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Nella grotta di Betlemme c’erano il bue e l’asinello?

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Toscana Oggi - pubblicato il 03/12/14
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A proposito del libro del papa emerito Benedetto XVI su “L’infanzia di Gesù”Nel suo ultimo libro il Papa emerito afferma che nella grotta dove è nato Gesù non vi erano il bue e l’asinello. Pur nella sua autorevolezza e nella sua infallibilità, su che cosa basa il Santo Padre questa convinzione? Forse sul fatto che mai è stata provata storicamente ed evangelicamente la presenza di tali animali? Se così fosse, allora non sarebbe nemmeno provata la loro assenza, tanto più che Gesù Bambino fu posto in una mangiatoia, adibita, appunto, a contenere il foraggio degli animali. Ma mi si consenta un umile invito: ci sia lasciata almeno «per intero» la poesia millenaria del presepio di Greccio.
Gian Gabriele Benedetti

Risponde padre Filippo Belli, docente di Teologia biblica
Carissimo lettore, il Santo Padre, con tutta la sua autorevolezza non può decidere se nella grotta di Betlemme c’erano l’asino e il bue oppure no. Può solo affermare, come è ovvio a chiunque legga il racconto di Luca, che «nel vangelo non si parla di animali» (L’infanzia di Gesù, p. 82). Questo è il primo dato che abbiamo: il Vangelo ci parla di mangiatoia (implicando quindi animali), ma non ci racconta di nessun animale presente. Cosa fare? Eliminare dai nostri presepi l’asino e il bue perché non ci sono nel Vangelo? Per nulla! Il Papa stesso nel suo libro dice: «nessuna raffigurazione del presepe rinuncerà al bue e all’asino» (p. 83). Perché questo è un altro dato che abbiamo: la tradizione fin dai primi secoli, ha rappresentato la scena della nascita di Gesù in una grotta e con accanto due soli animali, un bue e un asino. Perché? Il Papa stesso nel suo ultimo volume lo spiega. La fede cristiana ha collegato il racconto di Luca con un testo di Isaia che dice: «il bue conosce il suo proprietario e l’asino la mangiatoia del suo padrone, mentre Israele non conosce, il mio popolo non comprende» (Is 1,3). È un testo amaro, in cui il Signore si lamenta con il suo popolo che ha allevato e fatto crescere, ma che si è ribellato (cf. Is 1,2).

Persino il bue e l’asino – dice il Signore attraverso il profeta – sanno riconoscere a chi appartengono, mentre il popolo non riesce per ribellione. Il collegamento con questo testo è con la parola «mangiatoia» (phatne in greco). È stato facile per il primi cristiani che cercavano di comprendere il Vangelo chiedersi: perché una mangiatoia (Lc 2,7.12)? C’erano animali? Che significato ha la mangiatoia? Così hanno trovato questo testo di Isaia in cui si cita una mangiatoia e hanno pensato che la parola di Isaia potesse illuminare il mistero della nascita di Gesù.

Quindi il bue e l’asino, pur non essendo presenti nel racconto evangelico, ci stanno proprio bene nel presepe. Essi indicano a tutti l’atteggiamento adeguato di fronte al mistero che viene manifestato nella grotta di Betlemme: chi è quel bambino che i pastori ammirano, che i Magi adorano, che Giuseppe e Maria custodiscono e contemplano con ineffabile tenerezza? È il Signore, Colui a cui tutto appartiene, e la creazione stessa (raffigurata dal bue e dall’asino) lo riconosce come tale. Questi bravi animali sanno a chi appartengono, come profetizza Isaia. Così ognuno di noi, se fa attenzione al proprio cuore, se ha la semplicità dei pastori, l’intelligenza e sapienza dei Magi, la disponibilità di Maria e Giuseppe, può riconoscere in quel Bambino adagiato in una mangiatoia, chi è il suo Signore, Colui al quale appartiene.

È la grande provocazione del Natale: una semplicità disarmante, che fa appello alla nostra semplicità, che ci obbliga ad essere come bambini per comprendere un Bambino, che ci costringe quasi ad essere come dei semplici animali che sanno una sola cosa, chi è il loro padrone e dove sta il loro cibo. Quante evocazioni in questi due buoni animali che ci sono così cari e dei quali non possiamo fare a meno nel nostro presepe! Invito a rileggere anche gli ulteriori suggerimenti che il Santo Padre fa nel suo ultimo volume (pp. 82-83). 

Un’ultima annotazioni: il libro del Papa emerito sull’infanzia di Gesù, così come i due precedenti, non hanno nessuna pretesa di infallibilità. Essi sono – come lui stesso afferma – la sua ricerca personale sulla persona di Gesù, offerta a tutti come aiuto a scoprirlo. Quindi qui l’infallibilità pontificia non ha luogo, e non può averlo per la natura stesso dello scritto che non obbliga a nessun atto di fede.