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Essere prete significa stare al fianco di chi ha perso tutto

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Aleteia - pubblicato il 18/11/14
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La misericordia di Padre Bernard Kinvi che ha rischiato la vita per salvare migliaia di musulmani perseguitatiPadre Kinvi lo ha fatto per rispondere alla sua vocazione: «Quando sono diventato sacerdote, ho promesso di servire i malati anche a costo di mettere la mia vita in pericolo. L’ho detto ma non sapevo realmente che cosa significasse. Quando però è sopraggiunta la guerra, ho capito bene che cosa voleva dire rischiare la vita. Essere un prete non è solo dare benedizioni. È molto di più: significa stare a fianco di coloro che hanno perso tutto».

Una storia contagiosa
La storia di Padre Bernard Kinvi, riportata sul Guardian (13 novembre) è letteralmente contagiosa, a partire dal suo gesto misericordioso: il prete cattolico ha rischiato la vita per salvare quella di centinaia di musulmani che vivono in Centrafrica, "dove fino a qualche mese fa i ribelli islamisti Seleka, spesso appoggiati dalla popolazione musulmana locale, davano la caccia ai cristiani. In seguito sono stati loro per mesi ad essere braccati dagli anti-balaka, una milizia locale animista". (Tempi, 18 novembre).

La forza della misericordia

Padre Kinvi, 32 anni, è arrivato a proteggere fino a 1.500 musulmani (quelli che prima lo perseguitavano) non dividendo mai la sua popolazione secondo lo schema persecutore/perseguitato: mese dopo mese, il missionario dell'ordine di San Camillo de Lellis, è riuscito a trasferire tutti i musulmani che ne avevano bisogno in Camerun, dove sarebbero stati al sicuro. L’ha fatto anche con l’aiuto degli stessi anti-balaka, in qualche modo «contagiati» dal suo comportamento di amore e dedizione al prossimo: «Ho passato settimane a curare gli anti-balaka. Un giorno dovevo evacuare dei rifugiati. Un gruppo di persone mi ha aiutato a farli salire sui camion. Molti avevano dei talismani al collo. Erano miliziani, ma quel giorno mi hanno aiutato» dichiara il sacerdote. Anche i cristiani locali sono stati contagiati dal comportamento di padre Bernard: «All’inizio gli anti-balaka uccidevano tutti i musulmani, uno a uno. Poi però la gente ha cominciato a proteggerli e anche loro hanno smesso di ucciderli. Mi hanno portato molti musulmani perché li difendessi e tanti cristiani li hanno nascosti nelle loro case», rischiando la vita.

Premio Human Rights Watch
Gli sforzi del sacerdote camilliano sono stati riconosciuti quest’anno da Human Rights Watch, che l’ha insignito del premio Alison Des Forges. Il riconoscimento viene dato a «uomini di valore che mettono a rischio la loro vita per liberare il mondo da abusi, discriminazione e oppressione». Ma Padre Bernard non l'ha fatto per il premio ma per fedeltà totale alla sua vocazione.

 
 
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