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C.S. Lewis: sorpreso da Joy

Clive S. Lewis

© Getty Image

CattoNerd - pubblicato il 30/11/14

La storia di come l’autore di Narnia si innamorò

C.S. Lewis, detto “Jack”, nasce il 29 novembre di 116 anni fa. Seppur anglicano, ogni cattolico nerd che si rispetti non può non confrontarsi  con (ed amare *-*) questo straordinario ateo convertito (non so se si capisce che LO AMO FOLLEMENTE), autore non solo delle più celebri “Cronache di Narnia”, ma soprattutto di molti scritti che seguono al linea dell’apologetica (i neo convertiti su questo genere spaccano). Tutti conoscono più o meno la storia della sua bellissima amicizia con Tolkien. Pochi però sanno della sua storia d’amore con Joy Davidman.

Sopreso dalla Gioia

Questo libro autobiografico di Lewis parte dalla sua infanzia ed attraversa tutta la sua vita fino alla metà degli anni ’50. Per tutto il testo Lewis mostra la sua disperata ricerca di quella gioia bellissima che a tratti riuscirà a gustare, come quando da bambino suo fratello costruì un minuscolo giardino artificiale nella scatola di biscotti. Sarà proprio questo il primo impatto di gioia che Lewis ricorda: 

“Al momento non ci feci caso, ma l’effetto che ne ebbi doveva rimanere nella mia memoria. Finché vivrò la mia immagine di Paradiso conterrà qualcosa del giardino giocattolo di mio fratello.”

La gioia lo sorprenderà anche a distanza di anni nella sua vita, e lui proverà sempre ad afferrarla senza riuscirci, ma sarà proprio questo “nascondino” che farà capire a Lewis che la gioia non la si possiede, non siamo mai noi a scovarla…è sempre lei che scova noi, è 

qualcosa di troppo vicino per essere scorto, di troppo semplice per essere compreso, in quest’ambito di conoscenza. Sembrava fosse sempre stato con me; se fossi riuscito a voltare la testa abbastanza rapidamente, lo avrei afferrato. Ora, per la prima volta, sentivo ch’esso non si lasciava afferrare non perché non fosse in mio potere, ma perché lo era troppo.” 

(Vedi articolo “I Fantasy e la Gioia: C.S. Lewis“)

C’è una frase di Doctor Who, precisamente dell’undicesimo dottore, che mi è sempre piaciuta tantissimo:

Tutti siamo storie, alla fine”.

E la storia di Clive Staples Lewis è una storia non solo sorpresa, ma segnata dalla Gioia.

Joy

davidman2Helen Joy Davidman è una scrittrice e poetessa americana, di origini ebraiche, cresciuta però nell’ateismo. Durante la Grande Depressione in seguito a varie difficili vicissitudini, decide di aderire al Partito Comunista Americano. Insomma sul curriculum possiamo dire che non si era fatta mancare niente XD. Nel ’42 si sposa con lo scrittore William Lindsay Gresham, conosciuto proprio tramite il partito comunista, dal quale avrà due figli David e Douglas. Il loro sarà un rapporto travagliato per via della dipendenza di Gresham dall’alcool con episodi di violenza, e delle sue ripetute infedeltà. Sarà proprio durante una di queste crisi che Joy affermerà:

“per la prima volta il mio orgoglio è stato costretto ad ammettere che non ero, dopo tutto, ‘il padrone del mio destino’. . . Tutte le mie difese – tutte le pareti di arroganza e presunzione e amor proprio dietro le quali mi ero nascosta da Dio – per un momento cedettero – e Dio entrò.”

Dopo essersi riappacificata col marito, inizieranno un percorso religioso. Inizialmente lei studierà le sue radici ebraiche, passando poi ad approfondire tutte le religione. La cosa che mi commuove (ed anche sorprendente) è che questa sua ricerca religiosa alla fine la porterà a dire queste parole: 

 “il Redentore che si era fatto conoscere, la cui personalità avrei riconosciuto fra diecimila- era Gesù.”

Fu da qui che la coppia iniziò a frequentare la chiesa Presbiteriana, e ad accostarsi alle opere di Lewis.

