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Scaccia via l’oscurità! I Passenger le cantano ai conformisti

Passenger e anticonformisti

© You Tube

Catholic Link - pubblicato il 25/11/14

Dissotterra i tuoi talenti!

di Luis Delgado

Il videoclip del gruppo musicale inglese Passenger ci permette di guardare, con un po’ di sarcastico distacco, che aria tira in quegli uffici in cui vengono messe da parte le aspirazioni degli impiegati, che sembrano disgustati dal proprio lavoro. Il testo della canzone, intitolata Scare away the dark, è quasi un grido di disperazione che vive silenziosamente e si muove nel più profondo del cuore di varie persone, ed è purtroppo una realtà in alcune imprese del mondo corporativo odierno.

Al giorno d’oggi esistono fenomeni imprenditoriali come l’outsourcing [appalto a ditte esterne, ndt.] che servono solo a ridurre i costi. Strutture organizzative con gerarchie iperverticali e burocratiche, funzionari con stili direttivi quasi autoritari che permettono alcuna opinione… Questi fenomeni contribuiscono a far sì che esistano lavori monotoni, sfiancanti e ripetitivi, che per loro natura non lasciano spazio alla creatività o ai suggerimenti per migliorare le attività lavorative. La conseguenza di questo potrebbe essere in alcuni casi persone che lavorano migliaia di ore all’anno facendo la stessa cosa, disgustate e senza un orizzonte lavorativo che le entusiasmi e le spinga a crescere.

“Nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita” (Papa Francesco, Evangelii Gaudium)

In questo panorama, è necessario avere chiaro che lo sviluppo professionale si verifica se pianifichiamo, cerchiamo, agiamo e perseveriamo cercando di realizzare il progetto di Dio. Ci sono tuttavia imprese che oltre a non promuovere lo sviluppo professionale dei propri impiegati non concedono gli spazi necessari perché questi possano continuare a crescere come professionisti e come persone. Un’impresa deve avere sempre come priorità la ricerca costante dello sviluppo delle persone che la formano, per ragioni umane, sì, ma anche per efficienza imprenditoriale. È provato che un lavoratore motivato e che mette a frutto i suoi talenti è molto più produttivo di uno al quale non vengono date queste opportunità.

Dall’altro lato, ci sono lavoratori che vogliono una vita che abbia senso, ma si preoccupano troppo di essere i migliori. Trascorrono molto tempo paragonandosi agli altri. Corrono dietro il classico sogno del successo solo per avere successo. Bruciano la propria vita lavorando al massimo alla ricerca di potere, denaro e ammirazione, senza rendersi conto che invece mettono a tacere la voce interiore della propria creatività. Imbottigliati dagli standard corporativi, possono danneggiare la propria libertà e la capacità di stupirsi per la bellezza delle cose semplici della vita.

L’intenzione non è quella di generalizzare dicendo che tutte le persone vivono quanto descritto, né di fare una caricatura delle sfide del mondo lavorativo che molte persone, con buona volontà, sacrificio e virtù, vivono quotidianamente. È innegabile che nella routine, nella noia e nei canoni classici del mondo corporativo si possano dispiegare i propri doni e talenti svolgendo un buon lavoro, ma è un compito proporzionale al “legno” di cui si è fatti. Alcuni scoprono la realizzazione tra le difficoltà e le ambiguità del mondo imprenditoriale, altri per queste ragioni non solo vogliono, ma hanno bisogno di uno spazio diverso e proporzionale per trovarsi, essere felici e dispiegare i propri talenti.

Parlando del dispiegare i talenti, è importante ricordare che questa espressione acquisisce significato attraverso la riflessione cristiana della parabola dei talenti narrata nel Vangelo. È possibile che alcune persone abbiano paura di dispiegare i propri doni temendo il fallimento o l’esigenza che comporta il fatto di svilupparli e mostrarli. Non possiamo conformarci con un lavoro che non trae il meglio di noi stessi. Dio ha donato talenti distinti a tutti noi, e sarebbe molto triste se li seppellissimo. Dobbiamo dedicare più tempo alla riflessione e alla conoscenza personale, “categorizzare” le nostre esperienze per scoprire di che legno siamo fatti e qual è l’invito che Dio ci rivolge nella nostra vita lavorativa, chiederci come possiamo mettere i nostri talenti al servizio degli altri.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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