Una novità la cui importanza simbolica non è assolutamente trascurabiledi Jean Mercier
È una novità la cui importanza simbolica non è assolutamente trascurabile. Papa Francesco ha autorizzato le comunità cattoliche orientali diffuse in diaspora (cioè fuori dalla loro culla del Medio Oriente) a poter disporre di preti sposati. Fino ad ora Roma costringeva queste comunità di diaspora (maroniti, caldei, melkiti, ecc.) a ricorrere a preti celibi delle loro rispettive Chiese, dato che si trovano su territori dove esistono solo preti celibi nella Chiesa (Europa, Oceania, America e Africa).
Il papa mette quindi fine all’idea che, in Occidente, non è opportuno che i fedeli delle Chiese cattoliche di rito latino “vedano” dei preti sposati tra i loro fratelli cattolici delle Chiese orientali. La decisione del papa è stata presa il 13 dicembre 2013, in un’udienza con il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, ma è stata messa per iscritto solo il 14 giugno 2014. Mette fine ad una lunga controversia iniziata attorno al 1880 negli Stati Uniti. All’epoca, i vescovi cattolici latini erano insorti contro la presenza di preti sposati tra gli emigrati della Chiesa cattolica rutena (dell’Ucraina occidentale), e questo aveva portato alla loro proibizione nel 1890, poi alla proibizione categorica di ordinare uomini sposati in quella Chiesa, nel 1930.
In seguito a questo, 200 000 fedeli erano passati alla Chiesa ortodossa. Parallelamente, un decreto romano del 1929 aveva proibito la presenza di preti sposati per tutte le Chiese orientali, nell’America del Nord e del Sud, in Canada e in Australia, e il provvedimento si era esteso al territorio dell’Europa occidentale.
In questi ultimi anni, il problema si era ripresentato alla Congregazione delle Chiese orientali e anche alla Congregazione per la Dottrina della fede, come spiega il decreto pubblicato nel giugno scorso, che cita la possibilità di eccezioni, permesse per volontà di Benedetto XVI. In effetti, le Chiese non avevano più i mezzi per fornire alle loro rispettive diaspore dei preti celibi. Il tema era stato affrontato durante il Sinodo per il Medio Oriente nel 2010, in particolare tramite l’arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, che chiedeva un ammorbidimento della pratica.
Nel suo decreto del 14 giugno 2014, il cardinale prefetto della Congregazione per le Chiese orientali precisa che la situazione doveva evolvere anche a causa delle novità introdotte dal Motu proprio Anglicanorum Coetibus del 2009, che autorizzava sui territori delle Chiese latine la presenza di ordinariati (diocesi non territoriali) dove esercitano preti sposati convertiti dall’anglicanesimo (ex preti anglicani che sono stati ordinati preti cattolici). Diventava quindi impossibile continuare a legittimare la non-presenza di preti sposati in territori canonici “latini”.
Si potrebbe interpretare questa decisione di Francesco come una volontà di aprire il dossier dell’ordinazione per la Chiesa latina di uomini sposati, non solo ex ministri del culto protestante o anglicano (sono già diverse centinaia). Nel maggio scorso, il papa aveva infatti dichiarato che “la porta era sempre aperta”, quando gli era stata posta una domanda sul celibato dei preti sull’aereo che lo riportava a Roma dalla Terra Santa.
Secondo l’interpretazione più plausibile, non si tratterebbe di autorizzare i preti celibi a convolare, ma della possibilità di ordinare degli uomini sposati di fede provata (viri probati), un’ipotesi regolarmente evocata. Interrogato da un vescovo brasiliano, la primavera scorsa, il papa avrebbe risposto che toccava alla base fare proposte in questo senso. Una visione coerente con la volontà del papa di dare alle Chiese locali un’autonomia dottrinale (cf. Evangelii Gaudium, art. 35-37), ma che non prevede l’idea secondo cui tale decisione dovrebbe essere elaborata a livello della Chiesa universale, in occasione di un eventuale Vaticano III o nel quadro di un sinodo romano.
[Tratto da “www.lavie.fr” del 18 novembre 2014]