La “ricetta” di Bergoglio contro la crisi economica: non è un problema di soldiCrisi economica, disoccupazione, recessione, chiusura delle aziende, contrazione della spesa delle famiglie: tutti i giorni queste notizie si fanno realtà sulla nostra pelle. Alzi la mano chi non è tentato dallo scoraggiamento, dal chiudersi in piccole certezze, procedendo a testa bassa finché non saremo arrivati all’uscita dal tunnel. Invece papa Francesco chiede a tutti di alzare la testa e inventare, non subire, il futuro.
La “ricetta” si trova nel videomessaggio inviato da papa Francesco al Festival della Dottrina sociale della Chiesa che si è aperto il 20 novembre a Verona sul tema “Oltre i luoghi, dentro il tempo”.
La trappola di una situazione generale così pesante da far concludere “che noi non possiamo farci niente”, è quella, secondo Bergoglio, di fermarsi a “curare le proprie ferite” dando spazio a un’indifferenza che rende “ciechi, sordi e muti, presenti solo a noi stessi”.
Invece occorre andare oltre, come suggerisce il titolo del festival di Verona, e rispondere ai bisogni reali.
Può sembrare strano che sia un leader religioso a dare questi suggerimenti, ma il pontefice offre indicazioni precise: “prendere l’iniziativa” e “liberare le molte energie nascoste o non conosciute” che esistono per “creare spazi e non limitarsi al loro controllo”. Anche in ambito economico.
Un discorso teorico e buonista? Non proprio. “Il sistema – spiega Bergoglio – tende ad omologare tutto e il denaro la fa da padrone. Il sistema ti porta a questa globalizzazione non buona che omologa tutto”. Occorre rovesciare la prospettiva e avere il coraggio di non lasciarsi imprigionare dal denaro e dai risultati a breve termine “diventandone schiavi”. Volete un esempio concreto per non restare alle “belle parole”?
Quante volte si sente dire che non si possono prendere alcune iniziative necessarie per mancanza di denaro? In realtà, riflette il pontefice, “il denaro c'è sempre per fare alcune cose e manca per farne altre”. Si trova sempre, per esempio, il denaro per acquistare armi, per fare le guerre, per operazioni finanziarie senza scrupoli. Invece mancano i soldi per creare lavoro, per investire in conoscenza, nei talenti, per progettare un nuovo welfare, per salvaguardare l'ambiente.
“Il vero problema – ha affermato il pontefice nel videomessaggio – non sono i soldi, ma le persone: non possiamo chiedere ai soldi quello che solo le persone possono fare o creare. I soldi da soli non creano sviluppo, per creare sviluppo occorrono persone che hanno il coraggio di prendere l'iniziativa”.
Bergoglio entra ancora più nel dettaglio: prendere l'iniziativa significa sviluppare un'impresa capace di innovazione non solo tecnologica, rinnovare le relazioni di lavoro sperimentando nuove forme di partecipazione e di responsabilità dei lavoratori, inventare nuove formule di ingresso nel mondo del lavoro, creando un rapporto solidale tra impresa e territorio. “Vivere questo tempo intensamente – sottolinea il pontefice riprendendo l’altro asse della riflessione del festival della dottrina sociale della Chiesa – porta a scommettere su un futuro diverso e su un diverso modo di risolvere i problemi”.
Al posto di chiedere “nuovi spazi” allo Stato o ad altri enti di assistenza, il vero segreto per cambiare le cose è creare “nuovi processi” che non sono il risultato di interventi tecnici ma “i risultati di un amore, che, sollecitato dalle situazioni, non è contento finché non inventa qualcosa e diventa risposta”. Significa, in altre parole, scommettere sull’amore come “vera forza del cambiamento”.
La necessità di aprire spazi porta naturalmente a promuovere e sviluppare i talenti: “far circolare le capacità, l'intelligenza, le abilità di cui le persone sono state dotate”.
Liberare i talenti, afferma papa Francesco, è l'inizio del cambiamento, un movimento capace di far superare “invidie, gelosie, rivalità, contrapposizioni, chiusure, quelle chiusure preconcette, e apre ad una gioia, alla gioia del nuovo”. Un discorso che riguarda in particolare i giovani, spesso in larga percentuale disoccupati, e sui quali invece occorre investire e dare molta fiducia.
“Andare oltre”, chiarisce il papa non è però un movimento scomposto, frutto “della casualità individuale” ma si raccoglie intorno alla “condivisione di un fine”. “La storia – ha concluso papa Francesco – è un percorso verso il compimento. Se ci muoviamo come popolo, se andiamo avanti insieme, la nostra esistenza evidenzierà questo significato e questa pienezza”.