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Il Cardinal O’Malley e il sacerdozio femminile

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Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 19/11/14
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Durante una intervista alla CBS l’arcivescovo si è detto d’accordo sul tema, pur ribadendo l’insegnamento della ChiesaIn una intervista concessa domenica 16 alla CBS, il Cardinale Sean O'Malley, arcivescovo di Boston, ha fatto delle dichiarazioni che stanno facendo discutere all'interno della Chiesa americana e che prima o poi, forse, arriveranno anche a Roma.

Tra le varie risposte alle domande della giornalista durante il programma “60 minutes”, il vescovo – mentre difendeva le posizioni della Chiesa sull'argomento – ha fatto un audace commento personale all'interno dello scambio di battute tra lui e Norah O'Donnel sul tema del sacerdozio femminile.

Ecco la trascrizione del dialogo (National Catholic Register, 17 novembre):

O'Donnell: La Chiesa dice di non essere aperta alla discussione sull'ordinazione delle donne. Perché?
O'Malley: Non è necessario essere ordinati per avere un ruolo importante nella vita della Chiesa. Vi sono donne che dirigono associazioni benefiche, scuole cattoliche, uffici sviluppo dell'arcidiocesi.
O'Donnell: Si potrebbe dire che le donne fanno moltissimo lavoro ma hanno pochissimo potere.
O'Malley: Beh, “potere” non è una parola che ci piace usare nella Chiesa. Si parla di servizio.
O'Donnell: Ma non possono predicare. Non possono amministrare i sacramenti.'
O'Malley: Beh…
O'Donnell: Voglio dire che delle donne si sentono cattoliche di seconda classe dato che non possono fare determinate cose molto importanti.
O'Malley: Beh, ma… ci sono anche altri ruoli molto importanti, sa… un prete non può essere una madre, ad esempio. La tradizione della Chiesa è che abbiamo sempre ordinato uomini. E che il presbiterato riflette l'incarnazione di Cristo, che nella sua umanità è un uomo.
O'Donnell: Ma nonostante questo, l'esclusione delle donne sembra assolutamente immorale…
O'Malley: Beh, Cristo non ci chiederebbe mai di fare qualcosa di immorale. E so che le donne…
O'Donnell: Il senso dell'uguaglianza. Intendo, proprio il senso del genere di equità… Non escludereste nessuno per motivi di razza. Ma escludete delle persone in base al genere.
O'Malley: Beh, è una questione di vocazione. E ciò che Dio ci ha dato. E questo è… Vede, se io fondassi una chiesa, mi piacerebbe avere donne prete. Ma è Cristo che l'ha fondata e quello che ci ha dato è qualcosa di diverso.

Il cardinale O'Malley ritiene necessario dare alle donne più posti di responsabilità all'interno della Chiesa e ritiene che sia la fondata speranza che le cose evolvano in questo senso. Durante la lunga intervista (di cui vi abbiamo già proposto un estratto), il cardinale O'Malley è anche tornato a parlare del tentativo di riforma della Leadership Conference of Women Religious (LCWR, organismo che riunisce le superiore dell'80% delle congregazioni religiose femminili negli USA, NdR). O'Malley ha definito “disastrosa” l'indagine condotta dal Vaticano a questo riguardo. La Congregazione per la Dottrina della Fede aveva richiamato all'ordine la LCWR nel maggio scorso, affinché rivedesse le sue posizioni sugli insegnamenti della dottrina cattolica, in particolare in materia di aborto, eutanasia, ordinazione delle donne o omosessualità (La Vie, 19 novembre).

Ora sarebbe semplice dipingere il cardinale come un membro dell'ala progressista della Chiesa americana, ma così non è, come ricorda oggi Matteo Matzuzzi sul Foglio (19 novembre) quando rievoca una intervista con il decano dei vaticanisti americani, John Allen, oggi vicedirettore di The Crux, che spiega come monsignor O’Malley abbia posizioni molto nette sull’aborto, da lui stesso definito “un abominevole delitto” e alla questione più controversa che ha tenuto banco al recente Sinodo sulla famiglia, quella del riaccostamento alla comunione dei divorziati risposati, diceva ancora lo scorso febbraio: “Non vedo alcuna giustificazione teologica per cambiare l’atteggiamento della chiesa sulla riammissione dei divorziati risposati ai sacramenti”. Conservatore sì, ma tuttavia estraneo al gruppo dei “conservatori muscolari” come Leo Burke, che per più di due decenni hanno guidato l’episcopato americano. Una estraneità la sua ben dimostrata dalla sua posizione pro immigrati, figlia anche della sua esperienza come fondatore del Centro Católico Hispano e di missionario nelle Isole Vergini.

La Chiesa è ricca di posizioni, sensibilità e sfumature, è difficile applicare etichette, ed è bene che sia così, perché essa non è una ideologia, o un partito che si divide per correnti, ma una comunità che – come il recente Sinodo ha dimostrato – sa ragionare liberamente sulle singole questioni.