Joy e Jack: galeotto fu il libro

Purtroppo il riavvicinamento da parte del marito ebbe vita breve. Tornò presto ai suoi vizi ed iniziò a coltivare un interesse per pratiche esoteriche come i tarocchi e gli I Ching. Questo portò i due a distaccarsi sempre più divenendo praticamente estranei. Joy inizierà nel frattempo una corrispondenza epistolare con Lewis. C’è un filo conduttore che unisce i due in maniera quasi spudorata. Joy lesse da bambina “Phantastes” (in italiano “Le fate dell’ombra”) di George McDonald, lo stesso libro che in qualche modo costituì una svolta nella ricerca di Lewis della “Gioia”, e sulle vicende di questo libro lei affermerà che “hanno sviluppato in me un gusto permanente per la fantasia, che mi ha portato anni dopo a C.S. Lewis, che a sua volta mi ha portato alla religione. ” 

La prima dei due ad innamorarsi fu proprio Joy, di fronte ad un Lewis forse troppo poco avvezzo a storie sentimentali per accorgersi della cosa. Ebbene sì, la povera Joy passerà dalla sindrome della crocerossina, al peggiore incubo umano: la Friendzone. Dirà il fratello di Jack, Warren che: 

Per Jack l’attrazione è stata in un primo momento senza dubbio intellettuale. Joy era l’unica donna che aveva incontrato … che aveva una mente che si trovasse sulla stessa linea con la sua elasticità, ampiezza di interessi, capacità analitica, e soprattutto sull’umorismo e il modo di divertirsi“.

La cosa se vogliamo “esilarante” sarà che Lewis se la sposerà pure, con rito civile, ma per semplice amicizia (povera Joy XD) per evitarle di venir cacciata dall’Inghilterra per via del visto scaduto (difatti nel frattempo dopo il divorzio si era trasferita lì coi figli, della quale istruzione provvedeva Lewis stesso al posto del padre).

Amare vuol dire essere vulnerabili

love lewis
Immagine da: lapidary apothegms

La Friendzone di Joy sarebbe potuta durare per sempre, se non fosse che nell’ottobre del ’56 si romperà la gamba sinistra inciampando sul filo del telefono (santo filo direbbe Robin!). Sarà proprio dopo questo spavento che Lewis realizzerà il dolore all’idea di perderla. Joy verrà portata all’ospedale, ma purtroppo il problema non sarà la gamba rotta: le verranno diagnosticati un incurabile tumore osseo ed un altro tumore al seno. Lewis per questo scriverà ad un amico: 

una nuova bellezza ed una nuova tragedia sono entrate nella mia vita. Rimarresti sorpreso (o forse no?) nel sapere quanta di questo strano tipo di felicità ed allegria c’è tra noi

Lo confesso: dopo aver letto questa frase ho pianto ç___ç 

Tornando a dove eravamo rimasti, il rapporto tra i due finalmente cambia (uscire dalla Friendozone si può -magari senza finire all’ospedale o ammalarsi XD), tanto che decidono di risposarsi in chiesa, il 21 marzo del 1957andando a vivere insieme  a The Klins, l’abitazione di Lewis ad Oxford. Purtroppo qualche anno dopo, a seguito di un’iniziale recessione del cancro, Joy nel marzo del ’60 scoprirà di non rispondere più alle cure. Ad aprile Lewis decide di portare Joy in vacanza in Grecia, posto che da tutta la vita sperava di vedere; al ritorno dal viaggio le sue condizioni peggioreranno drasticamente. Dopo tre anni di matrimonio, muore il 13 luglio 1960.

Diario di un dolore

joy
H./Joy durante la malattia

Lewis scriverà questo libro, “Diario di un dolore” sotto pseudonimo. Raccoglie i suoi pensieri, le sue emozioni, la sua sofferenza per la morte di H. (così la chiama nel testo). Lo so, state con le lacrime agli occhi chiedendovi “alla faccia della gioia” XD Ma in realtà se guardate, fin dall’inizio questa parola è stata la traccia della vita di Lewis ed, a mio parere, della sua santità. Lewis ha seguito il suo filo rosso fino alla fine, da quel giardino da bambino, fino a Joy, l’amore della sua vita, un amore che sembra esser giunto tardi, ma che forse è giunto proprio nel momento giusto. Forse è proprio da questo dolore che Lewis farà il salto di qualità nella fede: 

Non si può mai sapere con quanta convinzione si crede a qualcosa, fino a quando la verità o la falsità di questo qualcosa non diventano una questione di vita o di morte.[…] A quanto pare, la fede (ciò che io credevo fosse fede) che mi permette di pregare per gli altri morti mi è sembrata forte solo perchè non mi è mai importato granché, non mi è mai importato disperatamente, che quei morti esistessero o no. Eppure ero convinto del contrario. […]Parlatemi della verità della religione e ascolterò con gioia. Parlatemi del dovere della religione e ascolterò con umiltà. Ma non venite a parlarmi della consolazione della religione, o sospetterò che non capite.

