasione della celebrazione del settimo centenario della morte. In tale enciclica egli mette in guardia da una serie di letture riduzioniste del Santo d'Assisi: da quella romantica a quella modernista, da quella estetista a quella nazionalista, e così via. Ma non fu l'unico papa che si preoccupò di rettificare la lettura della vicenda dell'Assisiate. Ad esempio Giovanni XXIII ebbe a dire “'Subditi et subiecti pedibus Sanctae Romanae Ecclesiae', secondo l'espressione di S. Francesco. La storia della Chiesa, studiata senza animosità, dà la documentazione più esauriente di quanto, nella obbedienza pura e semplice alla Santa Chiesa, c'è di successo nella vita degli Ordini religiosi, e quanto di svantaggio e di desolazione accada loro di lamentare e di piangere, seguendo, soli o collettivamente, le vie della insubordinazione e della indisciplina, come uno può vedere andando a leggere quanto i pontefici ebbero a dire”».