Esattamente come la “Gioia” di cui parla nel suo libro autobiografico, Joy è comparsa nella vita di Lewis per poco tempo, sfuggendole alla fine dalle mani. La Joy in carne ed ossa conduce, come la gioia tanto ricercata dal Lewis della giovinezza, verso il suo punto di origine più profondo, verso Dio. Questa perdita metterà alla prova la fede di Lewis ma allo stesso tempo la purificherà.
Se vShadowlands in italiano "Viaggio in Inghilterra" è il film che parla di questa storia d'amore con Anthony Hopkins nei panni di C. S. Lewisi siete appassionati a questa storia sappiate che esiste un film dell’85 Viaggio in Inghilterra(Shadowlands in inglese) con Anthony Hopkins nei panni di Lewis. In realtà non so se isa bello o meno, lo devo ancora vedere (tanta vergogna su di me, lo so).
Concludo lasciandovi crudelmente con questo testo sul suo matrimonio che credo farà aggiungere svariati litri ai lacrimoni di prima. Perdonatemi, ma è uno dei miei preferiti, e non potevo non citarlo! E con questo brano voglio ringraziare da quaggiù Clive Staples Lewis per la danza meravigliosa che è stata tutta la sua vita, che non ho dubbi: a me ha davvero trasmesso una gioia immensa =’)

“Era troppo perfetto per durare”: questo sono tentato di dire del nostro matrimonio. Ma lo si può intendere in due modi. Può essere un’espressione di cupo pessimismo: come se Dio, accortosi che due delle Sue creature erano felici, le avesse subito interrotte (“Basta! Finitela!”). Come se Dio fosse simile a una padrona di casa che durante un cocktail separa due ospiti che danno segno di aver cominciato una conversazione troppo seria. Ma potrebbe anche voler dire: “Aveva raggiunto la sua perfezione. Aveva realizzato ciò che era implicito in esso, e quindi non c’era motivo di prolungarlo”. Come se Dio avesse detto: “Bravi, questo esercizio l’avete imparato proprio bene. Sono molto contento. Ora potete affrontare il prossimo”. Una volta che sappiamo risolvere le equazioni di secondo grado e ci proviamo gusto, l’insegnante non insiste e passa ad altro.Perché noi abbiamo imparato qualcosa e abbiamo raggiunto qualcosa. Nascosta o esibita, c’è una spada che separa i sessi, finché un matrimonio totale non li riconcilia. E’ nostra arroganza definire “maschili” la schiettezza, la lealtà e la cavalleria quando le vediamo in una donna; è loro arroganza descrivere come “femminili” la sensibilità, il tatto o la dolcezza di un uomo. Ma, del resto, che poveri frammenti deformi di umanità devono essere gli uomini solo uomini e le donne solo donne, per rendere plausibili i sottintesi di tale arroganza. Il matrimonio sana questa frattura. Uniti, i due diventano pienamente umani. “A immagine di Dio Egli li creò”. In questo modo, con un paradosso, questo carnevale di sessualità ci porta al di là del nostro sesso.E poi uno dei due muore. E noi lo vediamo come un amore interrotto; come una danza arrestata a metà giravolta, o un fiore con la corolla miseramente strappata: qualcosa di troncato, e quindi privo della sua giusta forma. Ma è così? Se, come non posso fare a meno di sospettare, anche i morti sentono i tormenti della separazione (e questa potrebbe essere una delle loro pene purgatoriali), allora per entrambi gli amanti, e per tutte le coppie di amanti, senza eccezioni, la perdita dell’altro è una parte universale e integrante dell’esperienza d’amore. Essa segue il matrimonio con la stessa normalità con cui il matrimonio segue il corteggiamento o l’autunno l’estate. Non è un troncamento del processo, ma una delle sue fasi; non è l’interruzione della danza, ma la figura successiva. Noi siamo “tratti fuori di noi” dall’amata fintanto che essa è qui. Poi viene la figura tragica della danza, nella quale dobbiamo imparare a essere ugualmente tratti fuori di noi, anche se la presenza corporea è stata tolta; dobbiamo imparare ad amare lei, e a non ripiegare sull’amore del nostro passato, o del nostro ricordo, o del nostro dolore, o del nostro sollievo dal dolore, o sull’amore del nostro stesso amore.

Joy e Lewis nel loro giardino
Joy e Lewis nel loro giardino a The Kilns

Qui l'originale

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